Articolo scritto dalla Dr.ssa Stefania Catalano
Protagonisti principali di questo articolo sono proprio loro: i conflitti relazionali. Conflitti tra innamorati, tra amici, tra conoscenti o tra colleghi di lavoro.
Nello stesso istante in cui scrivo la parola “conflitto” percepisco, però, che mi pare eccessiva se associata a due o più persone che interagiscono. Evidentemente quando penso al conflitto, mi viene in mente l’immagine di una guerra o di un campo di battaglia.
La prima cosa che faccio è, quindi, andare a pescare un sinonimo di conflitto, che più mi sembra adatto alle relazioni. Banalmente, trovo subito la parola “litigio” che viene contrapposta alla parola “ressa”. Entrambi i termini hanno un qualcosa che li rende opposti: la loro intensità. Se il litigio viene definito come un “contrasto animoso e vivace fra due o più persone”, la ressa viene definita come “un forte contrasto che può sfociare nella violenza”.
Entrambi i termini seppur, per certi versi, opposti, hanno qualcosa in comune: la parola contrasto
La parola “contrasto” porta all’ immagine di due poli opposti. Basti pensare alla polarità chiaro/ scuro o caldo/freddo. Tornado alle relazioni, non è forse questa polarità il motivo per cui si arriva alle discussioni? Menti diverse, opinioni diverse, punti di vista diversi, modi d’agire diversi, a soprattutto bisogni diversi che interagiscono e si scontrano. Ancora, diversi, possono essere gli stili familiari o i modi di vedere la gestione di un litigio o la conduzione della propria vita.
L’obiettivo di questo articolo è di comprendere l’inevitabilità e la normalità dei litigi che possono anche vivacizzare e arricchire un rapporto, rendendolo meno insipido. Il segreto è quello di mantenere il litigio su una base costruttiva (quel litigio che ti insegna qualcosa), bloccando, invece, quel litigio che ha una base distruttiva e che genera (oltre che la rottura di bicchieri e piatti) la presenza di rabbia e sensi di colpa.
D’altronde, il più delle volte, dalla polarità cromatica chiaro/scuro o caldo/freddo è possibile far nascere delle bellissime opere d’arte.
1. Cause del fallimento della relazione: Tra comunicazione passiva e aggressiva
Una delle cause principali del fallimento di una relazione è lo stile comunicativo che, tendenzialmente, si mette in atto.
Quando due o più persone interagiscono tre sono gli stili comunicativi più comuni: passivo, aggressivo e assertivo. Chi sperimenta un comporta passivo, tende a trascurare i propri diritti e bisogni non riuscendo ad esprimere quello che vuole in modo chiaro. Questo porta il soggetto a parlare di sé stesso in modo svalutante, conducendo una comunicazione piena di scuse, giustificazioni e paura del giudizio altrui. La persona con una comunicazione passiva subisce il volere dell’altro comunicando, quindi, la percezione che sé stesso, i propri bisogni e desideri non contano, sono invece più importanti e degni di nota i desideri degli altri (io sono debole, tu sei superiore). Se questo tipo di comunicazione può generare nell’altro un’iniziale simpatia, a lungo termine è possibile riscontrare noia, irritazione e imbarazzo.
Il comportamento passivo fornisce, apparentemente, un buon “pass” per entrare nella tanto sicura zona di confort: se non si affrontano i conflitti l’ansia si abbassa, inoltre si sta simpatici a tutti evitando “rotture di scatole”. A breve termine può anche funzionare ma a lungo andare si arriva alla conclusione che adottare un comportamento passivo può provare “dolore aggiuntivo sporco”: rabbia, svalutazione della propria persona, calo dell’autostima, senso di frustrazione e insuccesso nelle relazioni sociali.
Il comportamento aggressivo, all’estremo opposto, si manifesta nella tendenza ad affermare i propri bisogni in modo manipolatorio, offensivo e umiliante non ascoltando quello che vogliono gli altri. Il soggetto-aggressivo non cambia la propria idea, vuole avere sempre ragione, addossa la responsabilità dei propri errori sull’altro. Il comportamento aggressivo comunica l’idea che la propria opinione e le proprie emozioni sono estremamente importanti ma quegli degli altri non solo non contano ma vengono sminuite e reputate stupide. Attraverso la comunicazione aggressiva il soggetto appare convinto non solo di ottenere quello che desidera bensì di avere il controllo dell’altro, ottenendo così riconoscimento sociale e approvazione. A lungo termine però, anche in questo caso, sopraggiungerà una scarsa gestione dei rapporti sociali accompagnata da sintomi di stanchezza, stress e senso di solitudine.
