Articolo Scritto dalla Dr.ssa Maria Ilaria Vannini
Per danno cerebrale intendiamo gli esiti di una lesione al cervello provocati da una malattia o un infortunio. Si tratta di un fenomeno molto più frequente di quanto possiamo immaginare. Anche se il cervello ancora oggi è considerato un organo “misterioso” e parzialmente inesplorato, le prime osservazioni mirate sul suo funzionamento risalgono al periodo egizio. Un papiro chirurgico ritrovato a Luxor nel 1862, e risalente al periodo tra il 2500 e 3000 a.C., riporta le prime descrizioni, a noi note, di anatomia, fisiologia e patologia cerebrale e il medico autore del manoscritto era anche a conoscenza del fatto che gli effetti della lesione cerebrale variavano a seconda del lato del cervello colpito.
1. Che cosa succede e quali sono le conseguenze di un danno cerebrale
Un danno cerebrale può causare molti tipi di disfunzioni. Il tipo e la gravità della disfunzione cerebrale dipendono dall’estensione del danno, dalla posizione e dalla rapidità di progressione del disturbo.
Le disfunzioni cerebrali possono essere: localizzate (focali) se limitate a una zona specifica, oppure diffuse (globali) se ampiamente disseminate.
Le cause più frequenti di una lesione cerebrale sono:
- Ictus (danno vascolare),
- emorragia cerebrale,
- traumi cranici (danno traumatico) in genere conseguenti a incidenti stradali, cadute in casa o al lavoro, episodi di violenza ecc.,
- tumori cerebrali,
- carenza di ossigeno successiva ad annegamento, soffocamento, arresto cardiaco ecc.,
- malattie come meningite o encefalite.
Se il paziente traumatizzato presenta in genere un quadro complesso questo è spesso dovuto al contemporaneo coinvolgimento di più aree cerebrali.
Le conseguenze possono essere suddivise in fisiche, cognitive, emozionali e comportamentali.
- Fisiche: paresi, atassia, perdita sensoriale, cefalee, epilessia, difficoltà uditive e visive, vertigini;
- Cognitive: menomazione di abilità cognitive superiori (come pianificazione, organizzazione, inizio e soluzione di problemi più o meno complessi), menomazioni della memoria e della comprensione, deficit di attenzione, rallentata velocità di elaborazione delle informazioni;
- Conseguenze emozionali e comportamentali: riduzione di tolleranza alla frustrazione, eccessi d’ira, rapidi cambiamenti d’umore, labilità emozionale, apatia o appiattimento emozionale, disinibizione.
Queste possono presentarsi separatamente o contemporaneamente. Più è numerosa la presenza delle conseguenze, maggiore sarà la complessità del quadro clinico.
2. L’importanza della tempestività della presa in carico per il danno cerebrale
Due dei principali aspetti da considerare per misurare l’entità del danno cerebrale sono la perdita di coscienza e l’amnesia post-traumatica. In seguito a ricovero, valutazione neurologica ed esami come EEG, la diagnostica per immagini strutturale (TAC e risonanza magnetica nucleare – RMN) e quella funzionale (PET e risonanza magnetica funzionale – RMf) consentono di individuare la sede di una lesione cerebrale.
A seconda dell’area interessata specifiche funzioni neurologiche possono essere compromesse. L’analisi della storia e dello stato attuale delle tecniche di indagine del danno cerebrale a livello organico, mostrano come una parte cospicua dell’assessment della lesione cerebrale non possa solitamente essere esaurita senza l’ausilio dell’esame neuropsicologico.
3. Come la terapia neuropsicologica può aiutare con il danno cerebrale
La neuropsicologia è la disciplina scientifica che studia il funzionamento dei processi cognitivi e comportamentali correlati ai meccanismi anatomici e di funzionamento cerebrale, i deficit cognitivi ed emotivo-motivazionali causati da lesioni o disfunzioni del sistema nervoso centrale con lo scopo di esplorare la struttura funzionale della mente e i suoi correlati neurali (neuropsicologia sperimentale) e di fare diagnosi (neuropsicologia clinica).
Parlando di un danno cerebrale, la neuropsicologia si focalizza sulla valutazione cognitiva e gli esiti del danno in esame e permette sia l’individuazione delle funzioni deficitarie compromesse che quella delle funzionalità preservate per stabilire un piano d’intervento riabilitativo.
L’esame neuropsicologico costituisce un metodo importante per valutare varie forme di trattamento medico, chirurgico e psicologico, inclusa la riabilitazione cognitiva.
La valutazione neuropsicologica investiga le funzioni cognitive superiori per rilevare eventuali deficit conseguenti a lesione focale o diffusa del sistema nervoso centrale (SNC) che interessano aspetti come il linguaggio, la memoria, la percezione visiva, la discriminazione spazio-temporale, lo scarso o mancato riconoscimento di volti e altrui intenzioni o emozioni e l’organizzazione dei gesti.
Deficit cognitivi e/o comportamentali che conseguono a una lesione, a seconda dell’entità del danno cerebrale, possono essere persistenti e disabilitanti. Mentre i primi possono essere in qualche modo quantificati con i test psicometrici, i secondi sono difficilmente misurabili e inquadrabili da un punto di vista psicometrico. La valutazione psicometrica è essenziale per stabilire quali sono i punti di debolezza conseguenti al danno e i punti di forza sui quali si può ancorare il lavoro riabilitativo. Questa, qualificando e quantificando i deficit che il paziente presenta, permette di seguirne l’evoluzione nel tempo.
La riabilitazione neuropsicologica va oltre il naturale recupero e pone le basi su un concetto fondamentale definito “plasticità cerebrale”. Con questo termine ci si riferisce alla peculiare capacità del nostro cervello di riorganizzarsi per fare fronte al danno causato dalla lesione. L’organizzazione del cervello non è statica, ma passibile di modificazioni.
Un trattamento riabilitativo neuropsicologico può essere differenziato in restitutivo o sostitutivo e l’uno non esclude l’altro. Il primo approccio mira a riportare la funzione deficitaria alla stessa efficienza pre-morbosa, ossia al recupero delle funzioni cognitive compromesse. L’approccio sostitutivo ha come obiettivo quello di portare le funzioni integre a vicariare la funzione deficitaria, cioè trovare delle strategie alternative di compenso.
Attraverso l’approccio neuropsicologico è possibile creare un’adeguata stimolazione ambientale con un intervento complessivo e individualizzato, che risponda ai bisogni cognitivi, emotivi e motivazionali del paziente.
Conclusioni
In presenza di un danno cerebrale la neuropsicologia si è rivelata utile per molti aspetti. La finalità non è il miglioramento della prestazione del paziente nei punteggi nei test neuropsicologici, che, per quanto importanti, non possono essere considerati l’unica misura fedele di una riabilitazione. Lo scopo della riabilitazione neuropsicologica è di migliorare l’adattamento funzionale del paziente nonostante il danno cerebrale subito; incrementare la funzionalità residua; fornire strumenti di compensazione in grado di incrementare l’autonomia personale e favorire il rientro in società. Affidarsi fin dall’inizio ad un esperto permette al paziente di essere seguito in tutte le fasi del percorso che vanno dalla diagnosi alla riabilitazione.
Stai attraversando un momento difficile? Prenota una sessione e inizia ora a risolvere i tuoi problemi, attraverso l’aiuto della Dr.ssa Maria Ilaria Vannini.