Articolo scritto dalla Dr.ssa Francesca Pignatale
1. Che cos’è il legame di attaccamento?
La teoria dell’attaccamento è un costrutto teorico basato a partire dall’etologia e la biologia ha trovato ampio riscontro nelle moderne neuroscienze. L’importanza attribuita alla matrice relazionale ha consentito una definizione del concetto di sé come costrutto in cui si integrano rappresentazioni di sé e degli altri, che si fondano su esperienze ripetute di interazione e che pongono le basi per il successivo sviluppo della personalità di un individuo.
- Bowlby costruì la teoria dell’attaccamento a partire dalle esperienze fatte come terapeuta familiare alla Tavistock Clinic di Londra e nel corso della redazione di una relazione sui bambini senzatetto dopo la seconda guerra mondiale per L’OMS. Bowlby si ispirò al concetto di “sistema comportamentale” identificato dall’etologia.
1.1 Cos’è il sistema comportamentale
Il sistema comportamentale è un programma neurale presente in tutte le specie che si è evoluto biologicamente ed organizza il comportamento al fine di aumentare le possibilità di sopravvivenza e di riproduzione. L’attaccamento è uno dei cinque sistemi comportamentali. La sua funzione biologica è proteggere il soggetto dai pericoli e garantire il mantenimento della vicinanza con altre persone ritenute “più forti e più sagge” cioè in grado di fornire cura e sostegno (figure di attaccamento, caregivers).
Secondo Bowlby le esperienze reali con le figure di attaccamento nel momento del bisogno sono codificate cognitivamente, elaborate e conservate sotto forma di rappresentazioni mentali di sé e degli altri (Modelli Operativi Interni o MOI) che fondano lo stile di attaccamento del soggetto, consentono lo sviluppo della propria identità (Sé) ed anche di poter prevedere le interazioni future con l’oggetto. La consapevolezza di poter gestire le minacce e le sofferenze e che lo si può fare anche grazie all’aiuto delle persone con cui si è in relazione fornisce un modello operativo interno (MOI) in base a cui vengono modulate le emozioni negative (regolazione affettiva), mantenute la serenità e le relazioni significative. In un rapporto di attaccamento che funziona bene la vicinanza e la distanza (autonomia) sono perfettamente equilibrate. Secondo Bowlby i modelli operativi sono strutture cognitivo-affettive che includono ricordi significativi e contribuiscono a formare le aspettative e le valutazioni che attiveranno le relative emozioni. Tali modelli includono ricordi autobiografici, convinzioni ed atteggiamenti riguardo a sé stessi e agli altri, conoscenze dichiarative sui rapporti e le interazioni di attaccamento, conoscenze procedurali su come regolare le emozioni e comportarsi efficacemente nel rapporto con gli altri. Guidano il comportamento, i pensieri, i sentimenti e possono influenzare la codifica, l’interpretazione e la conservazione dei ricordi delle interazioni con le figure di attaccamento. I MOI vengono attivati dalla storia interpersonale delle relazioni di attaccamento e dalle caratteristiche della situazione attuale.
1.2 Descrizione degli Stili di attaccamento
Per stile d’attaccamento s’intende l’insieme di modelli di aspettative, bisogni, emozioni e
comportamenti derivanti dalla storia delle esperienze di attaccamento. Lo stile di attaccamento si riferisce ai MOI sempre accessibili e riguarda il funzionamento tipico del sistema di attaccamento in una relazione specifica (stile di attaccamento della relazione) o di più relazioni (stile di attaccamento generale). Lo stile di attaccamento è strettamente correlato ai modelli operativi e riflette l’azione organizzatrice di una particolare strategia di attaccamento (primaria, secondaria, di iperattivazione o di disattivazione).
1.3 Tipologie di attaccamento e Modelli Operativi Interni
Possono esservi quattro tipologie di stili di attaccamento principali:
- Sicuro
- Evitante
- Dipendente
- Disorganizzato
I bambini con attaccamento sicuro possiedono MOI di ricerca di vicinanza e raggiungimento della sicurezza, quelli con attaccamento evitante dispongono MOI basati sulla disattivazione del sistema di attaccamento, i bambini con attaccamento ansioso mostrano MOI basati sull’iperattivazione del sistema di attaccamento mentre i bambini con attaccamento disorganizzato presentano un crollo delle strategie di attaccamento organizzate (Ainsworth).