In sintesi il comportamento passivo e il comportamento aggressivo sono entrambi nocivi per l’instaurarsi di una genuina e profonda relazione. Non ci resta che affidarci ad una comunicazione assertiva.
2. Come migliorare le proprie relazioni: l’assertività?
Definiamo assertività la capacità di far valere le proprie opinioni e le proprie emozioni esternandole in modo chiaro, senza prevaricare né essere prevaricati. Il soggetto che ha una comunicazione assertiva riesce a rispettare il proprio punto di vista e la propria opinione esprimendo un eventuale disaccordo con totale rispetto e, principalmente, con la capacità di ascoltare attivamente quello che l’altro dice. Questo tipo di comunicazione porta il soggetto ad avere ben chiari i propri obiettivi e i mezzi per ottenerli, senza per questo violare i bisogni dell’altro né sperimentare rabbia o sensi di colpa. È opportuno chiarire che chi è assertivo rispetta i propri e altrui diritti senza pretendere la gratificazione di desideri e bisogni. Se, ad esempio, ho bisogno che l’altra persona mi presti qualcosa, io ho esercitato il mio diritto di chiedere aiuto ma sarebbe utile rispettare il diritto dell’altra persona di scegliere se aiutarmi oppure no. Questo è il cuore dell’assertività.
L’obiettivo del comportamento assertivo non è solo quello di migliorare le relazioni sociali ma anche di valorizzare la propria autostima, la propria autoefficacia e la propria intelligenza emotiva.
3. Come mettere in atto una comunicazione assertiva
Potrebbe essere utile parlare in prima persona, utilizzando frasi come secondo me/a mio avviso. Il pronome IO permette di parlare per sé, assumendosi la responsabilità di quello che si dice. Contemporaneamente le frasi di supporto consistenti in “che ne pensi”, “come la vedi” o “come ti senti”, permettono di includere anche la cooperazione e il supporto dell’altro. Risulta importante non solo parlare in modo chiaro ma anche specifico e mirato. Frasi del tipo: “sei sempre il solito bugiardo” o “sei sempre in ritardo” mettono chi critica nella condizione di offendere l’altra persona, etichettandola con la sua critica (un bugiardo o un ritardatario). Inoltre, quando la critica non è specifica si rischia di mettere in atto una “comunicazione tra sordi” che non porta a nessun fine in quanto si perde il motivo stesso della discussione e nessuno delle due o più parti si mette nelle condizioni di capire e comprendere l’altro.
In una buona gestione relazione, l’importanza data nell’ esprimere un eventuale critica porta a valorizzare, anche, la capacità assertiva di rispondere ad essa. A tal fine potrebbe essere utile utilizzare due note tecniche assertive: l’annebbiamento e l’indagine negativa. La prima tecnica porta il soggetto ad attenzionare solo una parte di critica che giudica costruttiva, tralasciando quell’altra parte che potrebbe appare manipolativa generando sensi di colpa o rabbia. La seconda tecnica mira a chiedere informazioni aggiuntive su quella critica che non si riesce a comprendere bene.
4. Il trattamento psicoterapico adatto
La scarsa assertività può essere associata, oltre che a gravi problemi relazionali, di coppia o lavorativi, anche a disturbi invalidanti. Tra questi il più comune è il disturbo d’ansia sociale. Per questo è importante un buon percorso psicoterapico.
Uno dei trattamenti d’elezione è quello cognitivo comportamentale e tra le tecniche più utilizzate troviamo numerosi role-playing, ovvero giochi di ruolo che mettono in scena un problema relazionale per comprendere meglio come gestirlo. Oltre che l’aspetto comportamentale, in terapia viene curata anche la parte cognitiva attraverso un lavoro sugli errori cognitivi. Essi sono quei pensieri irrazionali che potrebbe portare il soggetto ad adottare un determinato stile di comunicazione.
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