Articolo scritto dalla Dr.ssa Anna Paola Ferri
Numerosi sono i temi che ruotano attorno al concetto di violenza, intendendo con essa non solo la prospettiva fisica e quindi il subire brutalità, maltrattamenti e torture ma anche quella psicologica che, al pari della prima, comporta dolore angoscia e infelicità. L’esperienza clinica e l’analisi dei dati statistici lasciano intendere che il ruolo di vittima nel rapporto intimo tocchi maggiormente il genere femminile, ma sebbene meno frequentemente, anche gli esponenti del sesso maschile possono assumere tale ruolo.
2. Capire il problema
Per capire il problema bisogna rifarsi al concetto di schema; o meglio schema di personalità. Uno schema è un’aspettativa inconsapevole che ci guida al di fuori della nostra consapevolezza nel dare significato alle cose che ci capitano e nel muoverci nelle relazioni intime. L’origine di essi è nella nostra storia di vita, sono il prodotto di ripetute esperienze a partire dai primi anni e sono profondamente radicati nella nostra identità e nel nostro organismo. Sono l’eco del passato che tratteggia momento per momento il futuro atteso sullo schermo della nostra mente, guidano il nostro comportamento mimetizzandosi per ingannare la nostra consapevolezza generando pensieri e stati d’animo in risposta alle situazioni di vita. Quando gli schemi nascono da esperienze di vita passate negative, fanno in modo che la persona abbia un’immagine di sé negativa, problematica e dolorosa. Comprendere i propri schemi, ma soprattutto differenziare tra schema e realtà significa incontrare il sé stesso del passato, prendersene cura, perdonare i propri errori presenti vedendoli come effetto di quegli schemi disfunzionali e riappropriarsi della propria vita.
2. Come reagire
Capire le cose, e soprattutto la ragione per cui c’è qualcosa che non va nella nostra vita, nelle relazioni significative ed intime deve guidare verso la cosiddetta differenziazione tra schema e realtà. Lo schema costruitosi nella storia di vita genera un’immagine di sé negativa che spinge inconsapevolmente a rimanere nel ruolo di vittima, il primo passo è proprio quello di uscire da questo ruolo ed imparare ad osservare lo schema e l’immagine di sé che esso produce come fenomeni della mente basati sull’esperienza passata, e non come lo specchio della realtà e del presente. Il concetto importante è che la riflessione e la consapevolezza non bastano per ridurre il potere degli schemi; essi non sono facili da scovare, guidano l’azione, le emozioni e i pensieri in risposta agli eventi senza destare sospetto. Guidano il significato che diamo alla realtà e a tutto ciò che ci capita, soprattutto gli eventi che prendono forma nelle relazioni. Siamo portati a considerare ovvio che le emozioni che proviamo in una relazione dipendano direttamente dagli eventi della relazione. Ed ancor di più tendiamo a costruirci sopra delle teorie su come siamo fatti e su come è fatto l’altro, su come funzioniamo e su come reagiamo.
La verità è che siamo convinti di conoscere noi stessi.
3. Caratteristiche peculiari della Vittima
a) Scarsa agentività
L’Agency (agentività) è la capacità di mettere a fuoco emozioni, bisogni e desideri e di considerare se stessi cercando di modificare lo stato delle cose, facendo valere i propri punti di vista e facendo rispettare i propri confini. Ed è proprio il concetto di confine, ossia la capacità di mantenere costantemente il senso di un proprio centro come individuo, il senso di sé come soggetto distinto dagli altri, a cui si associa il senso di uno spazio personale che non può essere invaso. Esiste una distanza che desideriamo le persone mantengano; una serie di segnali che il nostro corpo trasmette senza parole, che ci aspettiamo o desideriamo le persone colgano, che comunica che non desideriamo essere importunati. Quando questi segnali non vengono rispettati, il nostro confine viene violato. Ora l’intensità e la nitidezza con cui ci arrivano quei segnali è legata alla nostra capacità di essere centrati in noi stessi, nella nostra soggettività, nel nostro essere persone che hanno diritto a occupare uno spazio, in armonia con gli altri, ma difendendo quello spazio nel caso venga minacciato.