La figura di attaccamento è l’oggetto della ricerca di vicinanza, rappresenta un “luogo sicuro” (porto sicuro) nei momenti di bisogno, funge da “base sicura” per perseguire obiettivi diversi da quelli di attaccamento. Inoltre la scomparsa reale o immaginata della figura di attaccamento evoca sofferenza da separazione.
Nel lungo termine il ripetersi delle esperienze di disponibilità della figura di attaccamento ha un effetto duraturo sul l’organizzazione intrapsichica e sul comportamento interpersonale.
Queste esperienze relazionali, a livello intrapsichico, facilitano lo sviluppo della resilienza, del benessere emotivo, della salute mentale e l’adattamento. Inoltre i MOI sicuri di sé e degli altri diventano gli schemi sociali più accessibili.
A livello interpersonale il ripetersi della disponibilità del caregiver (o figura di attaccamento) porta allo sviluppo di uno stile sicuro con, in aggiunta, il vantaggio di poter godere di relazioni intime basate su fiducia, comunicazione chiara ed aperta, capacità e disponibilità a prendersi cura degli altri.
Nel caso dei soggetti che sviluppano attaccamento evitante, le ripetute esperienze di indisponibilità della figura di riferimento, creano un’interferenza con il controllo della disponibilità dell’adulto (sicurezza), di conseguenza aumenta il rischio che i segnali di autentica disponibilità vadano perduti o siano fraintesi.
2. Definizioni di Sé (Identità)
Secondo Damasio il Sé è “uno stato biologico ripetutamente ricostruito” che “ammanta di soggettività la nostra esperienza”.
La definizione di sé secondo il modello teorico dell’attaccamento richiama la definizione di sé di Kohut secondo cui il Sé è come un apparato psichico primitivo, un’istanza unitaria (struttura), la cui coesione e integrazione è essenziale per lo sviluppo successivo dell’Io. Il Sé rappresenta non solo una componente fondamentale della struttura psichica, ma addirittura il centro della personalità, ed è all’origine del sentimento per il quale l’individuo si sente un polo autonomo di percezione e iniziativa. E’ una struttura precocemente sviluppata che funge da base per sperimentare che “il nostro corpo e la nostra mente formano un’unità nello spazio e sono in continuità nel tempo” . Con il concetto di Sé nucleare Kohut sottolinea che il sé è una struttura che si sviluppa precocemente e che ci consente di poter sperimentare che “il nostro corpo e la nostra mente formano un’unità nello spazio e sono in continuità nel tempo”.
Per Kohut, se ad un Sé deficitario si associa una struttura di regolazione compromessa si porranno le basi per lo sviluppo delle varie forme di psicopatologia nell’età evolutiva. Egli parla di fattori ambientali specifici, come la personalità dei genitori od eventi traumatici, che portano alla genesi dell’arresto evolutivo (breakdown evolutivo). Un ambiente carente non favorisce l’internalizzazione trasmutante e di conseguenza la psiche non riuscirà a sviluppare le funzioni interne che consentono di ristabilire l’equilibrio narcisistico.
Alcuni ricercatori affermano che l’esperienza emotiva del bambino si sviluppa attraverso i suoni, le immagini e le rappresentazioni che fondano la maggior parte delle sue prime esperienze di apprendimento le quali sono conservate ed elaborate maggiormente dall’emisfero destro durante i primi stadi dell’ontogenesi cerebrale (Semrud-Clikeman M., Hynd G. W.).
Pur essendo una dimensione intrapsichica il Sé si alimenta e si struttura nel rapporto con gli altri, a cominciare da quello con la madre. A seguito delle frustrazioni ottimali degli oggetti-sé si giungerà, a seguito del processo di interiorizzazione trasmutante, alla formazione di un sé coeso e strutturato. La ricerca sull’attaccamento nei bambini al primo anno di vita mostra che il senso di sicurezza rende i piccoli meno piagnucoloni, richiedenti e più abili nel distanziarsi dal caregiver per esplorare il mondo e sé stessi (Sroufe L. A., Fox N., Pancake V.). Ciò consente di autoregolarsi e di conseguenza i soggetti con attaccamento sicuro avranno meno bisogno di chiedere l’aiuto degli altri, muovendosi in autonomia. Grazie al senso di sicurezza si rafforza nell’individuo il senso del proprio valore e la fiducia di poter formare relazioni soddisfacenti, potendo confortare gli altri in caso di bisogno.
