La Resilienza: come superare le difficoltà della vita

La Resilienza, come superare le difficoltà della vita

Articolo scritto da Dr.ssa Giulia Battaglia 

“Ma la più grave delle malattie è la perdita di resilienza. Una cosa è certa: la vita è imprevedibile, alti e bassi, svolte e cambiamenti, novità. Possiamo sbagliare, avere successo, provare gioia o dolore. La vita è un viaggio nell’incertezza e alle volte può essere difficile navigare a vista. Dovremmo riscoprirci resilienti. Dovremmo riscoprire un pensiero resiliente. Le persone resilienti sono generalmente ottimiste e pensano in modo positivo. L’essere positivi non si manifesta solo nell’essere gentili e di aiuto agli altri ma significa saper parlare a se stessi utilizzando un linguaggio positivo. … La natura si muove secondo dei cicli e lo stesso vale per noi. Arriva l’autunno, gli alberi perdono le foglie, sembra che non possano più vivere e, invece, si stanno solo liberando del vecchio per far spazio al nuovo, in primavera. E’ solo grazie all’autunno che la primavera può essere colorata, frizzante e piena di profumi. Essere resilienti ci consente di accettare la fine di ogni esperienza per reinventare noi stessi ed essere più forti, coraggiosi, saggi e migliori. In pratica ci consente di crescere ed evolvere. Queste possono essere delle basi per riscoprirci resilienti. Non avvertire in ogni dove il fallimento. E seppur dovesse esserci dovremmo avere la capacità, la resilienza di vederci dentro l’opportunità per rilanciarsi.”
~ Franco Arminio ~

Partendo da queste spronanti parole del poeta Franco Arminio, ci si può iniziare a porre delle domande: se pensiamo alle avversità nella vita,  che cosa permette ad una persona di adattarsi? Perché alcune persone sembrano riprendersi da eventi tragici o perdite molto più rapidamente di altre? Perché alcune persone sembrano “bloccate” in un punto della loro vita, senza la capacità di andare avanti?

La risposta a queste domande sta nella differente capacità di resilienza di ciascuno.
Ogni individuo potenzialmente è resiliente e ha la capacità di adattarsi positivamente ai cambiamenti, ma non sempre i meccanismi di resilienza vengono messi in atto.

Questo spiegherebbe perché diverse persone esposte allo stesso trauma o situazione, manifestano, a lungo termine, psicopatologie mentre altre non riportano effetti negativi.

1. Cosa è (e cosa non è) la resilienza

La resilienza, in termini generali, è la capacità di un materiale o organismo di resistere a sollecitazioni esterne. Non è un sinonimo di semplice “durezza”, ma molto di più. Non significa non farsi toccare da nulla, significa piuttosto riuscire a deformarsi senza rompersi.

C’è una grande differenza tra resistenza e resilienza. La prima è sia dell’uomo sia degli oggetti. Si resiste a qualcosa che vuole deformarci, farci cambiare, a qualcosa che ci colpisce, cercando di distruggerci.

La resistenza è silenziosa, ferma, ostinata sulla propria posizione, dura come un sasso, là dove la resilienza è flessibile, adattabile, fantasiosa. 

La resilienza è la capacità di trarre dalla deformazione, dalla sofferenza, dalla sconfitta, strade diverse di comportamento, così che mai si ritorna al passato ma si avanza verso un nuovo stato di esistenza. “Resilienza” significa assorbire l’urto e continuare a funzionare nonostante questo urto, con strategie nuove e differenti.  

Quindiresilienza e resistenza non sono sinonimi. Resistere significa non spezzarsi dopo un urto o un evento, resilienza significa assorbire l’urto, metabolizzare l’evento, trasformarlo in un’opportunità.

Resiliente è colui il quale distingue ciò che può e non può cambiare e, in quest’ultimo caso, è comunque consapevole di poter modificare l’assetto cognitivo ed emotivo con cui legge gli eventi.

Resiliente è colui che guarda alle avversità passate, per ricavarne lezioni utili per migliorare le proprie attuali strategie di coping. Resiliente è colui il quale è disposto a uscire dalla propria comfort zone per sviluppare una maggiore tolleranza alle frustrazioni. Resiliente è chi pensa valga sempre la pena vivere da protagonisti, piuttosto che da spettatori cauti e prudenti.

