Articolo scritto dalla Dr.ssa Eleonora Ridolfi
“Le parole per dirlo” , un romanzo autobiografico scritto da Marie Cardinal e pubblicato nel 2001, parla di paura, malattia, inquietudini, solitudine ma soprattutto di rinascita.
Protagonista, insieme alla scrittrice, troviamo La Cosa: la malattia che per lungo tempo ha tenuto Marie prigioniera, ostaggio della suo stesso corpo. Il sangue che scorre inesorabile tra le sue gambe diviene la sua ossessione. Goccia dopo goccia conta lo scorrere del tempo, un tempo sospeso, vuoto, fagocitante. Segnata, letteralmente marchiata, precipita in una spirale caratterizzata da solitudine e paura, ed una certezza, quella di aver perso il senso di sé.
1. Trama
Ridotta ormai ad un mucchio di macerie, distrutta nel corpo e nello spirito, al limite delle proprie forze fisiche e mentali Marie decide di rivolgersi ad uno psicoanalista per trovare un appiglio a cui aggrapparsi, per tornare ad essere una persona, una donna.
Il viaggio interiore le permette dunque di ripercorrere alcuni vissuti traumatici della sua infanzia relegati nelle profondità della sua memoria: il divorzio dei genitori, la malattia del padre, la rigidità e freddezza che la madre le riserva in ogni occasione.
Alla fine la consapevolezza più dura di tutte, l’essere stata indesiderata dalla madre stessa, frutto di un errore imperdonabile. Fu proprio lei, la madre, a raccontarle come avesse cercato di interrompere la gravidanza a tutti costi, senza riuscirvi.
Nel disperato tentativo di dare un senso a tutto questo, nel trovare le parole per dirlo, Marie riesce a dar voce al proprio malessere, affrontarlo, superarlo.
Ed è lì che, lentamente, Marie rinasce. Prima la scomparsa del sangue e successivamente l’esplorazione di sé, dove tassello dopo tassello tutto si posiziona al posto giusto, le esperienze vissute assumono un significato nuovo, terapeutico. Alla fine, la guarigione.
Raccontarsi al dottore diviene dunque esperienza catartica, momento di ascolto, riflessione. Mettersi a nudo per spogliarsi delle paure, delle incertezze e angosce per far posto alla fiducia, alla possibilità, alla luce della consapevolezza.
Marie ci rende dunque partecipi del suo viaggio all’interno del suo mondo interiore, del suo inconscio e condivide con il lettore il suo risultato più grande, la sua rinascita.
2. Cos’è la terapia?
Spesso capita di considerare la psicoterapia come una semplice chiacchierata, uno momento in cui sfogare ciò che non va, condividere il proprio dolore e frustrazione senza aspettarsi un reale cambiamento, che sia esso efficace ed anche duraturo.
Ma non è proprio così.
La terapia consiste in uno spazio dove aprirsi, osservarsi ed ascoltarsi… ma non solo. Dall’altra parte c’è un professionista che orienta, supporta e rimanda ciò che necessita essere approfondito.
Immaginiamo la terapia psicologica come un viaggio dove lo psicologo guida ed il cliente dà il passo. Insieme si raggiunge la meta.
È importante, anzi fondamentale, che anche il cliente costituisca parte attiva del percorso e che sia egli stesso motivato nel mettersi in gioco e nell’affidarsi alle cure del proprio terapeuta in un clima caratterizzato da accoglienza, vicinanza emotiva e di totale sospensione del giudizio.
3. Cosa aspettarsi?
L’obiettivo di un buon percorso, quindi, è individuare e dare voce ai bisogni inespressi.
Per arrivare a questo sarà necessario scattare una fotografia del presente, capire cosa proprio in questo momento spinge la persona a chiedere supporto. Una volta definiti gli obiettivi, in cui sarà chiaro cosa ottenere e quali cambiamenti il cliente desidera per sé, inizierà la fase di trattamento in momento che può essere definito come il fulcro del lavoro. In questo momento il cliente impara ad osservare cambiando prospettiva, angolazione potremmo dire.
Da qui, i vecchi schemi di comportamento vengono interrotti, modificati, implementati, permettendo al cliente di raggiungere relazioni più appaganti, di uscire da situazioni di stallo o di difficile gestione.
Verranno acquisite nuove risorse da mettere in campo per il proprio benessere e la propria crescita interiore.
4. Quanto dura?
Annosa questione è quella della durata della terapia. Purtroppo non è possibile determinare aprioristicamente la durata di un percorso poiché essa dipende da più fattori.
In primis da una buona qualità dell’alleanza che viene costruita tra i due protagonisti del setting e successivamente dalla profondità del tipo di lavoro necessario.
È sempre utile domandarsi se la terapia stia sortendo un buon effetto ma è importante non mettere al processo pressione o fretta: la bacchetta magica per risolvere tutti i problemi e le sofferenze in brevissimo purtroppo non esiste!
Perciò… affidati, impegnati ma soprattutto goditi il tuo percorso introspettivo.
Buon viaggio!
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