Articolo scritto dal Dr. Gabriele Fichera
Cari lettori, l’obiettivo di questo articolo è quello di suscitare interrogativi e riflessioni nelle mente del lettore rispetto al tema del bullismo. Ho deciso di trattare questo argomento in onore di quella che è la “giornata internazionale dei bambini innocenti vittime di aggressioni”, la quale si celebra il 4 Giugno.
1. Che cosa si intende per bullismo
Il Bullismo è un drammatico fenomeno sociale che esiste da parecchio tempo ma che, sebbene sempre più conosciuto, è ancora molto difficile da contrastare e prevenire.
Per bullismo generalmente si intende un comportamento aggressivo da parte di una persona, in un’ottica di ripetitività, rivolto a colui che non è in grado di difendersi il quale altro non può fare se non subire tale aggressività. Pertanto il bullo è colui che attua il comportamento aggressivo e la vittima colui che subisce tale comportamento. Ciò che qualifica un comportamento o atteggiamento aggressivo come “bullismo” è, in primo luogo il fatto che il bullo agisce in modo intenzionale, ovvero, sceglie deliberatamente di comportarsi in un certo modo; secondariamente, il fatto che l’azione viene ripetuta tante volte finché la vittima non vive sulla propria pelle la sensazione di sentirsi perseguitato e senza via d’uscita.
2. Il fenomeno del bullismo nell’interazione tra i bambini
Il bullismo è stato individuato a partire dalle relazioni che si instaurano tra i bambini nell’ambito della scuola. Ad oggi i dati ISTAT dicono che il 22,3% degli studenti è stato vittima di bullismo. La scuola è il luogo che espone di più i bambini al rischio di essere vittime di aggressioni verbali e fisiche, e questo accade perché a scuola i bambini trascorrono gran parte del loro tempo e sono immersi nel mondo delle relazioni sociali. È proprio a partire dall’interazione con gli altri intorno a lui che il bambino definisce l’identità di sé e si afferma nel mondo.
Le dinamiche di potere che caratterizzano il bullismo a scuola mettono in luce il piacere che il bullo prova nel terrorizzare e sottomettere la vittima, accompagnato talvolta dalla presenza dei compagni che fanno da supporto all’atteggiamento aggressivo, sostenendo e accrescendo l’ego del bullo e, allo stesso tempo, mettendo a nudo la fragilità della vittima. Diffamazione, parolacce, aggressioni fisiche e insulti, esclusione sociale sono alcuni dei comportamenti che, se ripetuti nel tempo, permettono di inquadrare tale dinamica come bullismo e pertanto ad intervenire. L’intervento di supporto psicologico a scuola, al giorno d’oggi, è sempre più presente e questo permette di lavorare sulla prevenzione e rintracciare più facilmente dinamiche di questo tipo fornendo ascolto empatico alla vittima e provando a “riabilitare” il carnefice, approfondendo le cause familiari, ambientali e personali che lo spingono ad agire in modo svalutante, aggressivo e pericoloso.
3. Bambini vittime di aggressività: conseguenze sull’autostima
I bambini vittime di bullismo soffrono di scarsa autostima, hanno una percezione negativa di sé e delle proprie risorse personali, come sostengono Serino C., et Antoniacci, A. in “Psicologia sociale del bullismo” ( 2013).
Ciò che viene intaccato è il senso del proprio valore come essere umano. I bambini, vittime di ingiuste aggressioni possono iniziare a manifestare stati ansiosi che li inducono ad avere paura di andare a scuola e talvolta all’isolamento sociale. Si sentono sconfitti e credono di essere destinati ad essere dei deboli incapaci di difendersi per il resto della loro vita. Le reazioni emotive e comportamentali dei bambini vittime di bullismo possono non sfociare soltanto nell’isolamento sociale ma anche in altre dinamiche. Ad esempio, tali bambini possono far fatica a costruire una propria autonomia e identità personale, ricercando nelle figure genitoriali protezione e accudimento in modo eterno ed incondizionato anche nella crescita adolescenziale e nell’età adulta. Viceversa, può accadere che il bambino bullizzato si identifichi nel comportamento dell’aggressore e diventi a sua volta egli stesso un bullo. Questo può accadere quando a prevalere è il desiderio di fare subire agli altri ciò che egli stesso ha subìto: essere colui che domina e terrorizza l’altro è il solo modo di permettere alla mente di sopravvivere al dolore accumulato e mai elaborato per le violenze subìte.
A prescindere da quello che sarà il risvolto della traiettoria evolutiva del percorso di vita del bambino vittima di violenza, ciò che ritengo importante sottolineare è l’impatto sull’autostima e la fatica nel riuscire a diventare una persona sicura di sé. Il bambino che si ritira in se stesso diventa ansioso e insicuro nelle relazioni con gli altri e farà fatica ad attribuire a se stesso un valore positivo come persona. Anche quando la reazione del bambino-vittima sarà quella di diventare colui che aggredisce e non subisce più, potrebbe essere altrettanto difficile costruire una buona e sana autostima; questo perché gli effetti traumatici sul proprio “Sé”, ovvero sulla propria persona, non sono mai stati realmente riconosciuti ed elaborati.
Ciò che lo spinge ad essere bullo è la rabbia per non essersi mai sentito ascoltato e visto dal mondo esterno nella propria sofferenza emotiva. Il fenomeno del bullismo è sicuramente un argomento molto vasto e che può essere trattato da molti punti di vista. L’intento di questo breve articolo è quello di suscitare alcune riflessioni su una piccola parte di questo drammatico problema sociale, ovvero gli effetti psicologici sulle vittime. L’intento è anche quello di aiutare la popolazione a identificare con maggiore rapidità i meccanismi che regolano le dinamiche interpersonali tra colui che con rabbia aggredisce e colui che con tristezza subisce.
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