Articolo scritto dalla Dr.ssa Federica Ruggero
In questo articolo parlerò del romanzo “La cura Schopenhauer” di Irvin Yalom (scrittore, psichiatra e docente statunitense) che racconta la storia di un gruppo di psicoterapia. La narrazione del gruppo si sviluppa in parallelo a quella della storia di vita di Arthur Schopenhauer, filosofo tedesco e uno dei maggiori esponenti della corrente del pessimismo durante il XIX secolo. Le connessioni tra le due trame sollecitano interessanti confronti tra presente e passato, condivisione e solitudine, speranza e cinismo, che portano il lettore a riflettere su come cambia il senso della vita a partire dalla percezione e dal significato che noi stessi le attribuiamo.
1. Perché un articolo su questo romanzo?
Il titolo stesso potrebbe suggerire al lettore chiari riferimenti alla filosofia e alla psicoterapia ed è effettivamente ciò che è successo a me. Per cui, la curiosità suscitata dal titolo mi ha portato a leggere il libro. Tuttavia, ciò che ho trovato più interessante e che mi ha spinto a raccontare di questo romanzo è che l’autore non tratta queste tematiche in modo intellettualistico o astratto, ma sceglie nella narrazione un approccio molto concreto ed esperienziale, al fine di permettere a chi legge di fare alcune riflessioni importanti sulla vita.
In sintesi, ritengo che si tratti di un’ottima lettura per chi desidera comprendere qualcosa di più sia sulla psicoterapia che sulla complessità dell’esperienza umana.
2. La trama del romanzo
Julius Hertzfeld è uno psichiatra e psicoterapeuta statunitense che un giorno, durante una visita di controllo, scopre di avere un male incurabile. Fin da subito scioccato e in preda alla disperazione, Julius riesce a farsi forza e decide di proseguire con la sua vita e mantiene l’ordine della sua quotidianità che comprende condurre le sedute del suo gruppo di psicoterapia. Tuttavia, Julius inizia a fare un bilancio della sua esistenza e si interroga sulla sua identità di uomo, oltre che di terapeuta. Ad un certo punto gli viene in mente di rivedere, tra suoi documenti, i nomi di pazienti catalogati come drop-out (insuccesso terapeutico). La sua attenzione si focalizza su un vecchio paziente, Philip Slate, che in passato ha trattato in psicoterapia per ben tre anni, senza però riuscire a ottenere benefici, per cui ad un certo punto il paziente ha deciso di interrompere. Julius sente il desiderio di contattare Philip, per verificare se, nel tempo, sia migliorato o abbia cambiato qualcosa di significativo nella sua vita, grazie alla terapia dell’epoca. Non è chiaro a Julius quale altra motivazione possa celarsi dietro la volontà di mettersi in contatto con Philip ed, impulsivamente, lo chiama. Viene a conoscenza che il suo ex paziente si occupa di counselling (una professione per alcuni aspetti simile a quella dello psicologo) e che in realtà non ha tratto alcun beneficio da quei tre anni di psicoterapia svolti. Al contrario, riporta di aver trovato risposta ai suoi problemi studiando e facendo sua la filosofia di Arthur Schopenhauer. Julius, sconvolto e allo stesso tempo incuriosito dalle argomentazioni di Philip, gli propone di aggiungersi al suo gruppo di terapia, in cambio di una supervisione formativa sul suo operato come counselor. Da qui si approfondisce la narrazione del gruppo, composto da tre uomini e tre donne, in cui si inserirà Philip a modificare drasticamente le dinamiche e gli equilibri del gruppo.
3. La psicoterapia di gruppo
3.1 Che cos’è?
La psicoterapia di gruppo è una forma di terapia finalizzata ad aiutare a risolvere le difficoltà relazionali e/o soggettive della persona che, attraverso il lavoro di gruppo, può beneficiare di nuove forme di esperienza emotiva riparativa e di condivisione umana. In concreto, si tratta di un gruppo di persone che si riunisce, sotto la direzione generale di uno psicoterapeuta, per sostenersi e aiutarsi sia individualmente che reciprocamente. Il gruppo condivide norme e regole che è necessario rispettare al fine di svolgere la terapia. Un aspetto fondamentale nel gruppo, che richiede del tempo, è sicuramente l’instaurarsi della fiducia tra membri e terapeuta. Se nasce l’intimità, è allora possibile la costruzione di un “noi”, elemento che sottolinea come il gruppo non sia solo un’insieme di individui, ma una vera e propria identità unica e definita. In psicoterapia, esistono diverse teorie e tecniche di gruppo (comportamentali, espressive, psicodrammatiche, analitiche, etc.) per cui gli
approcci possono variare a seconda del modello di riferimento, ma anche dal tipo di obiettivo di lavoro che può spaziare dal trattamento clinico fino alla psicoeducazione. In sintesi, esistono diversi approcci, ognuno con le sue peculiarità, limiti e punti di forza. Non tutti i tipi di gruppo sono indicati alla persona e viceversa, per cui è importante che chi fosse interessato a intraprendere un’esperienza di questo tipo che possa essere aiutato nella scelta da un professionista che può valutare insieme all’individuo quale sia l’approccio più adatto alla sua problematica e alle sue caratteristiche di personalità.