2. Uno studio sulla resilienza

Uno studio interessante sulla resilienza è stato condotto nel 1992 da un gruppo dell’Università di Davis (California), guidato da Emma Werner. La Werner condusse uno studio longitudinale della durata di 30 anni su quasi 700 neonati dell’isola Kauai, nell’arcipelago delle Hawaii.

Secondo le aspettative dei ricercatori, 201 soggetti avrebbero sviluppato dei problemi perché esposti a una serie di fattori di rischio, come nascita difficile, povertà, malattie mentali, famiglie con alcolismo o caratterizzate da violenza o litigi. Facendo un’analisi,  i 2/3 del campione confermarono le previsioni degli studiosi,  manifestando all’età di 18 anni serie difficoltà di apprendimento, oltre che di adattamento sociale, scolastico e/o lavorativo.

Tuttavia, 1/3 del campione, originariamente considerato a rischio, aveva smentito le previsioni dei ricercatori. 72 neonati, infatti, erano diventati adulti in grado di instaurare relazioni significative, ben adattati nel lavoro e nelle relazioni con gli altri e capaci di cogliere spunti per migliorarsi e crescere. In base a quale principio questi bambini hanno disatteso l’ipotesi formulata dagli studiosi? Il gruppo della Werner evidenziò come l’aver ricevuto da persone significative un’accettazione incondizionata e l’aver saputo attribuire senso e significato alla vita avesse reso questi soggetti più “immuni” agli stressor cui erano stati sottoposti, promuovendo in loro un processo di resilienza.

3. Da cosa dipende la capacità di resilienza

Gli studi hanno dimostrato che la resilienza è determinata da numerosi elementi, quali ad esempio predisposizioni genetiche, fattori ambientali, abilità personali e sociali.
Si può essere resilienti in alcuni momenti della vita e non in altri; di fronte a un certo evento, e non di fronte a un altro.

3.1. Tra i fattori che favoriscono la resilienza

  1. Ottimismo. Bisognerebbe cercare di pensare ai problemi come a una componente inevitabile della vita, ricordando sempre che le avversità sono transitorie, superabili e derivanti da un intreccio di variabili, alcune delle quali indipendenti dal nostro controllo. 
  2. Autostima e autoefficacia. È importante avere stima per se stessi e possedere la consapevolezza non solo delle proprie risorse, ma anche dei propri limiti. 
  3. Strategie di coping adattive. La capacità di gestire e rispondere agli eventi stressanti con nuove strategie di coping che trasformano le situazioni difficili in opportunità di apprendimento.
  4. Emozioni positive. È fondamentale concentrarsi su ciò che si possiede invece che focalizzarsi su ciò che manca. 
  5. Sostegno sociale. Non bisognerebbe mai dimenticare di trovare e coltivare uno spazio sicuro in cui poter essere accolti e ascoltati. 

3.2.Esistono anche dei fattori di rischi

Tali fattori indeboliscono la persona e la rendono più vulnerabile all’evento negativo. Possono essere innati o dettati dall’ambiente, derivare dalla famiglia o dalla comunità. 

Se i fattori di rischio si manifestano, impediscono lo sviluppo della resilienza rendendo l’individuo incapace di fronteggiare l’evento negativo e di resistere alla frustrazione e al dolore. Tra questi:

  1. Una cattiva rete familiare, uno stile di attaccamento insicuro, conflitti familiari, scarsa coesione e mancanza di sostegno affettivo da parte dei genitori o della famiglia sfavoriscono la resilienza impedendone lo sviluppo.
  2. Gli abusi fisici e psicologici (incluso il bullismo), la povertà, i comportamenti antisociali di un componente della famiglia possono inficiare lo sviluppo della resilienza nel bambino e la messa in pratica della stessa nell’adulto.
  3.  avere una scarsa autostima e una cattiva gestione delle emozioni.
  4. Anche l’isolamento sociale, il rifiuto dei pari e dei membri dei gruppi cui si appartiene o si vorrebbe appartenere oltre che la chiusura verso gli altri possono sfavorire lo sviluppo della resilienza.
  5. Il ritardo mentale, la disabilità, difficoltà di apprendimento, problemi di salute rendono i bambini più vulnerabili esponendoli e spingendoli all’isolamento, al bullismo e alla chiusura. Tali situazioni possono rendere la persona incapace socialmente di instaurare relazioni sane e/o qualitativamente soddisfacenti sulle quali contare e di cui fidarsi.

