Articolo scritto dalla Dr.ssa Monica Iuliano
1. Il post partum e gli eventuali rischi depressivi
Il periodo che segue la nascita di un figlio, purtroppo, non sempre viene vissuto con felicità e positività dalla neo mamma, ciò perché spesso, a causa di diversi fattori, sia ormonali che contestuali etc, si può presentare una qual certa instabilità emotiva e calo dell’umore, in un continuum che va dal normale, allo sviluppo di veri e propri sintomi depressivi: la cosiddetta depressione post partum.
La depressione post partum (DPP) è un disturbo frequente e grave associato a una forte sofferenza materna e che comporta gravi conseguenze per il bambino, soprattutto per quel che concerne lo sviluppo di un attaccamento sufficientemente buono, o meno.
Infatti i sintomi depressivi portano a un rifiuto del bambino stesso in quanto avvertito, come causa di dolore, da un lato, e con una certa apatia dall’altro.
Spesso, inoltre, proprio per l’insorgenza di tali sintomi depressivi, le madri tendono a non iniziare o a interrompere precocemente anche l’allattamento esclusivo al seno.
Tale fenomeno è tuttavia caratterizzato da poca chiarezza rispetto all’associazione tra allattamento esclusivo al seno e eventuale depressione post partum, anzi al contrario, diversi studi dimostrano che l’allattamento al seno, diminuisca il rischio di DPP.
Per meglio comprendere, però, il problema e la natura stessa della sintomatologia depressiva post partum, è necessario gettare un po’ di luce sul contesto in cui oggi una donna mette al mondo un figlio e, insieme, al concetto stesso di famiglia.
Rispetto al passato la maggior parte delle donne al giorno d’oggi lavora, e si trova spesso “scaraventata” in realtà lavorative che non riconoscono appieno i diritti, sia in termini di tempo che economici, legati al diventare madre, “costringendo” così, in alcuni casi, al rientro anticipato al lavoro, senza che ci si senta pronte a farlo.
Per quel che concerne invece, il concetto di famiglia, a oggi, comprende diversi nuclei: famiglia “classica”, composta da entrambi i genitori; monoparentale con un solo genitore e ricostruita, in cui uno, o entrambi i genitori, provengono da precedenti famiglie.
In una situazione del genere, spesso capita che la monoparentale sia costituita dalla sola madre che deve occuparsi sia del figlio che della gestione lavorativa, con tutte le difficoltà che la cosa comporta e con pochissimo sostegno dal contesto esterno.
2. DPTS post partum
Un altro disturbo psicologico che subentra a seguito del parto e del quale si conosce ancora molto poco in letteratura è il Disturbo Post traumatico da stress post partum.
Già negli anni ’70 alcuni autori, lavorando con donne che avevano avuto un parto traumatico e successivamente lamentavano diversi disturbi, tra cui: intrusività del ricordo della nascita, incubi e altre manifestazioni (considerate, in seguito, sintomi tipici del DPTS), descrissero una “nevrose traumatique postobstetricale”, per definire la sintomatologia su descritta.
Anche J. Reynolds, nel 1986, asserisce che il parto può provocare l’insorgere del DPTS e che la scelta di avere successivi cesarei programmati è l’esempio di comportamento di evitamento; egli chiama questo fenomeno “esperienza di nascita traumatica”.
L’evento del parto risulta, spesso, essere un momento fortemente stressante, è un momento dove il dolore violento e l’incontro tra la vita e la morte, destabilizza e rende impotente la donna che altro non può fare in quel momento che provare quello prova e sperare che quel dolore finisca in fretta per potersi abbandonare al solo desiderio di abbracciare suo figlio/a.
I vissuti che accomunano molte partorienti risultano, però, essere spesso determinati dalla perdita di controllo e dal sentirsi morire nelle fasi di travaglio avanzato, e spesso le condizioni di assistenza al parto in ospedale non favoriscono un approccio rassicurante, non rispettano la soggettività dei protagonisti e di sovente, occupandosi soprattutto dell’assistenza tecnica all’evento biologico, trascurano gli aspetti emotivi.
Il risultato è che, spesso, per le donne il parto anche fisiologico, si trasforma in certi casi in un vero e proprio trauma che a volte non riesce a essere superato e porta ad alcuni sintomi quali irritabilità e ansia, e a strategie tipiche di evitamento, come la ferma volontà di non avere più figli, il ricorso al cesareo programmato nelle gravidanze successive, o al rifiuto e/o astensione dall’avere rapporti sessuali con il partner, per evitare di incorrere in altre gravidanze.
3. Ossessione da allattamento
Un altro fenomeno, per certi versi collegato ai precedenti, che spesso capita a seguito del parto è lo sviluppo di una vera e propria ossessione per l’allattamento esclusivo al seno, come se quelle donne che per qualsiasi ragione, non possano o non vogliano allattare, siano considerate e/o si sentano meno madri delle altre, pertanto risulta necessario anche se con disagio, allattare in modo esclusivo.
In questo stato di cose l’allattamento viene quasi vissuto come manna e il latte artificiale qualcosa di tossico per il bambino e assolutamente da evitare.
Sicuramente come è noto, e come l’OMS sostiene, il latte materno è ricco di nutrienti ed è fondamentale per la crescita e per le difese immunitarie del bambino, e sarebbe consigliato nutrirlo fino a 6 mesi con il solo latte materno e fino almeno a 12 mesi insieme agli altri alimenti.
Ma, risulta altrettanto importante per la crescita psicofisica del bambino, una relazione sufficientemente buona con la madre, che potrebbe subire serie difficoltà a instaurarsi, nella misura in cui, quest’ultima vive sentimenti stressanti, d’ansia e/o depressivi.
Spesso, per uscire da questa condizione che può risultare pesante da gestire, molte neo mamme si iscrivono a gruppi social che possono essere di supporto per certi versi, attraverso un confronto con le altre mamme, in altri casi però si possono ricevere informazioni fuorvianti, anche con la presenza di moderatori, che portano a non seguire il parere medico, ma a fare come si crede sia più “giusto”.
Sarebbe, pertanto, importante dare supporto alle donne, sia attraverso un’educazione adeguata rispetto alle pratiche dell’allattamento, sulla patologia stessa e sulle cure del neonato, sia un supporto psicologico adeguato sin già dall’ospedale, proprio per prevenire l’incidenza di tali “disturbi” che possono insorgere nel post partum.
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