Spesso, chi è vittima di violenza, tende ad avere una difficoltà a mettere confini e a “proteggere” il proprio confine da invasioni altrui. Magari a causa del modo in cui è cresciuta o dello schema creatosi sin dall’infanzia
b) Perfezionismo
Uno degli aspetti tipici delle vittime di violenza consiste temere costantemente di essere sbagliate agli occhi degli altri, essere oppresse dall’aspettativa di un giudizio negativo, una critica severa, vivendo una preoccupazione di commettere errori. Questo stato può generare preoccupazione e angoscia: il perfezionista è appesantito dal costante timore di commettere un errore e se il partner ha la tendenza, magari anche indiretta, a giudicare e criticare, magari come reazione automatica alla frustrazione dei suoi bisogni o a ciò che gli va storto nella vita, è facile che nella coppia si generi una gerarchia disfunzionale. Il partner acquisirà il ruolo dominante di giudice severo e la “vittima” perfezionista vivrà sempre sottomessa come a doversi far perdonare sempre qualcosa. Al proprio desiderio di accudimento, comprensione, conforto l’altro finirà col rispondere con una critica severa, e di conseguenza la persona impara che è meglio non esprimere quel desiderio.
c) Dipendenza disfunzionale
Nelle relazioni amorose un certo grado di dipendenza va considerato assolutamente normale, soprattutto nella fase iniziale in cui assistiamo al senso quasi sovrannaturale di familiarità e fusione con l’altro. Il desiderio irrefrenabile di incontrare l’altro, l’euforia dell’incontro e ci troviamo preda di un forte desiderio sessuale, di un intenso senso di possesso. Con il termine disfunzionale ci riferiamo ad un attaccamento spasmodico, oltre natura, ad una tendenza a ricercare l’altro così intensa e costante da essere agita senza nessuna regolazione interna. Purtroppo, chi entra in un vortice “tossico” con il partner, a monte, si è trovato in questo turbinio di sentimenti contrastanti, in cui tutto il resto passava in secondo piano: hobby, interessi, persino il lavoro. Nei casi estremi quando il partner è violento fisicamente, la persona dipendente tende a giustificarlo, mentendo a se stessa pur di proteggerlo e di non rovinare la sua immagine sociale.
d) Narcisismo
Sembra impossibile, vero? Di solito si vede la “vittima” come esente da una sovrastima di sé, eppure, vediamo insieme delle caratteristiche che magari, non ci aspetteremmo: un senso grandioso di sé e del proprio valore, il bisogno di trovare continue conferme all’immagine di sé come speciale attraverso la ricerca di ammirazione. Alcuni individui, che rientrano nella suddetta tipologia, ricercano continue ammirazioni anche nel rapporto di coppia dove, il partner gli possa riconoscere il ruolo di salvatori onnipotenti, gli unici in grado di capirli e di supportarli. Spesso, anche il rapporto con genitori gli ha trasmesso che, per essere amati, occorre che si occupino dell’altro più debole, ignorando persino i propri bisogni. Il narcisismo diventa patologico quando è così esasperato dal soffocare parti di sé. La relazione di coppia che ne scaturisce può trasformarsi in un altalena tra ricerca e svalutazione del partner; lo si ricerca affinché con la sua attenzione, si venga rassicurati sul proprio essere speciali; lo si svaluta e lo attacca quando si ha la sensazione che il suo sguardo si allontani da sé, perché questo minaccia la propria autostima. In entrambi i poli un nucleo di sofferenza rimane pulsante ed è fatto di vuoto esistenziale, solitudine e irrisolutezza.
Conclusione
Per conoscere le relazioni potenzialmente vittimizzanti e saperne uscire, è necessario comprendere i propri schemi e – per quanto possibile – metterli in discussione, modificarli; ma è anche necessario creare le basi per crearne di nuovi, arricchire il proprio paesaggio interno, dare respiro a parti di sé in ombra finora soffocate dagli schemi stessi. Gli schemi si sono formati da esperienze concrete, ed è solo attraverso nuove e tangibili esperienze che possono essere modificati e nuovi schemi positivi possono essere creati. Solo attraverso esperienze alternative nelle quali verranno sperimentate nuove sensazioni, la persona potrà imparare che le sue aspettative negative sull’andamento delle relazioni e l’immagine negativa che ha di sé stessa non corrispondono a fatti, non sono certezze garantite, e possono essere sostituite con idee più benevole.
Se ti senti in una situazione di coppia che, invece di apportare benessere, riporta alla luce schemi “tossici” che ti hanno guidato a una condizione esistenziale lontana da quanto desideri, può essere importante rivolgersi a un professionista.