Disturbo Narcisistico di Personalità: Cosa è Come si Tratta

Disturbo Narcisistico di Personalità- Cosa è e come si tratta

articolo scritto dal Dr. Stefano Bordone

Sin dal suo primo utilizzo fino ai giorni nostri è innegabile come il termine, o il concetto, di narcisismo siano entrati nell’immaginario collettivo allontanandosi progressivamente dalle reali e originarie riflessioni cliniche di Freud. E’ per questo che tutti conoscono la storia di Narciso, personaggio afflitto dal destino di perire consumato dall’amore per la propria immagine. Complice anche una società sempre più attenta ai canoni estetici, all’utilizzo sfrenato dei corpi come mezzi di marketing e all’immediatezza dei consumi (relazionali e non), nell’uso comune la parola “narcisismo” e “narcisista” ha assunto il ruolo di sinonimo di vanità, egocentrismo ed eccesso di amor proprio. Si è così persa la serie di sfumature e sfaccettature che avevano portato proprio Freud ad utilizzare il mito per indicare una condizione clinica dalle caratteristiche assolutamente tragiche.

1. Tra normalità e patologia

A prescindere dall’orientamento teorico con il quale gli esperti si approcciano al tema del narcisismo è abbastanza accettato il fatto che quest’ultimo possa manifestarsi sia in forma normale che patologica. Nel narcisismo normale sono presenti infatti una regolazione sana dell’autostima e mancherebbe il conflitto tra amore verso se stessi e verso gli altri. Altri aspetti adattivi di questa forma di narcisismo sarebbero l’assertività e l’ambizione ma anche la capacità di valorizzare in maniera coerente e realistica i propri risultati. Anche l’autostima è regolata in modo più sano e funzionale, tale da non sfociare nella grandiosità.

Nel narcisismo patologico possiamo trovare invece mancanza di un autentico interesse verso il mondo esterno e le persone, un impoverimento delle esperienze emotive, stati mentali di vuoto, difficoltà nella costruzione di relazioni interpersonali, bisogno eccessivo di riconoscimento da parte degli altri,  egocentrismo ed estrema preoccupazione per il proprio valore personale, competizione e rango. Una più precisa definizione del narcisismo patologico ha portato ad individuare due tipologie con caratteristiche differenti:

  1. uno definito grandioso;
  2. uno definito vulnerabile;

Nel tipo grandioso prevalgono i sentimenti di superiorità e di disprezzo verso gli altri. Il comportamento è spesso arrogante e noncurante dei possibili effetti dello stesso sulle  altre persone. 

Nel tipo fragile invece sono la vergogna e il senso di umiliazione a prevalere. La persona è costantemente attenta e vigile rispetto al giudizio degli altri e preferirà l’evitamento di situazioni a rischio di giudizio negativo. Invidia e senso di superiorità vengono nascosti e vissuti in forma di fantasie di rivincita e rivalsa.

2. Il Disturbo Narcisistico di Personalità

Secondo il DSM-5 (il manuale diagnostico dei disturbi mentali) il disturbo narcisistico di personalità (DNP) è descritto come un quadro pervasivo di grandiosità (nella fantasia o nel comportamento), necessità di ammirazione e mancanza di empatia, che compare entro la prima età adulta ed è presente in una varietà di contesti […] 

La diagnosi offerta dal DSM è però una diagnosi di tipo categoriale che non restituisce informazioni sulla gravità e il livello di funzionamento della singola persona. La stessa diagnosi può infatti essere applicata sia a persone con scarso adattamento al contesto sociale sia a persone socialmente di successo, perfettamente adattate e integrate. E’ quindi importante, in funzione della scelta del tipo di terapia più indicata, che la valutazione sulla presenza o meno del disturbo venga effettuata da un clinico professionista e che si distingua non solo fra tipo grandioso e fragile ma anche fra diversi livelli di gravità.

3. Come funziona la personalità narcisista?

Gli aspetti che determinano la gravità del disturbo possono essere riassunti in:

  1. il livello di senso morale;
  2. le distorsioni cognitive nell’elaborazione delle informazioni (i cosiddetti bias);
  3. basse capacità di auto-regolazione rispetto ai propri stati mentali (pensieri, emozioni, sensazioni corporee);
  4. difficoltà nell’orientare i propri sforzi verso obiettivi e scopi diversi dalle gratificazioni narcisistiche;
  5. difficoltà nel trovare standard realistici, flessibili e coerenti;

Le distorsioni cognitive più frequenti sono il perfezionismo e gli alti standard. Che rendono i soggetti narcisisti più vulnerabili ad esperienze di fallimento e a possibili episodi di depressione. Per il narcisista è quindi importantissimo distorcere la realtà per negare debolezze e inevitabili imperfezioni. La realtà può venire distorta sia per sostenere e tenere in piedi una immagine positiva di sé, oppure informazioni pericolose per il mantenimento dell’autostima possono essere direttamente eliminate, negandone l’esistenza.

