I Minori, Vittime di Abuso: Dalla “Storia” al Ruolo dello Psicologo.

I minori vittima di abuso - dalla storia al ruolo dello psicologo

Articolo scritto dalla Dr.ssa Anna Maria Cutrupi

“Mia madre mi maltratta ed oggi è successo l’ennesimo episodio, mi ha preso a colpi di bastone e battipanni, urlandomi che dovevo andare via di casa.” (http://114.it/

“Da quando andavo in V elementare, mi picchia”, racconta Milena. “Non vuole che esca, che frequenti i miei amici, per lui devo stare sempre in casa”.

Queste sono due delle testimonianze che ritroviamo tra gli archivi del 114, il numero di emergenza per l’infanzia, parole forti che entrano nella mente e non si cancellano più. 

Quando pensiamo ad un bambino, lo ritraiamo solitamente felice, spensierato e senza preoccupazioni, ma tralasciamo un particolare, spesso questi bambini subiscono maltrattamenti da parte di figure che per loro sono significative. Una madre, uno zio, un padre, che fanno del proprio figlio, del proprio nipote, un “giocattolo” con il quale sfogare le proprie frustrazioni o i propri desideri. 

Ancora oggi ci domandiamo perché tutto questo avvenga, non sono bastate le campagne per la sensibilizzazione a questi eventi, non bastano numeri speciali con il quale il bambino può interagire, non basta leggere di processi avvenuti nel corso degli anni contro chi abusa di minori. 

1. Cos’è il maltrattamento minorile? 

“Tutte le forme di maltrattamento fisico e/o emotivo, abuso sessuale, incuria o trattamento negligente nonché sfruttamento sessuale o di altro genere che provocano un danno reale o potenziale alla salute, alla sopravvivenza, allo sviluppo o alla dignità del bambino, nell’ambito di una relazione di responsabilità, fiducia o potere”. (tratto da: Prevenire il maltrattamento sui minori: indicazioni operative e strumenti di analisi). 

1.1 Le forme di abuso: 

Secondo il World Health Organization, possiamo distinguere 4 forme di maltrattamento: 

  1. Abuso fisico (si definisce l’uso intenzionale della forza fisica contro un minore che provoca o ha un’alta probabilità di provocare un danno per la salute, la sopravvivenza, lo sviluppo o la dignità dello stesso).
  2. Abuso sessuale (il coinvolgimento di un minore in atti sessuali che egli o essa non comprende completamente, per i quali non è in grado di acconsentire o per i quali il bambino non ha ancora raggiunto un livello di sviluppo adeguato, o ancora che violano la legge o i tabù sociali).
  3. Abuso affettivo e psicologico (comprende sia incidenti isolati, sia situazioni in cui chi si occupa del bambino, nel tempo, non gli fornisce un ambiente appropriato e di supporto per il suo sviluppo).
  4. Incuria. (include sia situazioni isolate, sia un atteggiamento carente, reiterato nel tempo, da parte dei genitori o degli altri membri della famiglia che, seppur in grado di farlo, non provvedono allo sviluppo e al benessere del minore in una delle seguenti aree: educazione, salute, nutrizione, alloggio e condizioni di vita sicure e sviluppo affettivo). 

2. Il ruolo dello psicologo all’interno di un percorso giudiziario

Il colloquio come strumento iniziale (setting, interazione minore – psicologo, numero di incontri e caratteristiche) 

La figura dello psicologo assume fondamentale importanza, soprattutto durante il processo giudiziario, che vede come protagonista e parte offesa, il bambino maltrattato.

Trattandosi di un minore, è consigliabile, condurre un colloquio clinico, per garantire sicurezza e protezione al “piccolo” paziente, che spesso ci viene inviato tramite altre figure coinvolte. (insegnante, pediatra, genitori)  

Il colloquio deve tenere in considerazione alcune caratteristiche del bambino: 

  1. Età del minore, 
  2. Il livello di sviluppo del linguaggio,
  3. Livello di comprensione 
  4. La socializzazione 
  5. La motivazione 
  6. Livello di suggestionabilità con cui arriva il minore presso lo psicologo

Tali caratteristiche sono fondamentali perché permettono di comprendere meglio se il minore possa o meno condurre il colloquio, interamente da solo senza l’aiuto di altre figure. 

Il setting all’interno del quale il minore deve essere accolto, comprende un ambiente caldo, sicuro ed empatico. 

La stanza del colloquio deve possedere uno specchio unidirezionale o un videoregistratore che permette al CTU di ascoltare la narrazione dell’abuso, senza intervenire e scombinare l’equilibrio che il minore e lo psicologo hanno appena creato. 

L’età del minore e le sue condizioni psicofisiche sono da tenere in considerazione per effettuare intervalli di tempo durante il colloquio, soprattutto se il minore mostra segni di affaticamento e stanchezza; il numero degli incontri non deve essere inferiore a tre, escludendo quelli che servono per la somministrazione dei test e la frequenza deve essere ravvicinata. 

La storia del minore deve essere conosciuta, in quanto permetterà di collocare cronologicamente le evidenze cliniche riferite ed effettuare così un confronto temporale tra presente e passato. Nell’ascolto e nella valutazione del minore in ipotesi di abuso, sia esso individuale sia esso collettivo, è auspicabile un continuo aggiornamento e confronto tra esperti del settore per garantire accertamenti tecnici che possono garantire al minore la massima protezione psicologica nel rispetto di tutte le parti che partecipano al processo. (art.5 Codice Deontologico degli Psicologi)

 2.1 L’abuso come trauma e il ruolo dello psicologo 

Considerare l’abuso come trauma significa che il bambino assiste al divorzio dei genitori, vive all’interno di famiglie dove sono presenti patologie psichiche come la depressione, assiste al suicidio di uno dei due genitori o assiste alla violenza assistita. 

Per questo motivo, è utile indicare se il bambino sappia effettivamente di cosa stia parlando, iniziando ad “indagare” il suo vissuto attraverso domande blande (come ad esempio che cosa fa di solito il giorno del suo compleanno o il giorno di Natale) per stabilire un rapporto stabile e duraturo nel tempo e soprattutto comprendere se il minore sappia cosa significa il termine verità, essendo all’interno di un percorso giudiziario. 

Una verità che lascia il segno e diventa una “macchia” indelebile che “vive” nei ricordi più brutti del minore. 

L’abuso è il trauma più diffuso tra i minori, il fatto è adesso punibile per legge e riconosciuto come reato. Per questo motivo, la figura dello psicologo viene implicata durante il processo giudiziario. 

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