3. Dati di ricerca sulla correlazione tra tipo di attaccamento e lo sviluppo del Sé (Identità)
Mikulincer e Shaver hanno individuato delle associazioni tra le differenze di funzionamento del sistema di attaccamento con la percezione degli altri (disponibilità, sostegno, tratti di personalità, intenzionalità del partner) e di sé (il proprio valore per il partner, l’essere amabili, la capacità di affrontare le sfide e le minacce).
Nei momenti di difficoltà oltre alle rappresentazioni delle figure di attaccamento passate od immaginarie si può fare affidamento alle rappresentazioni di sé basate sulla sicurezza ossia quegli elementi e procedure del sé che il soggetto ha interiorizzato durante le relazioni di attaccamento disponibili e che poi vengono considerati come aspetti di sé.
3.1 Attaccamento e rappresentazioni mentali
Quindi l’attivazione del sistema di attaccamento nei momenti di bisogno può evocare:
- le rappresentazioni mentali di sé derivanti da relazioni di attaccamento passate con figure disponibili e proattive;
- le rappresentazioni mentali di sé derivanti dall’identificazione con una o più figure d’attaccamento accudenti o dall’introiezione di tratti e caratteristiche di tali figure di accudimento (regolazione emotiva).
Se tali rappresentazioni sono disponibili in memoria, possono avere una funzione calmante e aumentare il senso di sicurezza. Le rappresentazioni mentali di sé derivanti da relazioni di attaccamento passate con figure disponibili e proattive formano aspetti del sé riferite al passato che vengono immagazzinate in memoria come interazioni con figure di attaccamento reali in situazioni in cui ci si è sentiti forti, attivi e capaci, avendo affrontato positivamente le minacce ed i pericoli che hanno attivato il sistema di attaccamento.
3.2 Genitori accudenti e Rappresentazioni mentali positive
L’individuo in tal caso si sente tranquillo, calmo ed amato a seguito della disponibilità e della responsività del caregiver. Queste rappresentazioni mentali ed i sentimenti associati ad essi diventano più facilmente disponibili in situazioni di minaccia. Esse facilitano la riduzione e l’alleviamento del disagio e la capacità di fronteggiare le situazioni difficili. Le rappresentazioni mentali di sé, derivanti dall’identificazione con una o più figure d’attaccamento accudenti o dall’introiezione di tratti e caratteristiche di tali figure di accudimento, vengono copiate e associate a sé nel momento in cui il caregiver ha mostrato compassione, empatia, gentilezza e incoraggiamento al soggetto in difficoltà, favorendo la regolazione delle emozioni dello stesso individuo. Una persona adotterà, quindi, le stesse qualità della figura di attaccamento per trovare conforto. Nel momento in cui si attiverà una minaccia l’individuo attiverà automaticamente le procedure di cura di sé apprese ed utili a fronteggiare il disagio.
Le interazioni con le figure di attaccamento che aumentano la sicurezza divengono le basi per la costruzione del Sé.
4. Il senso positivo/negativo di Sé e la percezione degli altri
Il legame tra attaccamento sicuro e senso positivo del sé è confermato dall’inclusione di rappresentazioni delle figure di attaccamento attive nella propria immagine di sé. Dall’interazione con caregivers sensibili e reattivi il bambino si convince implicitamente di essere buono, forte e saggio perché i caregivers sono “più forti e più saggi” (Bowlby J.).
Le prime esperienze relazionali, caratterizzate da suoni, immagini e rappresentazioni, sono immagazzinate ed elaborate soprattutto nell’emisfero destro del cervello (Semrud-Clikeman M., Hynd G.W.).
4.1 Attaccamento sicuro e senso positivo di sé
Un bambino trattato bene incorpora nei suoi processi mentali le funzioni di protezione, conforto, approvazione, incoraggiamento ed insegnamento della figura di attaccamento che aumenteranno la sua sicurezza che, in futuro, gli permetteranno di svolgere tali funzioni autonomamente per sé e per gli altri. Secondo Mikulincer e Shaver (2004) l’identificazione con le figure di attaccamento e l’incorporazione nel sé delle qualità e delle relazioni con esse facilita il fatto che le persone trattino sé stesse allo stesso modo in cui sono state trattate dalle figure di attaccamento. Riprendendo Kohut potremmo dire che che la sicurezza dell’attaccamento favorisce lo sviluppo di un “narcisismo sano” che permette al soggetto di costruire una struttura del sé coerente e soddisfacente.