4. Come coltivare la resilienza

La resilienza è in gran parte frutto degli occhiali attraverso cui gli individui vedono se stessi, gli altri e il mondo. Occorre pertanto modificare le lenti con cui interpretano gli eventi e vi attribuiscono un significato.
Spesso un processo di resilienza è ostacolato proprio dalla valutazione cognitiva del soggetto, dall’etichetta che questi attribuisce a se stesso, ad esempio “sono un perdente, un fallito, non ce la posso fare, sono una vittima, non riesco a controllare nulla, perché proprio a me? ecc.” oppure agli altri e al mondo esterno “la vita è imprevedibile, il mondo è pericoloso, gli altri sono più forti, ogni evento è una catastrofe”. Cambiare le lenti non vuol dire certo adottare una visione ingenuamente ottimistica, bensì mantenere un realismo funzionale che permetta un adattamento consapevole alla realtà, in modo che gli eventi negativi, ordinari o straordinari, siano visti come potenzialmente forieri di spunti di crescita e apprendimento, piuttosto che come una minaccia incombente alla propria incolumità.

La resilienza, dunque, non è qualcosa che si ha o non si ha, ma una predisposizione che può essere coltivata e favorita, a partire dall’infanzia. In che maniera? Ecco qualche suggerimento:

  1. Avere una buona autostima e consapevolezza di sé. Avere una buona consapevolezza di sé permette all’individuo di capire i propri punti deboli e i propri punti di forza. In questo modo, nei momenti bui, quando le proprie difese e speranze cedono, si continuerà ad avere profonda fiducia in sé stessi e nelle proprie capacità. Non ci si lascerà travolgere dalla situazione ma si agirà attivamente (<so di farcela>) per risollevarsi e ricominciare.
  2. Dare valore alle relazioni. Riconoscere l’importanza di una rete sociale, fare amicizia e essere presenti per le altre persone. Avere relazioni di supporto nella tua vita con la tua famiglia e i tuoi amici sembra essere una base importante in base a molte ricerche sulla resilienza. Le relazioni positive caricano le persone di incoraggiamento quando i tempi diventano difficili e sembrano aiutare a sostenere la capacità di una persona di andare avanti più rapidamente dopo un evento o un problema difficile nella loro vita. Le relazioni non sono solo importanti all’interno della famiglia, ma anche fuori dalla famiglia. Avere una forte rete di amici è una componente preziosa per costruire una migliore capacità di recupero.
  3. Procedere un passo alla volta. Non è necessario raggiungere tutto subito: è importante prenderci il nostro tempo, fare un passo alla volta e concederci qualche pausa. In questo modo la distanza che ci separa dai nostri obiettivi diventerà a mano a mano più corta, ma non rischieremo di stancarci troppo. 
  4. Riconoscere l’importanza del cambiamento. Il cambiamento e le novità sono parte integrante della vita e danno l’opportunità di imparare e di intraprendere percorsi talvolta impensati verso nuovi obiettivi.
  5. Accettare e tollerare la frustrazione ed essere perseveranti. È importante sperimentare la frustrazione e le sconfitte nel tentativo di raggiungere qualche obiettivo, evitando di delegare al altri la risoluzione di problemi o difficoltà. Grazie alla resistenza alla frustrazione, l’individuo resiliente sa incassare e riprendersi velocemente da una delusione o una sconfitta. È capace quindi anche di essere perseverante, quindi  di provare e riprovare nonostante le sconfitte e i fallimenti, e di sapersi adattare.
  6. Assumersi le proprie responsabilità e saper gestire le proprie emozioni. assumersi la responsabilità di ciò che si fa e di ciò che accade, in modo da comprendere che abbiamo la capacità di controllare le nostre reazioni di fronte agli eventi. Una persona resiliente sa ascoltare e riconoscere le proprie emozioni, sia positive che negative; riesce ad accettarle, e quindi a regolarle ed esprimerle adeguatamente.
  7. Usare l’umorismo. Si tratta in pratica di un elemento che consente di prendere le dovute distanze da circostanze avverse e mantenere la lucidità necessaria per risolvere i problemi.
    L’umorismo, inoltre, rappresenta una risposta funzionale allo stress, perché ne riduce l’impatto negativo, producendo endorfine e catecolamine.

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