Articolo scritto dalla Dr.ssa Loredana Cimmino
“Se ascolto, dimentico
se vedo, ricordo
se faccio, capisco”
1. Definizione di “capo aggressivo”
Caro lettore, se non hai avuto finora un capo “aggressivo” puoi considerarti una persona fortunata perché è sempre più raro lavorare in un contesto rilassante, con un datore di lavoro “assertivo”, equilibrato e che comunica le sue richieste in modo funzionale.
Purtroppo, nella società contemporanea altamente prestazionale dove ci sono scadenze temporali ridotte e dove “contano i numeri”, si perde di vista il modo in cui si comunica al proprio dipendente. Pertanto, quest’ultimo si trova spesso a fare i conti con un capo aggressivo e/o poco empatico che può assorbire lo sguardo “severo” del suo superiore ed esprimere il malessere a livello somatico oppure trasferire lo stress a casa verso i suoi familiari.
L’aggressività può essere diretta o indiretta. Nel primo caso, possiamo vedere un datore di lavoro che rimprovera l’operato del suo dipendente con modi poco consoni alla situazione, davanti alle altre persone e non lascia spazio al dialogo. Tende a chiudere la conversazione perché si sente superiore, non dà la possibilità di fare domande o di comprendere meglio la sua richiesta. Non c’è apprendimento da parte del dipendente ma solo tensione che ha un effetto negativo sul lavoro, creando un circolo vizioso che si autoalimenta. In caso di aggressività indiretta (la più comune in ambito lavorativo), la comunicazione non è aperta ed è mediata dall’uso della tecnologia. Il datore di lavoro utilizza le mail o i messaggi per “rimproverare” il suo dipendente o invitarlo ad accelerare il suo lavoro per l’imminente scadenza, aggiunge nuove richieste (non ben specificate) da eseguire nel breve periodo; tende a giudicarlo e a farlo sentire in colpa, inadatto e inadeguato.
In entrambi i casi, la salute mentale è messa a dura prova ed è difficile farsi valere e apprezzare.
2. Gli stili relazionali
Oltre allo stile aggressivo appena spiegato, ci sono altre due stili relazionali. Quello passivo che si colloca all’estremo opposto rispetto all’aggressività e quello assertivo, che si trova al centro. Nel primo caso, il datore di lavoro non guida l’operato del dipendente; lascia molto spazio e poi, in caso di problemi, può dare la colpa per non aver svolto quel dato compito in un certo modo (non ben specificato da lui). In caso di stile assertivo, il più funzionale e raro (purtroppo), il capo esprime le sue richieste in modo adeguato, giudica l’operato del dipendente e non la sua persona, sostiene, rassicura e non si pone in una posizione di superiorità. L’ambiente di lavoro risulta più rilassato, si lavora in modo più produttivo, si raggiungono gli obiettivi prefissati in quanto più realistici e condivisi, i dipendenti sono più sereni e si crea un circolo virtuoso che si autoalimenta. Nei casi migliori, i colleghi diventano gli amici con cui bere un caffè nelle pause da lavoro.
3. Strategie di sopravvivenza
Per non cedere alle provocazioni del datore di lavoro “fortemente aggressivo” e cercare di preservare la propria salute mentale se non si può modificare la situazione, si consiglia di rifarsi ai diritti del lavoratore, qui sotto riportati. E’ necessario rispettarli ancora di più se si lavora in ambienti stressanti.
Il diritto di agire in modo da difendere il proprio valore e la propria dignità.
Il diritto di essere se stessi.
Il diritto di dire no senza sentirsi in colpa.
Il diritto di provare ad esprimere le proprie emozioni.
Il diritto di “rallentare il ritmo” e di pensare prima di agire.
Il diritto di chiedere (non di pretendere) ciò di cui si ha bisogno.
Il diritto di non rendere sempre al massimo delle proprie possibilità.
Il diritto di chiedere informazioni.
Il diritto di fare degli errori (e di imparare da questi ultimi).
Il diritto di cambiare idea.
Le strategie per una comunicazione verbale assertiva ed efficace sono le seguenti:
- Esprimere idee, pensieri, opinioni, sentimenti
- Fare/rifiutare una richiesta
- Fare una critica costruttiva
- Ricevere una critica
- Proteggersi dall’ingerenza altrui
- Fare/ricevere un complimento
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