Disturbo evitante di personalità: sintomi, cause e cura

Disturbo Evitante di Personalità. Sintomi, cause e cura

Articolo scritto da Dr.ssa Grazia Oliverio

Per poter definire in modo esaustivo la personalità bisogna tener conto di molteplici fattori: la costruzione di un’immagine del sé, il significato che attribuiamo al mondo, le strategie risolutive che adottiamo per fronteggiare i problemi posti dall’ambiente esterno e le relazioni che instauriamo con gli altri.

Può accadere che i meccanismi sottostanti a tali attività siano malfunzionanti tanto da interferire con la nostra vita sociale e personale e che si vadano ad instaurare dei Disturbi di Personalità.

In particolare, ciò che risulta essere principalmente compromesso è il sistema di significati che il soggetto utilizza per muoversi nel mondo e che preferisce non modificare, anche quando appaiono inadatti ad interpretare alcune situazioni, al fine di non sperimentare una sensazione di caos e confusione.

In questo articolo andremo ad esplorare più da vicino il Disturbo Evitante di Personalità. 

1. Quali sono le cause del Disturbo evitante di personalità

Non vi è una definizione chiara di cosa può contribuire alla manifestazione di un Disturbo Evitante di Personalità ma si ipotizza sia una componente genetica che un contesto sociale e/o familiare all’interno del quale l’evitamento è considerato una strategia abituale e non una problematica.

Inoltre, le ricerche dimostrano come possano essere determinanti nell’esordio un disturbo evitante di personalità precoci esperienze familiari di rifiuto, di abuso fisico e psicologico, di umiliazioni, di chiusura sociale da parte della famiglia ed esclusione dal gruppo dei pari.

Nonostante ciò, la convinzione del soggetto è che le persone esterne siano giudicanti e rifiutanti e solo il proprio nucleo familiare può essere considerato una fonte di sostegno fino a giungere ad una dipendenza da essi.

2. Quali sono i sintomi

Il Disturbo Evitante di Personalità è caratterizzato da:

  1. Una sensazione di inadeguatezza;
  2. Un vissuto di esclusione nei contesti gruppali;
  3. Una percezione di estraneità nelle relazioni duali;
  4. Il timore dei giudizi negativi;
  5. Una bassa autostima;
  6. Umore spesso depresso;
  7. Intensi stati emotivi di ansia e di vergogna. 

Il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5) identifica come fattori determinanti nella manifestazione del Disturbo Evitante di personalità l’inibizione sociale, i sentimenti di inadeguatezza e l’ipersensibilità alle valutazioni negative.

I soggetti che presentano tale Disturbo presumono che chiunque si rapporti con loro li possa giudicare, rifiutare e/o adottare un atteggiamento svalutante. Il timore del rifiuto è rinforzato dalla tendenza del soggetto di leggere i comportamenti altrui come disprezzanti e mostra una forte difficoltà a formulare posizioni alternative.

Gli stati emotivi che generalmente accompagnano tale interpretazione delle relazioni sono un’intensa ansia e vergogna che inducono il soggetto ad adottare comportamenti di evitamento pur di alleviarli. 

Il nucleo centrale dell’ipersensibilità al giudizio è che questo confermerebbe l’idea di non essere amabile e di essere pieno di difetti pertanto, il rifiuto apparirebbe come un evento estremamente doloroso dal quale proteggersi attraverso l’evitamento delle relazioni.

Quando accade che la persona con disturbo evitante di personalità riesca ad instaurare una relazione si attacca ad essa e la asseconda in tutto ciò che desidera o richiede per paura di essere rifiutato e, conseguentemente, apparire inadeguato.

3. Come superare la sintomatologia legata al Disturbo Evitante di personalità

Per poter affrontare e superare il DEP è importante, innanzitutto, intraprendere un percorso di psicoterapia che aiuti l’individuo a riconoscere le cognizioni sottostanti alle strategie di evitamento e che generano dolore e, in seguito, effettuare un esposizione guidata.

A questo è possibile abbinare, ove è necessario, un trattamento farmacologico che vada a ridurre gli stati ansiosi provocati dall’esposizione a situazioni di confronto sociale.

3.1 Come curare il Disturbo Evitante di Personalità con la terapia CBT

Vista l’estrema difficoltà dell’evitante a creare e mantenere delle relazioni sia intimi che sociali contrapposte ad un forte desiderio di socializzazione e accettazione, innanzitutto, appare fondamentale aiutare la persona ad acquisire delle nuove abilità sociali che lo aiutino ad interagire con gli altri.

La terapia cognitivo comportamentale contribuisce sia al ridimensionamento del disagio emotivo vissuto dal soggetto di fronte a tali situazioni sociali sia all’apprendimento di skills comportamentali adatte ai differenti contesti mediante training specifici.

Nello specifico, un primo step è contraddistinto dall’interiorizzazione di strategie di rilassamento da utilizzare quando si percepisce un forte stato di ansia dettato dal confronto con gli altri. Tra questi, la mindfulness e/o esercizi specifici di respirazione appaiono molto utili nella gestione di stati di preoccupazione e tensione.

Secondariamente, è possibile esporsi alle situazioni temute sia attraverso delle visualizzazioni guidate che attraverso dei giochi di ruolo. In seguito, spostare l’esposizione dalla stanza del terapeuta alla vita quotidiana procedendo per gradi, dalla situazione meno temuta a quella più temuta.

Inoltre, è necessaria una ristrutturazione cognitiva all’interno di un percorso terapeutico allo scopo di modificare le convinzioni e le credenze errate relative ai possibili pericoli riscontrati nelle relazioni sociali.

Uno strumento cognitivo-comportamentale utile allo scopo è l’ABC ovvero uno schema che aiuta la persona a soffermarsi sui pensieri e sugli stati emotivi vissuti durante un evento specifico così da poterli esternare e ipotizzare una formulazione alternativa.

Conclusione

In conclusione, il DEP così come tutti gli altri disturbi di personalità richiedono un approfondimento svolto da professionisti esperti ovvero psicoterapeuti e psichiatri. Inoltre, è necessario sottolineare che vi è una distinzione tra un normale comportamento evitante che si adotta in alcune situazioni della propria vita, o un disturbo d’ansia nel quale l’evitamento è uno dei sintomi e un Disturbo di Personalità Evitante.

Quest’ultimo, difatti, mette in atto l’evitamento come strategia protettiva ad un possibile rifiuto e/o critica. Tale comportamento è visibile in quasi tutte le relazioni duali e le situazioni sociali e lavorative all’interno del quale il soggetto è coinvolto. 

Il fine ultimo del soggetto è evitare di sperimentare delle attivazioni emotive temute perché percepite come incontrollabili e sono principalmente la vergogna e l’ansia. Queste sono vissute con una così forte intensità tale da impedire lo svolgimento della normale attività quotidiana.

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