3.2 Come funziona?
Solitamente è il terapeuta a scegliere i partecipanti al gruppo e lo fa a partire da un’attenta valutazione circa il grado di beneficio ottenibile da questo tipo di terapia e la possibilità di coinvolgimento propositivo del membro sulle dinamiche di gruppo. Infatti, la terapia di gruppo analizza le interazioni tra i partecipanti, al fine di lavorare sui problemi relazionali. I partecipanti sono invitati a condividere le loro esperienze in modo sincero e naturale, sempre sotto la direzione generale del terapeuta. Il gruppo permette ai suoi membri la possibilità di acquisire nel tempo, nuove prospettive, nuove chiavi di “lettura” della realtà e dell’esperienza umana, divenendo più flessibili e aperti al cambiamento.
4. Dolore e solitudine
Nel romanzo “La cura Schopenhauer”, il personaggio di Philip Slate è descritto come un uomo solo, cinico, distaccato, un vero e proprio “analfabeta emozionale”. Da sempre incapace di vivere la vita in modo pieno, Philip aveva imparato nel tempo a gestire la sua sofferenza e placare l’angoscia della sua arida esistenza tramite il sesso, fino a divenirne dipendente. Cercava compulsivamente donne con cui avere rapporti sessuali, senza alcun tipo di coinvolgimento emotivo. Era stata proprio questa condotta a spingerlo a contattare il Dott. Julius Hertzfeld, che lo trattato in psicoterapia individuale per circa 3 anni, senza risolvere il problema. Negli anni successivi, Philip trova un’altra forma di terapia, la suddetta “cura Schophenauer”. Il giovane impara, attraverso lo studio e l’applicazione degli insegnamenti di Arthur Schopehnauer, a controllare la sua dipendenza sessuale, fino a eliminarla completamente. Tuttavia, per ottenere la risoluzione del sintomo, Philip ha applicato il distacco da ogni piacere terreno, fino a rinunciare completamente agli interessi e ai bisogni vitali (amicizie, hobbies, frequentazioni, ecc.), così da “non essere schiavo della sua volontà”. Egli aveva introiettato così tanto i precetti del filosofo, al punto di identificarsi nella sua figura, agire i suoi comportamenti e applicare il medesimo stile di vita che era caratterizzato da profondo cinismo e isolamento sociale. Philip ha imparato a controllare la sua volontà e le sue pulsioni, ma il costo che ha pagato per il suo evitamento sociale è altissimo: rimanere incapace di relazionarsi con gli altri esseri umani.
5. La potenza trasformativa del gruppo
Dal racconto della storia di Philip Slate, emerge come egli non abbia mai imparato ad ascoltare ed esprimere le sue emozioni. Nessuno, quindi, gli ha mai insegnato cosa sono i sentimenti e Philip sembra esserne effettivamente privo. Tuttavia, si scopre poi che Philip non è veramente incapace di sentire le emozioni ed esprimerle. Ha semplicemente imparato a controllarle e reprimerle. Inizialmente il suo ingresso nel gruppo scatena molta perplessità e fastidio tra i membri. Philip è un uomo freddo e razionale, che filtra tutto attraverso l’intelletto e crea squilibri nel gruppo che, al contrario, lascia molto spazio allo scambio emotivo. Seduta dopo seduta, diventano sempre più chiari i problemi relazionali di Philip che viene confrontato sulla sua rigidità dagli altri e stimolato a contattare le sue emozioni. La psicoterapia di gruppo apre inesorabilmente le porte del mondo affettivo di Philip che torna a sentire le emozioni. Grazie a una serie di scambi relazionali con alcuni membri del gruppo, Philip opera una trasformazione, ovvero apre uno spiraglio verso il cambiamento di una parte di sé, quella iper razionale e distaccata che inizia a lasciare spazio a una parte più fragile, sensibile, ma soprattutto autentica: la parte emotiva.
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