Articolo scritto dalla Dr.ssa Raffaella Marfella
1. AIDS e HIV
L’HIV (human immunodeficiency virus) è l’agente virale che causa l’AIDS ovvero Acquired Immune Deficiency Syndrome (in italiano Sindrome da ImmunoDeficienza Acquisita). Il virus di HIV si trasmette principalmente quando la cute integra o mucose vengono a contatto con sangue infetto, sperma o secrezioni vaginali e attacca le cellule del sistema immunitario che proteggono dalle infezioni. Se queste cellule vengono totalmente distrutte, si sviluppano le cosiddette patologie opportunistiche, cioè che colpiscono chi non ha più un efficace sistema immunitario, andando a costituire il quadro clinico chiamato AIDS.
2. Oscurantismo e moralismo
Intorno agli inizi del ‘900 si manifesta il primo caso di immunodeficienza acquisita in un cacciatore contagiato da uno scimpanzè, ma bisogna aspettare il 1981 per arrivare ai primi casi di infezioni opportunistiche in giovani statunitensi, di cui non si capisce la causa. Cominciano a formarsi le prime ipotesi: la malattia è causata da pratiche sessuali pericolose fra omosessuali; si trasmette fra i tossicodipendenti che utilizzano siringhe usate. Intanto nel 1983 viene individuato il virus e nel 1986 viene chiamato HIV. Nel 1985 si tiene la prima conferenza internazionale ad Atlanta sull’AIDS nella quale viene deciso di tenere nascosta la propagazione del virus. I primi interventi consistevano nella colpevolizzazione di chi contraeva il virus e le persone ammalate venivano discriminate e abbandonate a loro stesse. In questo modo comincia a crearsi lo stigma verso le persone sieropositive che ancora oggi non si riesce ad estirpare.
Negli anni ’80 in Italia, in piena espansione del virus, il ministro della sanità Donat-Cattin si espresse contro l’uso del preservativo e dichiarò pubblicamente: “L’AIDS ce l’ha chi se lo va a cercare”. Inoltre, in seguito a vari scandali, solo nel 1988 con tre anni di ritardo rispetto agli altri paesi europei, il ministero emanò una direttiva che imponeva il controllo delle sacche di sangue per la trasfusione. Questo ritardo fece si che molte persone contraessero il virus tramite trasfusione e morissero.
3. Psiche e HIV
Al giorno d’oggi, sappiamo che una persona sieropositiva, seguendo una terapia antiretrovirale, può condurre una vita piena e non trasmettere il virus. Nonostante questo, il vissuto delle persone HIV-positive è costellato spesso da un senso di angoscia invasiva, da senso di colpa, dall’ansia da abbandono e isolamento. Di contro è possibile anche sperimentare un senso profondo di ingiustizia e attribuzione di colpa all’esterno con desiderio di vendetta spesso non consapevole. Il sentimento di “sentirsi finito” si traduce nell’incapacità di fare progetti a lunga scadenza e a sentire la propria vita come priva di significato. A volte può manifestarsi una reazione “ipocondriaca” con attenzione eccesiva verso il proprio corpo percepito come infetto. Il vissuto di morte imminente, la paura dell’isolamento e la percezione di contagiosità generano reazioni acute da stress conducendo alla manifestazione di sintomi ansiosi e depressivi tra cui: aumento della tensione emotiva; stato di allerta cronico; insonnia; attacchi di panico; disturbi della memoria e riduzione della concentrazione; disturbi dell’alimentazione; vissuto di perdita e solitudine; inibizione psicomotoria e tendenza all’isolamento; rallentamento ideativo e desiderio di morte. Tenendo in considerazione questi fattori, si comprende la necessità di un intervento di tipo psicologico e psicoterapeutico nei pazienti con infezione da HIV.
4. Prevenzione secondaria
Gli interventi per i pazienti con infezione da HIV si possono distinguere in prevenzione primaria e secondaria. Per prevenzione primaria si intende quella pratica atta a prevenire i comportamenti a rischio, a informare sul virus e sul contagio e formare sui comportamenti sicuri. Mentre la prevenzione secondaria si occupa di prendersi cura della sfera psicologica del paziente. Prima di tutto si parla di sostegno psicologico ad ogni step: prima, durante e dopo la somministrazione del test; con persone hiv-positive con o senza sintomi; con persone hiv-positive che stanno iniziando una terapia farmacologica; con persone hiv-positive che stanno sviluppando infezioni opportunistiche; con persone con AIDS ed esperienze di ospedalizzazioni e/o grave quadro clinico compromesso. Il supporto psicologico è fondamentale in quanto permette di accogliere il paziente con tutti i suoi pensieri ed emozioni, in modo non giudicante. Esistono anche gruppi di auto-mutuo aiuto nei quali il paziente può sentirsi libero di comunicare ciò che sta provando. I gruppi sono particolarmente utili per ridimensionare il senso di solitudine e per aumentare l’autoefficacia in quanto, aiutando gli altri nella stessa situazione, si sente di dare un significato al proprio vissuto. Infine, uno specifico programma di prevenzione secondaria è il Cognitive Behavioral Stress Management atto a normalizzare il sistema immunitario riducendo lo stress. In questo modo si avrà un rallentamento della progressione dei disturbi da HIV.
5. Cognitive Behavioral Stress Management
Il C.B.S.M. è mirato a fornire informazioni sulle fonti di stress, sulla natura della risposta allo stress e sulle diverse strategie di coping utilizzate davanti a situazioni stressanti. Durante questo programma si apprendono tecniche di riduzione dell’ansia come il rilassamento muscolare progressivo e di modificazione di pensieri negativi e intrusivi (fonte di stress interno) tramite la ristrutturazione cognitiva. Si svolgono training sull’assertività e sulla gestione della rabbia in modo da migliorare la risoluzione di conflitti interpersonali e le abilità di comunicazione.
Il C.B.S.M. è un intervento messo in atto anche in gruppo in modo da massimizzare gli effetti sulla riduzione dello stress. Di solito il protocollo è composto da 10 sessioni di 2 ore e mezza ciascuna con gruppi di max 8 partecipanti. Gli incontri prevedono i seguenti step:
- Cos’è lo stress e come gestirlo
- Tecniche gestione ansia
- Psicoeducazione
- Ristrutturazione cognitiva
- Assertività, gestione rabbia e accettazione emozioni in generale
- Comunicazione per sostegni sociali
- Problem solving
- Riduzione isolamento sociale
Riassumendo, il programma ha come obiettivo: la gestione dell’autocontrollo; ridurre l’isolamento sociale, l’ansia e la depressione.
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