Kitchen: Dalla Solitudine Alla Condivisione Come Ricerca di Equilibrio Interiore

Kitchen di Banana Yoshimoto dalla solitudine alla condivisione come ricerca di equilibrio interiore

Articolo scritto dalla Dr.ssa Rossana Curatolo  

Kitchen è un breve racconto scritto dall’autrice giapponese Banana Yoshimoto nel 1988 e costituito da due parti: Kitchen e Plenilunio.

1. Prima parte: il lutto di Mikage

Nella prima parte, la protagonista Mikage, che ha da poco perso l’unico membro rimasto della sua famiglia, la nonna, si trova a dover fare i conti con il disorientamento e la mole di dolore che un lutto di tale portata porta con sé. L’unico luogo che sembra darle pace è proprio la cucina. In cucina Mikage si sente al sicuro, riesce a trovare i suoi attimi di gioia e di essa ne farà infatti il suo mestiere. 

Trovatasi completamente sola, Mikage viene invitata da Yuichi – un ragazzo sensibile, altruista, silenzioso, che lavora in un negozio di fiori in cui andava spesso la nonna di Mikage – a vivere insieme a lui e sua madre Eriko, anche se si conoscono da poco tempo. 

Eriko si svelerà essere una transessuale che decide di voler diventare donna dopo la morte della sua compagna e che rimane sola a crescere il figlio Yuichi. L’autrice, per mezzo di Eriko, comunica il senso della vita che sopravvive alla morte: a cosa serve rattristarsi e credersi i più sfortunati del mondo, quale più nobile insegnamento si può trarre dal lutto se non far di tutto per godersi la vita fino all’ultima goccia?

2. Seconda parte: dalla solitudine alla condivisione del dolore

Quando Mikage si trasferisce a casa di Yuichi ed Eriko, la sua vita inizia a scorrere più serena. Inizia a studiare l’arte della cucina e, in autunno, lascia l’università per diventare aiutante di una chef. Si trova così costretta ad abbandonare la casa di Yuichi e Eriko. A causa della lontananza, i rapporti con l’amico diventano sporadici. Un giorno Yuichi le telefona per avvisarla che Eriko è morta. La donna è stata uccisa da un cliente molesto del suo locale. Mikage si reca subito dall’amico per consolarlo. Yuichi, come era successo a Mikage, si sente depresso e abbandonato a se stesso. La ragazza è molto turbata per la morte di Eriko e sente di essere destinata a restare da sola. Eriko rappresentava per lei la figura più simile a una madre che avesse mai avuto. 

Dopo alcuni giorni dalla morte di Eriko, Mikage va a trovare Yuichi. I due ridono e scherzano, contenti di rivedersi, e Mikage propone di iniziare una relazione stabile. L’assenso di Yuichi arriva con la promessa di incontrarsi alla stazione di Tokyo, una volta che l’amata avrà terminato i suoi impegni di lavoro.

Nella seconda parte, Plenilunio, abbiamo a che fare con un secondo lutto, quello di Eriko, che fa incontrare i due ragazzi, Mikage e Yuichi, nella comunione della loro solitudine. Mescolando le proprie assenze i due capiscono di voler continuare a camminare insieme. Da qui una luce sottile si avvia ad aprire un tunnel nelle tenebre, ed ecco il plenilunio.

3. La metafora della cucina

Le vicende narrate nel romanzo dalla protagonista e narratrice Mikage gravitano attorno ad alcune cucine, e gli snodi fondamentali della trama avvengono spesso di fronte a un piatto fumante. La scrittura di Banana Yoshimoto non lascia nulla al caso, e grande attenzione è posta tanto sulla descrizione degli ambienti quanto su quella dei numerosi pasti preparati e condivisi dai protagonisti.

La cura di questi dettagli non è casuale: sembra che per la scrittrice il momento della condivisione di un pasto acquisisca un valore particolare, quasi rituale. Preparare un pasto per una persona cara o semplicemente decidere di condividerlo, per l’autrice, è uno dei modi più semplici e naturali per prendersi cura di qualcuno. La cucina è il luogo in cui mettere alla prova la propria pazienza e perseveranza, lo spazio in cui condividere dolori e gioie, concentrandosi per una volta sui bisogni dell’altro, piuttosto che sui propri.

In questo modo, Kitchen riesce a rivelare qualcosa di importante su quella che può essere l’essenza di una famiglia. Mikage, infatti, dopo essersi ritrovata orfana e sola al mondo, viene ospitata da un giovane ragazzo e da sua madre, e i tre sembrano diventare un vero e proprio nucleo familiare. Eppure, i rapporti tra loro sono tutt’altro che tradizionali: mentre Mikage non è in nessun rapporto di parentela con gli altri due membri della famiglia, Eriko, non è in realtà la madre biologica, ma è il padre, poiché è in realtà una donna transessuale.

Con estrema naturalezza e con un tocco delicato, dunque, Banana Yoshimoto è in grado di affrontare una questione apparentemente complessa. Poco importa quali siano i veri rapporti dei personaggi, poiché a tenerli insieme e a renderli autenticamente una famiglia è la cura reciproca, è lo spazio condiviso di una cucina.

Uno spazio che può diventare anche terapeutico: attenersi all’ordine della disciplina culinaria, infatti, diventa per Mikage un modo per fare ordine anche nella propria vita travolta dal lutto. Le semplici azioni di scegliere con cura gli ingredienti, dosarli con attenzione e tentare di amalgamarli aiutano la protagonista a ritrovare l’equilibrio. È la naturalezza di questi piccoli gesti quotidiani a restituire alla vita la giovane ragazza.

Proprio attraverso l’arte culinaria, dunque, la protagonista di Kitchen ritorna a riconoscersi e dare un senso alle sue giornate, scoprendo che, nella vita come nella cucina, è necessario commettere molti errori, affrontare innumerevoli imprevisti e talvolta farsi male prima di imparare la ricetta migliore.

Banana Yoshimoto è capace di affrontare con profondità tematiche importanti e delicate riguardanti la famiglia, il lutto, la depressione, l’identità sessuale. Sono particolarmente toccanti i passi dedicati alla sofferenza dei protagonisti e al loro processo di guarigione o di rielaborazione delle perdite subite. Le parole della scrittrice sanno arrivare al punto con la dolcezza di una carezza, dimostrando che persino il dolore può avere un senso.

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