Grazie al senso coerente di sé il soggetto “sicuro” si percepisce solido (integro), stabile e sempre uguale (permanente), potendo ragionare con chiarezza anche nelle situazioni di pericolo o di minaccia. Inoltre il senso coerente di sé facilita lo sviluppo di un senso di resilienza, aiuta a calmarsi durante situazioni stressanti e cura le ferite dell’autostima. Attraverso il narcisismo sano, l’individuo sviluppa tutta una serie di ambizioni, ideali, valori e una serie di standard realistici che motivano il sé.
4.2 Attaccamento insicuro e senso negativo di Sé
L’attaccamento insicuro, invece, contribuisce allo sviluppo di disturbi del sé caratterizzati da mancanza di coesione, dubbi sulla propria coerenza e continuità temporale, autostima instabile e labile.
I soggetti insicuri oltre a mettere in dubbio la stima e l’amore delle figure di attaccamento nei loro confronti, mostrano un’autostima che tende a dipendere troppo dall’approvazione esterna, dal successo e dai fallimenti temporanei, da processi mentali difensivi distorcenti la realtà. Sono individui fortemente autocritici, dubitano di se stessi, utilizzano difese che distorcono la realtà al fine di contrastare il senso di scarso valore personale.
4.3 Strategie secondarie attivanti e disattivanti
Le strategie di attaccamento secondarie attivanti intensificano i dubbi sul proprio valore ed efficacia (autostima).
Le strategie di tipo disattivanti mirano a cercare di convincere sé e gli altri di essere autosufficienti ed invincibili, al fine di reprimere i dubbi sul proprio valore personale.
Queste strategie secondarie portano a diversi esiti interpersonali: i soggetti ansiosi nutrono sempre la speranza di potere ottenere l’amore, la stima e la protezione dell’altro assumendosi la colpa dell’inaffidabilità dell’altro (l’immagine dell’altro resta intatta e positiva), rimuginano sul loro essere poco amabili e desiderabili e si aggrappano eccessivamente ed ansiosamente alla figura di attaccamento tanto da invalidare il loro senso d’autonomia; invece i soggetti evitanti proteggono la propria immagine di sé con difese inconsce e comportamenti narcisistici, non si preoccupano ed occupano delle minacce ed imparano a non chiedere aiuto. Quest’ultimi negano la loro vulnerabilità, gli aspetti negativi del sé e i ricordi dei fallimenti, cercando di concentrarsi maggiormente su caratteristiche e sentimenti compatibili con l’autosufficienza per poterli esibire, possono irritarsi molto se si chiede loro di cambiare comportamento, di stare più attenti, moderare le difese e ammettere i loro errori.
L’immagine di sé dei soggetti evitanti tende ad essere più positiva e a volte somiglia a quelle dei soggetti sicuri, ma è improbabile che tale immagine positiva rifletta un senso di sé autentico e stabile. E’ più probabile che dipenda da una valorizzazione di sé difensiva (immagine positiva di sé ingrandita od ipertrofia dell’Io). I soggetti evitanti fanno ossessivamente affidamento su se stessi e rifiutano di affidarsi agli altri.
Il problema d’integrazione degli aspetti di sé dei soggetti evitanti dipende da una scarsa comprensione di sé e dal desiderio di non assumersi la responsabilità delle proprie scelte ed azioni. Nonostante le valutazioni di sé opposte a cui arrivano i soggetti evitanti e gli ansiosi, entrambe le forme di insicurezza potrebbero essere associate a forme patologiche di narcisismo. Alcuni autori (Gabbard G.O.; Wink P.) ritengono che l’evitamento predisponga allo sviluppo del narcisismo grandioso (overt) mentre l’attaccamento ansioso predisponga per una narcisismo ipervigile, fragile, iperattivato nei confronti delle valutazioni degli altri (o covert).
5. Autocritica e standard personali
I ricercatori dell’attaccamento in età adulta hanno posto la loro attenzione sugli effetti negativi degli standard personali e dell’autocritica troppo elevata nei soggetti con attaccamento insicuro. Se l’atteggiamento autocritico può aggravare la bassa autostima dei soggetti ansiosi, gli standard personali troppo elevati possono aiutare i soggetti evitanti a mantenere un’elevata autostima con funzione difensiva. I soggetti insicuri possono incorporare le qualità negative delle figure di attaccamento nelle loro rappresentazioni di sé e di conseguenza possono valutarsi e trattarsi nello stesso modo critico e di disapprovazione con cui sono stati tratti dai caregivers. Le strategie disattivanti possono spingere i soggetti evitanti al perfezionismo come modo per nascondere le imperfezioni, il proprio valore e giustificare la loro scelta di affidarsi solo a se stessi. Rice e colleghi hanno scoperto che vi è un’associazione tra attaccamento evitante e la percezione delle critiche dei genitori cioè l’interiorizzazione di un “genitore critico” determina il senso di sé dei soggetti evitanti.
