Essere Buoni Genitori Si Può: Ecco Cosa Fare Per Diventarlo

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Articolo scritto dalla Dr.ssa Francesca Romana Chiricozzi 

Diventare genitori significa affrontare un evento biologico che mette a confronto con cambiamenti individuali e relazionali che rimarranno per il resto della vita genitoriale e filiale. Quando nasce un bambino, automaticamente si acquisisce il ruolo genitoriale ma, questo processo non implica necessariamente essere un buon genitore.

Cosa distingue l’essere un genitore dall’essere un buon genitore? Se è vero che non esiste il genitore perfetto, è possibile invece diventare un buon genitore. 

In questo articolo verranno analizzati alcuni aspetti su cui lavorare nella relazione col proprio bambino, per empatizzare con i suoi bisogni e vissuti emotivi, allo scopo di strutturare un solido e sicuro legame affettivo con lui; premessa indispensabile per un sano sviluppo affettivo del bambino.   

1. Decentrarsi e mettersi in discussione

Un adulto che si appresta a diventare genitore sarà un buon genitore se entrerà nell’ottica di decentrarsi per mettere al primo posto i bisogni del proprio figlio. Ciò significa rivolgere i propri pensieri e le attenzioni innanzitutto al bambino e a ciò di cui lui avrà bisogno concretamente e affettivamente. Per fare questo, è necessario entrare in una condizione di ascolto emotivo col bambino; ovvero, porsi dubbi sul proprio operato genitoriale per affinare gli strumenti emotivi con cui gestire in maniera più adeguata la relazione caregiver-figlio.

2. L’importanza e la qualità della comunicazione genitori/figli nel processo educativo

Una comunicazione genitore-figlio che contribuisca in modo efficace a una sana crescita emotiva del proprio bambino deve modificarsi in funzione dei differenti bisogni e, quindi, della maturazione cognitiva ed emotiva del figlio. Questo processo trasformativo della modalità relazionale col figlio ha lo scopo di strutturare uno stile educativo funzionale alla crescita intellettiva, affettiva e sociale del neo-nato, sia nell’infanzia che nell’adolescenza. Il processo educativo è il risultato dell’interazione genitori/figli caratterizzato da un divenire affettivo e culturale complesso. Ogni genitore porta all’interno della coppia molti aspetti della propria storia personale, riproponendo, spesso inconsapevolmente, il modello di comportamento vissuto e acquisito con i propri genitori (modelli operativi interni). Dunque, l’educazione che la coppia parentale impartisce al proprio figlio è il frutto di culture e visioni della vita diverse (la propria, quella del partner; quella dei nonni materni e paterni) che dovranno essere mediate per trovare la possibilità di comunicare al bambino messaggi non contrastanti e in linea con la società in cui lui è immerso.

3. Ruolo e importanza delle regole nell’educazione

Educare significa aiutare il bambino a sviluppare le proprie potenzialità per diventare un essere autonomo; sia dal punto di vista emotivo che pratico. Cosa fare per riuscire in questo intento? Quali modalità educative scegliere? E’ più utile imporre regole e limitazioni o lasciare libertà di azione?

Le regole sono uno strumento di rassicurazione e contenimento necessario per il raggiungimento di uno sviluppo sano ed equilibrato. Infatti, le regole, se date in una modalità compatibile con la possibilità di essere apprese degli strumenti psichici del bambino consentono a quest’ultimo di essere contenuto, guidato, senza procurargli effetti traumatici. L’effetto positivo delle regole nell’educazione del bambino è quello di dargli dei riferimenti che, inizialmente lo guideranno nel comportamento corretto da tenere, ma poi, al crescere dell’età, l’interiorizzazione di tali regole costituiranno quella sorta di coscienza morale dell’individuo, necessaria sia per la costituzione delle basi identitarie che per l’orientamento etico nelle scelte da fare. Per contro, un bambino che non potrà sperimentare la presenza di una ‘strada da seguire’ e anche la frustrazione del non poter agire sempre solo in base al principio del piacere (ovvero l’assenza di regole), sarà un bambino confuso, disorientato, chiuso al dialogo e facilmente influenzabile dalle sollecitazioni esterne.

Affinché le regole educative possano essere uno strumento benefico nell’educazione del proprio figlio, è necessario però che il genitore sappia anche contravvenire all’imposizione delle stesse regole in alcune occasioni, o modificarle al fine di evitare di impartire uno stile educativo troppo rigido e punitivo, che porti il bambino a sentirsi prevalentemente sbagliato o cattivo. In tal caso, il piccolo costruirà un’immagine negativa di sé, causa di disagio psicologico e di compromissione del processo di sviluppo della sua autostima.                                            

4. Ogni regola a suo tempo 

Il genitore, specialmente quando è alla sua prima esperienza genitoriale, si chiede spesso quale sia l’età ‘giusta’ per iniziare ad introdurre le prime regole al proprio figlio.

Quando i bambini sono molto piccoli, tendono a dettare delle regole (orario e quantità dei pasti, orario e durata del sonnellino, orario e frequenza dell’igiene) alle quali i genitori devono aderire perché il neonato e il lattante si regolano esclusivamente in funzione dei propri bisogni fisiologici. A questo stadio iniziale, però, fa seguito una fase di crescita, nella quale il caregiver può iniziare, un po’ alla volta ad introdurre alcune regole semplici e flessibili (orari e ritmi delle routine che scandiscono la giornata del bambino), che via via avrà cura di modificare adeguandole al livello di sviluppo psicofisico raggiunto dal figlio, allo scopo di continuare il suo processo evolutivo (introduzione delle regole sociali, regole morali, etc.). 

Le regole si possono contrattare? Alcune sì, altre no. La contrattazione non deve avere un carattere ricattatorio, quanto di riconoscimento delle ragioni date dal bambino; in altre parole, è possibile modificare temporaneamente o stabilmente alcune regole (es. orario di gioco) ma è vietato farlo con altre regole (non è possibile per il bambino intervenire nella decisione se andare o no a scuola) e, in tali casi, il bambino dovrà tollerare la frustrazione di dovervi aderire senza metterle in discussione.

A volte, la trasgressione delle regole rappresenta per il bambino una provocazione e un segnale di richiesta di attenzione. Capire questo messaggio per il genitore è molto importante per comprendere quali sono le vere richieste del figlio, per contestualizzare l’utilità di una data regola in quella specifica circostanza

5. Le regole devono essere stabilite dalla coppia genitoriale 

La condivisione delle regole, all’interno della coppia è importante per evitare che vengano invalidate dal genitore che non le condivide. I genitori devono individuare quei principi ritenuti fondamentali per entrambi, per impartire uno stile educativo del proprio figlio, che sia chiaro, omogeneo e unidirezionale. Dunque, è importante che i genitori per primi, proprio perché sono la testimonianza concreta di ciò che professano (l’importanza delle regole) siano essi stessi i primi a rispettarle!

L’esperienza clinica (Moscato, 2014) evidenzia come una delle cause della non comunicazione tra genitori e figli sia dovuta all’incoerenza educativa, al mancato confronto e accordo tra i genitori e alla scarsa attenzione nell’inviare messaggi chiari.

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