Articolo scritto dalla Dr.ssa Beatrice Maiani
Fin dalle loro origine le fiabe raccontano storie di principesse “belle e servizievoli” e di principi “coraggiosi e salvatori” che vissero “felici e contenti”.
Tra tutte però la storia Cenerentola ricopre un ruolo importante nell’immaginario comune, soprattutto in quello femminile. Forse non c’è bambina, ragazza o donna che non l’abbia un po’ invidiata o comunque sperato in una sorte simile: una ragazza gentile e sfortunata che per magia incontra l’uomo che le cambierà la vita e non si tratta di un uomo qualunque ma bensì di un principe, bello e ricco, che la sceglie come futura moglie, contro ogni aspettativa.
1. Il complesso di cenerentola
Da un punto di vista psicologico, la famosa principessa che può cambiare le sue sorti grazie all’intervento di un principe diventa espressione di un bisogno, prevalentemente femminile, di dover trovare un principe che ci salvi da una vita difficile e dolorosa e che ci renda felici grazie alla prospettiva di un amore eterno ed assoluto.
Per poter però far coincidere desideri e realtà, questo bisogno spinge ad una idealizzazione del partner che si concretizza in aspettative irreali e troppo elevate.
All’inizio della storia Cenerentola, pur subendo maltrattamenti ed angherie da matrigna e sorellastre, è sempre sorridente e serena, resiliente alle avversità come diremmo oggi ma solo dopo l’incontro con il principe avrà la possibilità di affrancarsi da quella vita. Ciò viene dunque a significare che solo un uomo può salvarla e tirarla fuori da una situazione a cui da sola non potrebbe sfuggire e, in quest’ottica è “costretta” a rimanerne dipendente per meritarsi di essere felice.
Generalmente, le donne che vivono questo complesso hanno storie familiari in cui ci sono dinamiche disfunzionali nelle quali il caregiver si mostra molto autoritario e richiede un eccesso di
responsabilizzazione della bambina che inizia ben presto a comportarsi da adulta mettendo in atto un processo di accudimento inverso.
Nella vita adulta ciò può portare scarsa autostima, vittimismo, accettazione di soprusi, difficoltà di sapersi difendere dal mondo e dagli altri in accettazione di dinamiche legate al potere e ai ruoli. Tutto ciò tendenzialmente implica un eccessivo carico di ansia generalizzata e, da un punto di vista relazionale, si concretizza in rapporti basati su dominio – sottomissione e conseguente dipendenza affettiva.
2. E il principe azzurro?
Tenendo ben presente il tipo di relazione tra una Cenerentola ed il suo Principe non possiamo che rimarcare che anche l’uomo svolge la sua parte all’interno di questo gioco delle parti.
Occorre infatti sottolineare che, trattandosi di una relazione più o meno tossica incentrata su una forma di dipendenza, i partner si scelgono per poter soddisfare dei propri bisogni e, se è vero che dietro alla donna Cenerentola c’è una necessità di essere salvata, dietro al Principe ci possono essere due bisogni: quello di salvare (possibile sindrome del cavaliere bianco, conseguente ad un abbandono) o quello di manipolare (più narcisistica, volta a sfruttare l’altro per mantenere il proprio dominio).
Per queste tipologie di uomini la nostra Cenerentola è la donna perfetta, dipendente e manipolabile, da isolare e tenere ancorata a sé attraverso una manipolazione più o meno cosciente così da renderla ancora più insicura e dipendente per continuare a gratificare l’ego maschile.
3. …E vissero indipendenti e contenti
Nonostante oggi lo scenario non sia più lo stesso in cui era ambientata la fiaba quando è stata scritta possiamo continuare a vederne le influenze: il mondo, infatti, è, purtroppo, ancora prevalentemente appannaggio degli uomini e le bambine continuano ad essere trattate come principesse.
Le storie però stanno cominciando a cambiare, le nuove fiabe non hanno più personaggi così stereotipati e definiti in cui c’è un bello e un brutto; un buono ed un cattivo; si pensi ad esempio all’orco Shrek in cui la principessa si trasforma in orchessa per amore oppure alle nuove principesse come Merida di Brave: coraggiose e indipendenti che non hanno per forza bisogno di un uomo al loro fianco.
L’educazione è la chiave per il cambiamento, perché i bambini di oggi e gli adulti di domani, che siano maschi o femmine, siano trattati da bambini e non da piccoli adulti; che possano esprimere se stessi senza sentire il peso delle aspettative dei grandi.
L’obiettivo dev’essere il benessere personale, ognuno dentro di sé ha tutti gli strumenti per superare le avversità e cambiare da solo la propria vita perché solo lui conosce quello che è il suo bene.
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