6. Caratteristiche dei vari tipi di attaccamento
6.1 Fiducia o sfiducia a seconda del tipo di attaccamento
Per quanto riguarda le rappresentazioni degli altri, i soggetti sicuri sono caratterizzati da relazioni basate sul senso di fiducia mentre i soggetti insicuri non riescono a fidarsi e formulano idee negative sulle intenzioni e sulle caratteristiche degli altri. Nei soggetti evitanti le strategie di disattivazione portano ad un’immagine negativa degli altri e tali immagini restano immutate poiché vengono allontanate le eventuali prove contrarie. Ciò dipende da due processi psicologici (Mikulincer M., Shaver P. R.): le strategie disattivanti distolgono l’attenzione dalle informazioni sull’attaccamento e ne consegue che i segnali di sostegno e amore genuini degli altri possono non essere percepiti e quando lo sono vengono appresi in maniera superficiale. Questo perché le strategie di disattivazione favoriscono una valorizzazione difensiva di sé che portano i soggetti evitanti a proiettare sugli agli i propri aspetti negativi repressi sugli altri e a rinforzare l’idea di essere unici e di maggior valore rispetto agli altri.
Tale proiezione è stata definita da Freud, proiezione difensiva secondo cui “l’oggetto da difendere è l’Io o qualche aspetto costituente tale entità; il pericolo è rappresentato da qualsiasi quid che possa essere valutato come dotato di un potere danneggiante per l’Io”. Alcuni soggetti evitanti tentano di sviluppare una rappresentazione idealizzata difensiva di alcune persone significative (Hesse E.). Tale idea difensiva però confligge con il loro desiderio di mantenere le distanze e blocca la proiezione dei propri difetti sugli altri.
Questo problema viene evitato limitando l’idealizzazione ad alcune persone e mantenendo un’immagine negativa di tutte le altre.
I soggetti con attaccamento ansioso credono che se intensificano gli sforzi di ricerca di vicinanza possono attirare l’attenzione, la stima e la protezione dell’altro. Non possono conservare un’idea negativa degli altri altrimenti i loro sforzi di vicinanza sarebbero vani, di conseguenza si assume la colpa del rifiuto e della distanza emotiva degli altri. Però le strategie di iperattivazione attivando il senso di vicinanza e di amore comportano una proiezione dei propri aspetti negativi sugli altri in modo da riuscire a creare un senso illusorio di somiglianza ed unione.
In uno studio condotto da Bell l’insicurezza nell’attaccamento si associa a descrizioni di una famiglia conflittuale, poco coesa, poco disposta ad esprimere le emozioni e ad incoraggiare la crescita.
6.2 Rappresentazioni interne dei soggetti insicuri
Gli studi sul tema però non riescono a chiarire se le rappresentazioni negative dei genitori dei soggetti insicuri sono accurate o frutto di una distorsione della memoria derivanti da strategie di attaccamento secondarie. L’attaccamento ansioso è associato ad aggettivi meno positivi riguardanti la descrizione del rapporto con la madre durante l’infanzia. Sia l’ansia che l’evitamento sono associati a ricordi meno positivi. Più è alto il livello di evitamento tanto maggiore risulta essere la discrepanza tra aggettivi e ricordi della prima infanzia.
Alcuni studi hanno rilevato che angoscia ed evitamento sono associati a valutazioni più basse della prevedibilità, affidabilità e fedeltà del partner (Collins N.L., Read S.J.; Feeney J.A., Noller P.; Fuller T.L., Fincham F.D.; Holtzworth-Munroe A., Stuart G.L., Hutchinson, G.; Keean J.R., Dion K.L., Dion K.K.; Mikulincer M.; Simpson J. A.). I soggetti con attaccamento insicuro hanno accesso più veloce ai ricordi dolorosi di tradimento della fiducia da parte dei partner e dicono di avere avuto meno esperienze in cui il partner si è comportato in modo affidabile.
Le rappresentazioni negative degli altri dei soggetti con attaccamento insicuro emergono anche dal modo in cui interpretano le espressioni del viso. Da studi di Zayas e Shoda è emerso che i soggetti con attaccamento insicuro esposti al nome della madre o del partner attivano in automatico associazioni con caratteristiche negative, ciò fa supporre l’esistenza di rappresentazioni implicite negative del partner all’interno di una rete mnestica associativa.
