La Fantasia Che Ci Aiuta: L’uso Di Immagini Nel Percorso Psicologico

La fantasia che ci aiuta l'uso di immagini nel percorso psicologico

Articolo scritto dalla Dr.ssa Melania Vinciarelli

Nella visione comune dei percorsi psicologici questi in genere sono caratterizzati esclusivamente da dialoghi, in cui linguaggio verbale e comunicazioni non verbali, più sotto soglia si intrecciano. Tuttavia talvolta alcuni elementi propri del canale comunicativo diretto possono diventare, involontariamente barriere alla comunicazione di ciò che sta a cuore al paziente, e di cui spesso egli stesso non ha consapevolezza.

1. Le immagini in terapia

Nel momento in cui vediamo un’immagine statica o in movimento che sia, entriamo in contatto con pensieri, sensazioni e ricordi che vanno in genere oltre a ciò che è rinchiuso nella mera raffigurazione. È come se nell’immagine ci fossero piccoli pezzi di noi, di cui non siamo sempre consapevoli ma che, nel momento in cui la vediamo escono e iniziano a prendere forma. Questo meccanismo di identificazione sembra essere ancor più forte e presente se siamo noi stessi a scegliere l’immagine da osservare ed approfondire. 

A rendere unica questa esperienza è, in particolare, ciò che sentiamo, che ci porta a rivivere ricordi ed emozioni di un altro luogo e di un altro momento. E, grazie alla guida del terapeuta, possiamo trovare nuovi spazi e nuovi significati per noi, talvolta “semplici e conosciuti”, talvolta inaspettati.

A colpirci è sì ciò che vediamo, ma soprattutto l’effetto che ci fa, e che ci riporta talvolta ad un momento specifico della nostra vita, talvolta a desideri e bisogni non del tutto consapevoli. Certo, questa operazione può essere sentita come leggera e piacevole ma talvolta può portare a scoprire qualcosa di nuovo e inaspettato.

2. Il potere delle immagini

Nella mia personale esperienza come psicologo ho imparato ad apprezzare il valore e l’importanza dell’utilizzo di immagini durante alcuni momenti del percorso. L’immagine ha lo straordinario potere di portarci in un luogo diverso dal “qui ed ora” e ci permette di riabitare per un attimo lo sfondo che stiamo osservando ma in modo diverso, perché, anche se ci riguardiamo e ci riconosciamo in ciò che vediamo, quel “me stesso” che osservo in quell’immagine non sono più io, o meglio ero io in un altro tempo. Infatti, la parte più importante che ci permette non solo di osservare e di prendere distanza ma anche di considerare quell’immagine da punti di vista differenti, è proprio questa differenza temporale, dato che tra “ora” e “allora” è trascorso del tempo.

Nel corso della mia pratica professionale ho notato e sentito che il lavoro con le immagini non è sempre uguale ma si modifica con il tempo, richiede una specie di addestramento, da parte del paziente ma anche del terapeuta, un’abitudine a entrarci in contatto attraverso una fluida alternanza tra figure e sfondi, a volte sono in tal senso proprio le assenze ed i vuoti ad assumere un significato, ed è solo andando a contattare questi vuoti che si possono creare nuovi dialoghi. Tali spazi non chiedono per forza di essere riempiti ma talvolta solo di essere visti, sentiti e considerati in base ai nostri bisogni, desideri ed emozioni. 

Sono molti i benefici che l’uso delle immagini può dare nell’ambito della relazione terapeutica 

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