Il Disturbo Narcisistico di Personalità sarebbe quindi un processo dinamico in movimento intorno ai tentativi di regolare, in maniera patologica, l’autostima. Il narcisista insegue la grandiosità per compensare il proprio vuoto e allontanare il pericolo  rappresentato dal provare vergogna e umiliazione. Per poter raggiungere questa grandiosità il narcisista utilizza strategie controproducenti (svalutazione dell’altro, ricerca della dominanza, altezzosità, ecc) che rendono problematiche le relazioni con gli altri, rappresentando quindi una nuova minaccia a quella stessa grandiosità e rendendo ancora più instabile l’autostima, favorendo di conseguenza il mantenersi dello stesso funzionamento patologico e quindi della sofferenza.

4. La terapia del Disturbo Narcisistico di Personalità

Un approccio integrativo per il trattamento del DNP è rappresentato dalla Terapia Metacognitiva Interpersonale (TMI), L’obiettivo di questa terapia è quello di favorire il miglioramento delle abilità metacognitive (ovvero l’insieme delle funzioni che ci permettono di riflettere sui nostri pensieri, emozioni e sensazioni, di distinguerli dalla realtà, di metterci nei panni degli altri e di adottare strategie coerenti per risolvere eventuali conflitti). In ogni momento un certo insieme di pensieri, emozioni e sensazioni ci informa su come ci sentiamo rispetto alla realtà che ci circonda. Questo insieme prende il nome di stato, concetto centrale per la terapia.

Dopo una accurata fase di diagnosi la TMI si serve un percorso di psicoterapia individuale centrata sulla metacognizione, della partecipazione a gruppi psicoeducativi, di skills training, mindfulness ma anche eventualmente interventi domiciliari e farmacoterapia. 

La psicoterapia si sviluppa su due livelli:

  1. il primo dedicato alla costruzione di una solida relazione terapeuta/paziente e dell’alleanza terapeutica;
  2. il secondo che prevede l’utilizzo di strategie terapeutiche specifiche per ridurre le difficoltà metacognitive;

Il trattamento può essere riassunto in 5 passaggi (ogni passaggio del percorso corrisponde ad un lavoro specifico su una delle funzioni metacognitive: monitoraggio, integrazione, differenziazione, decentramento, strategie di padroneggiamento)

  1. Il primo intervento riguarda la funzione di monitoraggio. Il terapeuta aiuta il paziente nell’aumentare la consapevolezza di quale sia l’emozione primaria alla base dei vari stati e quali siano gli obiettivi, le motivazioni e le intenzioni che guidano i comportamenti meno funzionali per il mantenimento di una buona alleanza. Viene contemporaneamente svolto un lavoro per dare un nome ad ogni stato.
  2. Il secondo ha come obiettivo quello di favorire una maggiore comprensione rispetto al passaggio da uno stato all’altro e di come gli stati siano collegati fra loro. Cosa avviene nel passaggio da uno stato all’altro? Cosa innesca il passaggio? Ci sono conflitti, contraddizioni? Cosa cambia da uno stato problematico all’altro? In questo passaggio si utilizzano molto spesso tecniche di mindfulness per aiutare il paziente durante le fasi di maggiore sofferenza (diventare consapevoli delle dinamiche degli stati infatti è un’esperienza che richiede di tollerare la sofferenza). Oltre ai nomi si lavora anche ad una rappresentazione grafica, tramite diagramma, dei passaggi da uno stato all’altro.
  3. Nel terzo passo il lavoro si sposta sul migliorare le capacità di differenziazione, ovvero la capacità di distinguere tra i contenuti della propria mente e la realtà esterna, oltre che di riconoscere la soggettività dei propri pensieri. Si utilizzano tecniche cognitivo-comportamentali per aiutare il paziente a prendere in considerazione la natura soggettiva e non assoluta del proprio punto di vista.
  4. Nel quarto passo l’attenzione si sposta sulle dinamiche interpersonali, le relazioni, che sono favorite dal decentramento, ovvero la capacità di assumere il punto di vista dell’altro. L’obiettivo è guidare il paziente verso un aumento di consapevolezza rispetto al suo ruolo all’interno delle dinamiche relazionali nella quali è coinvolto e che si rivelano non funzionali.
  5. E’ la fase del padroneggiamento. Non è una vera e propria fase ma un intervento che si applica in ogni fase precedente. Il terapeuta infatti durante ogni passo aiuta il paziente a costruire un racconto autobiografico coerente in cui possano emergere i problemi e le modalità con cui di solito li ha gestiti e padroneggiati (ultima funzione metacognitiva).

Come già accennato, oltre alla terapia individuale la TMI prevede, per il raggiungimento di obiettivi specifici, anche il ricorso a intervento di gruppo per lo sviluppo di abilità metacognitive e relazionali (attraverso tecniche di psico-educazione o di role-playing).

Conclusioni

Il Disturbo Narcisistico di Personalità sarebbe quindi un processo dinamico, in movimento intorno ai tentativi di regolare, in maniera patologica, l’autostima. Il narcisista cercherebbe la grandiosità per compensare il proprio vuoto e allontanare il pericolo di provare emozioni dolorose come vergogna e umiliazione. Per poter raggiungere questa grandiosità il narcisista utilizza strategie controproducenti (svalutazione dell’altro, ricerca della dominanza, altezzosità, ecc) che rendono problematiche le relazioni con gli altri, rappresentando quindi una nuova minaccia alla propria grandiosità e rendendo così ancora più instabile l’autostima. Questo circolo vizioso favorisce di conseguenza il mantenersi del funzionamento patologico e, di conseguenza, della sofferenza.

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