I soggetti con attaccamento insicuro tendono ad avere rappresentazioni degli altri poco sviluppate, indifferenziate e confuse (Davila J., Cobb R. J.; Stalker C.A., Davies E.; Steiner-Pappalardo N.L.). ed erano meno capaci di riconoscere i bisogni degli altri e di mostrare sincera preoccupazione per loro, oltre ad essere meno capaci di leggere le situazioni sociali. L’insicurezza di attaccamento è associata a rappresentazioni mentali degli altri meno complesse che possono interferire con una comprensione precisa delle emozioni, preoccupazioni e azione degli altri. Alcuni studi hanno individuato delle fluttuazioni sistematiche di queste immagini negative che forse dipendono dall’azione delle strategie secondarie di attaccamento. I soggetti ansiosi fanno valutazioni più positive del partner rispetto agli evitanti che ne fanno di più negative nei momenti di interazioni più conflittuali (Pietromonaco P. R., Barrett L.F.).
Tali liti vengono interpretate dai soggetti con attaccamento ansioso come momenti in cui l’altro ha prestato meno attenzione a loro mentre per gli evitanti a seguito della lite l’altro è definito frustrante e scoraggiante, inoltre dubitano del proprio valore. I soggetti con attaccamento evitante, a quel punto, possono cercare di ristabilire l’autostima e l’autonomia svalutando la posizione del partner e proiettando sull’altro i propri tratti negativi.
6.3 Attaccamento e percezione del sostegno altrui
Un altro tema importante riguarda la percezione del sostegno degli altri.
- I soggetti sicuri percepiscono gli altri come disposti a sostenerli, mostrano una maggiore fiducia circa il fatto che il proprio partner possa sostenerli e maggiore soddisfazione per il sostegno ricevuto.
- Invece i soggetti insicuri riferiscono di aver ricevuto meno sostegno e di essere meno soddisfatti (Sarason B.R., Pierce G.R., Sarson I.G.). Secondo alcuni autori (Rholes W.S., Simpson J.A., Campbell L., Grich J.) i soggetti insicuri scelgono partner meno solleciti e possono interferire attivamente con i comportamenti solleciti del partner così che possano rinforzare e confermare i propri dubbi sulla disponibilità degli altri ad aiutarli (profezia che si autoavvera).
I soggetti insicuri possono sostenere che il partner non li aiuta e ripetendo tale affermazione in più occasioni possono indurre il partner a convincersi che è così e quindi a ritirare ogni forma d’aiuto.
L’insicurezza dell’attaccamento può indurre il soggetto a percepirsi simile ad altri.
I soggetti evitanti intendono mantenere le distanze tra sé e gli altri, si sentono superiori se non addirittura perfetti e le loro percezioni sono condizionate dal sentirsi diversi ed unici, svalutando gli altri. I soggetti ansiosi invece vogliono essere amati ed accettati di conseguenza le loro percezioni tendono ad essere condizionate da una tendenza a sentirsi simili e vicini e a cercare di trovare un accordo. Questo bisogno di vicinanza spinge tali individui ad attivare l’identificazione proiettiva (Klein M.). I soggetti sicuri sono più precisi di quelli insicuri nella valutazione delle somiglianze tra loro e le altre persone e non hanno bisogno di esagerare i loro legami simbolici con gli altri.
La percezione degli altri dei soggetti sicuri è guidata da un interesse sincero di conoscere e capire gli altri, le loro convinzioni e preferenze probabilmente perché tali informazioni mirano a formare rapporti maturi e soddisfacenti. Tale interesse sincero nei confronti degli altri dei soggetti con attaccamento sicuro può essere rivolto anche a persone che non fanno parte del gruppo d’appartenenza.
I soggetti con attaccamento ansioso considerano i soggetti di altri gruppi come minacciosi e mostrano comportamenti ostili e dispregiativi verso questi gruppi.
7. Ti senti smarrito? Hai difficoltà nelle relazioni umane?
I rapporti con gli altri si basano su ciò ciascun individuo ha appreso nelle prime interazioni con le figure significative (genitori, nonni, zii, insegnanti ecc…). Se anche tu senti (o pensi) di avere delle difficoltà nelle relazioni interpersonali contatta uno specialista.
Stai attraversando un momento difficile? Prenota una sessione e inizia ora a risolvere i tuoi problemi, attraverso l’aiuto della Dr.ssa Francesca Pignatale.