Esogestazione: L’importanza Del Contatto Madre-bambino Nei Primi Mesi di Vita

infant-gef24f4101_1920

Articolo scritto dalla Dr.ssa Giorgia Bruschi

Quando nasce un bambino, mamma e papà sono pervasi da una gioia e un amore mai sperimentati prima, ma al tempo stesso ecco affacciarsi mille dubbi e incertezze su come crescere il loro bambino nel miglior modo possibile. Fra questi dubbi, ce ne è uno che alimenta, forse più di altri, le insicurezze dei neogenitori: quanto tenere in braccio nostro figlio, per far sì che riceva tutto l’affetto di cui ha bisogno, ma senza “viziarlo” ?

A questa domanda, parenti, amici e conoscenti si lanciano in teorie e consigli, talvolta non richiesti, che non fanno altro che alimentare confusione e ingiustificati sensi di colpa.

Questo articolo ha lo scopo di fare chiarezza sull’importanza del contatto fisico madre-bambino per la crescita dei neonati. Per fare questo, approfondiremo un tema forse poco conosciuto, L’esogestazione, ossia quel periodo che va dalla nascita ai nove mesi e che comporta per il bambino un adattarsi, sotto vari aspetti, alla vita al di fuori dell’utero.

1. Che cos’è L’esogestazione

L’esogestazione è definita come quel periodo di vita che va dalla nascita all’incirca fino al nono mese di vita del bambino, durante il quale il piccolo cucciolo d’uomo sperimenta tutta una serie di cambiamenti -organici, motori, sensoriali- che lo portano ad adattarsi sempre di più alla vita al di fuori della protezione dell’utero materno. È una fase fondamentale dello sviluppo del bambino, in cui si formano la gran parte delle capacità: dalla motricità grossolana a quella più fine, al linguaggio, alla capacità di relazionarsi e interagire con il mondo esterno, alla capacità di alimentarsi con cibi e consistenze diverse. 

Durante questi nove mesi, il bisogno di contatto e di vicinanza della madre è fondamentale, ma lo è in particolare nei primi 40 giorni di vita, durante il quale il bambino, ancora profondamente immaturo, deve adattarsi a tutti i cambiamenti della vita extrauterina.

1.1 Il “grande sfratto” dall’utero materno

Contrariamente a quanto accade per altre specie animali, il cucciolo d’uomo viene al mondo molto prima di aver raggiunto un’adeguata maturazione. Per garantire la massima sopravvivenza della madre e del nascituro, la natura ha fatto sì che il parto avvenisse nel momento in cui la testa del bambino fosse ancora delle dimensioni adeguate affinchè riuscisse a passare all’interno del canale del parto. Proprio per questo, i bambini abbandonano il calore e la protezione dell’utero molto presto, prima che abbiano raggiunto un’adeguata maturazione sotto il profilo motorio, fisiologico e cognitivo. 

Subito dopo questo “grande sfratto” si ritrovano catapultati in un mondo nuovo, pieno di stimoli sonori, visivi, olfattivi e tattili dai quali talvolta possono sentirsi sopraffatti: basti pensare come alla nascita il bambino passi da un ambiente acquatico, dove tutto era mediato dal liquido amniotico, ad un ambiente terrestre, dove per la prima volta nella sua vita sperimenta la forza di gravità!

Inoltre, all’interno del grembo materno, il bambino era cullato e protetto tutto il giorno, non doveva compiere nessuno sforzo, nè per mangiare nè per respirare, potendo contare su tutto il nutrimento offerto dalla placenta: una volta fuori dall’utero, quelle che per noi sono normali funzioni fisiologiche -mangiare, respirare, evacuare- per il neonato richiedono uno sforzo notevole e una buona dose di adattamento.

2. L’importanza del contatto madre-bambino

Vista in questi termini, la nascita sembra tutto fuorché un lieto evento! Ma la natura sa come porre rimedio e ci ha dotato di un istinto fondamentale, ossia quello dell’attaccamento, che spinge il bambino a ricercare il contatto con la madre, della quale ne riconosce l’odore e il suono della voce (e persino il sapore del latte!) e la madre ad attivarsi prontamente per rispondere alle richieste del bambino e accudirlo.

Il contatto corporeo, quindi, diviene uno strumento fondamentale per la crescita del bambino, perché attraverso il calore del corpo della madre, il rumore ritmico del suo cuore, le sue cure, lui può sperimentare nuovamente quella sicurezza che provava all’interno dell’utero, permettendogli così di poter proseguire il suo sviluppo in modo armonico. Inoltre, attraverso questo legame preferenziale, il bambino comincia a costruire la sua identità, a conoscersi attraverso “l’altro” che sperimenta nella presenza della madre. 

2.1 Bambini coccolati= bambini viziati? Un binomio senza alcun fondamento

Troppo spesso purtroppo, a questo sano istinto di accudimento, si contrappongono modelli educativi secondo i quali “tenere troppo in braccio un bambino lo rende viziato” oppure “meglio lasciar piangere un neonato così impara a calmarsi da solo“, affermazioni assolutamente senza fondamento e dannose. Purtroppo nella nostra cultura, molti genitori sono portati a credere che sia sbagliato coccolare troppo i loro neonati: crediamo che il nostro compito principale di genitori sia quello di educare e istruire il nuovo nato, trattando il bambino piccolo più come un cervello da addestrare, che come un essere vivente da amare e crescere.

L’errore di fondo, sta nel fatto di pensare di poter “educare” un bambino in una fase di vita nella quale non ha le competenze cognitive e relazionali per poter comprendere l’insegnamento dell’abitudine. Lasciarlo piangere, quando il bambino ci sta manifestando un suo bisogno, significa solo trasmettergli il messaggio che in quel momento è solo e che nessuno si sta occupando di lui. 

2.2 Amore e sicurezza: la ricetta per bambini (e genitori) felici!

Quindi alla domanda “ma se lo tengo troppo in braccio poi si vizia?” la risposta è assolutamente no, se mai lo facciamo sentire protetto e amato, tutto quello di cui un bambino ha bisogno, soprattutto nei primi mesi di vita. 

I bisogni dei bambini, specialmente durante l’esogestazione, vanno sempre assecondati, soprattutto quello di contatto, perché così si trasmette un senso di sicurezza, fiducia e amore che lo accompagnerà per tutta la vita.  Il neonato non ha tendenze manipolatorie o sadiche, come queste strambe (ma purtroppo comuni) visioni potrebbero far pensare. Piuttosto, con le sue richieste di contatto, esprime un bisogno istintivo, quello di sentirsi al sicuro e amato.

Quindi, l’amore e le attenzioni di una madre nei confronti del figlio non devono essere dosate, non esiste una formula esatta che indichi la quantità di affetto, di cure e coccole da offrire. La scelta migliore è lasciare che l’arrivo di vostro figlio venga vissuto come un momento magico che accende sensazioni ed emozioni mai provate prima. 

Dare ad un bambino appena nato tutte le attenzioni e l’amore di cui ha bisogno può essere un’esperienza faticosa e stancante, ma questi nove mesi passeranno molto più in fretta di quanto voi pensiate e vi ritroverete un bimbo pronto per esplorare il mondo, sicuro del fatto che troverà sempre le braccia dei suoi genitori pronti a riaccoglierlo.

Stai attraversando un momento difficile? Prenota una sessione e inizia ora a risolvere i tuoi problemi, attraverso l’aiuto della Dr.ssa Giorgia Bruschi.

I nostri link preferiti