Articolo scritto dalla Dr.ssa Viola Rovagnati
In questo articolo affronteremo il fenomeno degli hikikomori: di cosa si tratta, come riconoscerlo, quali sono le cause, come gestirlo e quali terapie sono attualmente le più consigliate.
1. Il fenomeno degli hikikomori
Il termine hikikomori, letteralmente “stare in disparte”, è stato coniato dallo psichiatra giapponese Saitō per identificare una forma di ritiro sociale estrema. Stiamo parlando di giovani, dai 14 ai 30 anni, che decidono di ritirarsi dalla vita sociale isolandosi nella propria casa, o addirittura nella propria stanza, senza avere nessun tipo di contatto diretto con il mondo esterno, talvolta nemmeno con i propri genitori.
Osservato inizialmente in Giappone negli anni ‘70 viene oggi considerato un disagio sociale adattivo riguardante tutti i paesi economicamente sviluppati. In Italia i primi casi risalgono a poco più di 10 anni fa e oggi sono 100 mila i casi stimati.
2. Come riconoscere un caso di hikikomori
L’isolamento totale e prolungato descritto precedentemente non è che l’ultima fase di un processo graduale e soggettivo.
Inizialmente il ragazzo, sebbene provi malessere quando si relaziona con altre persone, cerca ancora di mantenere delle attività sociali che richiedono un contatto diretto con il mondo esterno. Con il tempo però inizia a rifiutare le proposte di uscita degli amici; i contatti con il mondo esterno, se presenti, diventano esclusivamente virtuali. Alterna periodi in cui mangia moltissimo ad altri in cui non mangia affatto. Sviluppa un senso di vergogna ed inadeguatezza sempre maggiore, che lo porta a temere gli altri. Abbandona progressivamente la scuola e trascorre la quasi totalità del tempo nella propria camera da letto, inverdendo il ritmo sonno-veglia. Nel rapporto con i genitori, se mantenuto, alterna aggressività ad atteggiamenti fortemente dipendenti.
Diventa molto complicato riportare un hikikomori alla vita sociale quando un confinamento, inizialmente partito come una scelta consapevole ed un rifugio temporaneo, si trasforma nell’unico mondo possibile. La realtà esterna appare sempre più estranea, complessa, dura e critica.
3. Hikikomori: dove nasce
Sebbene non si possano definire le cause alla base del fenomeno degli hikikomori, in molte situazioni sono state riscontrate caratteristiche ricorrenti.
Si tratta di ragazzi, prevalentemente maschi, molto intelligenti ma anche particolarmente sensibili ed introversi. Faticano ad interagire in maniera sufficientemente adeguata ed inserirsi all’interno del gruppo. Temono le sollecitazioni competitive, il confronto sociale e i fallimenti. L’ambiente scolastico, dove spesso subiscono gravi forme di bullismo, è vissuto in modo particolarmente negativo.
La letteratura spiega come l’hikikomori sia molto spesso figlio unico, con genitori entrambi laureati, un padre spesso assente, soprattutto emotivamente, ed una madre fin troppo protettiva. Le aspettative di una buona realizzazione personale sono grandi, così come il timore di non esserne all’altezza.
Con l’autoreclusione l’hikikomori mette un freno, un vero e proprio sforzo di reversione del processo di sviluppo, rifugiandosi in un ambiente rassicurante e protetto dove non sentirsi inadatto per quello che è.
4. Come si aiuta un hikikomori?
Molto spesso gli hikikomori sottostimano l’impatto che la scelta dell’isolamento avrà sul loro benessere futuro, come il rischio di sviluppare psicopatologie soprattutto di natura depressiva e paranoica. Ritengono di non avere alcun problema e desiderano essere lasciati in pace. La scarsa motivazione intrinseca al cambiamento porta spesso a percorsi psicoterapeutici inconcludenti. Non si può costringere nessuno a fidarsi contro la sua volontà, specialmente qualcuno che non si fida del mondo esterno.
Per questo è importante intervenire ai primi segnali d’allarme, prima che l’isolamento si consolidi. Accogliere e comprendere la sofferenza e le motivazioni alla base dei comportamenti di isolamento.
Vedere in questa scelta una strategia di protezione e non un comportamento insensato da stigmatizzare. Cercare un confronto senza però diventare troppo protettivi ed accudenti. Esercitare un’eccessiva pressione o forzare l’uscita dalla propria stanza con azioni dure o aggressive potrebbe avere l’effetto di un maggior isolamento.
5. Hikikomori ed interventi psicologici
Attualmente non esiste un protocollo di cura nei casi di hikikomori. Spesso il percorso terapeutico migliore viene definito caso per caso. È stato però osservato che lavorare soltanto con il ragazzo non è sufficiente: risulta necessario allargare il raggio d’intervento al contesto, alla famiglia e alle relazioni in generale. Questo perché il contesto in cui ciascuno hikikomori vive ed è cresciuto può diventare anche il miglior contesto per favorire un recupero.
La famiglia viene quindi coinvolta attraverso sedute familiari, o di sostegno genitoriale, che vanno ad affiancarsi alla terapia individuale con il ragazzo. Terapia individuale che, proprio per la natura stessa dell’hikikomori, potrebbe risultare difficile, se non impossibile, da svolgere in studio. Una strategia funzionale potrebbe essere allora il ricorso alle terapie on-line, una via di mezzo accettabile per “incontrarsi” e dove porre le basi per costituire assieme un cambiamento verso l’uscita dalla stanza e dall’isolamento.
L’obiettivo non sarà solo la remissione del sintomo ed il reintegro dell’hikikomori nella società, ma anche un’evoluzione psicologica del ragazzo e del suo contesto familiare, così da avere gli strumenti, la sicurezza ed il benessere per intraprendere una vita più stabile, completa, soddisfacente e senza ricadute.
Conclusioni
Lo scopo di questo articolo ha voluto essere quello di dare voce al fenomeno degli hikikomori, una realtà ancora poco conosciuta ma in largo aumento. Dare voce alla sofferenza che porta questi ragazzi ad isolarsi completamente dalle interazioni sociali, sofferenza spesso condivisa dalle loro famiglie che non sanno come comportarsi. Ma soprattutto mostrare come prima di “curare” sia importante capire e provare ad “entrare” in quella stanza.
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