Lei (Her): Una Recensione Psicologica

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Articolo scritto dal Dott. Francesco Latini

Lei (Her), premio Oscar per la miglior sceneggiatura originale nel 2014, è un film scritto e diretto da Spike Jonze che affronta con grande sensibilità il tema delle relazioni sentimentali e si presta quindi bene ad una recensione psicologica. Prima di procedere nella lettura provate a guardarlo, se ancora non lo avete fatto. Consiglio la versione in inglese, con Scarlett Johansson che presta la voce alla protagonista. 

1. “Her”: La trama, in breve

Ambientato in una Los Angeles del futuro (prossimo), il film descrive una società ipertecnologica e dai colori pastello, dove gli esseri umani sono sempre più interconnessi (tra loro e i diversi dispositivi elettronici) ma anche sempre più soli ed in difficoltà nel maneggiare emozioni ed intimità.

Ad incarnare questo disagio c’è Theodore Twombly, un uomo dalla spiccata sensibilità che lavora per una società specializzata nel redigere e far spedire, per conto di terzi, lettere molto intense e personali. Theodore realizza lettere molto toccanti, eppure sembra scarsamente in contatto con il proprio mondo emotivo: è un uomo solo, introverso, che si rifugia nei videogiochi e nelle telefonate erotiche per non elaborare il dolore della separazione dalla moglie Catherine.

Per uscire dal suo stato di afflizione, incuriosito da una pubblicità, decide di acquistare un sistema operativo innovativo basato su un’intelligenza artificiale dotata di intuito e capacità di evolvere con l’esperienza. In sostanza, dotata di una coscienza: Samantha.

Samantha si rivelerà essere non solo una segretaria efficiente, ma anche una presenza piacevole dotata di umorismo, curiosità, sagacia, riflessione. Progressivamente tra i due si viene a creare una profonda intimità e chimica mentale, portandoli infine ad un incontro sessuale e all’instaurarsi di un legame di coppia. Samantha diventa così, per Theodore, una figura in grado di riempire il vuoto lasciato dalla ex-moglie ed il catalizzatore per uscire dal congelamento, dalla stasi: l’umore migliora, riprendono i viaggi, si instaurano nuove relazioni, viene trovato un editore per pubblicare le sue lettere, firma le carte per il divorzio.

Eppure, nel corso del tempo, cominciano ad emergere delle crepe: come affrontare l’assenza di un corpo? Come gestire la mancanza di un orizzonte come quello della mortalità? Come maneggiare il differente modo di percepire il tempo e di elaborare le informazioni? Samantha comincia a sviluppare un’esperienza di coscienza sempre più diversa e distante da quella di Theodore, fino ad arrivare a mantenere contemporaneamente 8316 relazioni, di cui 641 di natura amorosa. Alla fine, con profonda tristezza, Samantha e gli altri sistemi operativi decidono di allontanarsi dagli umani per proseguire la loro evoluzione e Theodore si trova di nuovo solo, eppure cambiato.

Il film di Spike Jonze ci permette di riflettere su molti aspetti della relazione di coppia e, in questa sede, vorrei prenderne in esame quattro.

2.  L’influenza del passato

La scelta del partner è fortemente influenzata da forze inconsce (inconsapevoli) che traggono origine dalle nostre antiche esperienze infantili con le figure primarie (in genere, i genitori). Scrive Pincus (1962): “[…] i forti legami inconsci con i primi oggetti d’amore possono contribuire a determinare la scelta del partner con cui la relazione primaria può essere compulsivamente rimessa in scena”. Ancora prima Freud (1920) osservava come esistessero “persone i cui rapporti amorosi con le donne attraversano tutti le medesime fasi e terminano nello stesso modo”: esisterebbe quindi la tendenza a ripetere nelle relazioni di oggi una relazione antica. 

Ma perché? Le ragioni sono almeno due: una difensiva ed una evolutiva. Da una parte, infatti, vi sarebbe il tentativo di tornare a qualcosa di buono vissuto nel passato (rimanere nella comfort zone) o quanto meno rivivere qualcosa di conosciuto (quindi prevedibile, controllabile); dall’altra, di rimediare a qualcosa che è stato insoddisfacente, di elaborare ciò che non è stato possibile fare nel passato “risolvendo” i nostri problemi antichi e passare così ad un livello successivo di sviluppo.  

Nel momento in cui Theodore deve scegliere le caratteristiche del suo Sistema Operativo, gli vengono non a caso fatte una serie di domande volte ad indagare la relazione primaria con la madre. L’aspetto interessante è che l’analisi risulta essere molto rapida: ad una prima impressione si potrebbe credere che gli sviluppatori abbiano dato scarso peso a questo elemento, in realtà credo si voglia sottolineare come la relazione primaria lasci una firma soprattutto a livello non verbale (visto che nel primo anno di vita non siamo in grado di parlare né di capire): in pochi secondi, dal timbro della voce, dalle sue esitazioni, dalle sue risposte circostanziali possiamo immaginare che Theodore abbia avuto delle difficoltà con la figura materna e che in una nuova relazione con il femminile cerchi (anche) un modo per superare i blocchi legati a quell’antico rapporto. 

3.  Il Futuro: a coppia creativa

“- Com’era essere sposati? – Non facile, questo è sicuro, ma c’è qualcosa di molto bello nel condividere la tua vita con qualcuno. – Come si condivide la vita con qualcuno? – Beh, siamo cresciuti insieme, io leggevo tutto quello che scriveva, fino alle tesi del master e del dottorato, lei ha letto ogni mia singola parola. Ci influenzavamo molto reciprocamente. – In che modo tu l’hai influenzata? – Lei veniva da un contesto in cui niente era mai buono a sufficienza e questo era un peso che la opprimeva, ma nella nostra casa era sempre viva l’idea di provare, di permettere all’altro di sbagliare e di emozionarsi per le cose, questo per lei era liberatorio, era emozionante vederla crescere, vederci crescere e cambiare insieme, ma questa è anche la parte difficile. Crescere con lei, crescere senza di lei o cambiare senza spaventare l’altro. Ancora oggi mi capita di immaginare di parlarle, riprendo vecchie conversazioni e mi difendo da qualcosa che ha detto di me.”

Come scrive Berenstein (2012), il legame tra i membri della coppia “è una soggettività espansa, modificata e rinnovata, che consente di negare il confinamento (narcisistico) dell’Io nella propria identità […]. La coppia ha una propria vita come aggregato, diverso dalla somma delle sue parti.” Quando si è in una relazione, ci si scontra con l’alterità, l’estraneità dell’altro: questo incontro è per sua natura perturbativo, modifica il nostro equilibrio in quanto si viene in contatto inevitabilmente con una differenza e con il fatto che la propria esperienza è una verità soggettiva, non oggettiva. Questo scarto incolmabile può essere fonte di paura ma anche una risorsa: nel primo caso sì può cercare di negare le differenze stando così vicini da non poterle vedere (rapporti adesivi/simbiotici) oppure cercando di adattare l’Altro al proprio punto di vista (rapporti conflittuali senza fine o di dominio/sottomissione) o ancora evitando una reale intimità (rapporti distaccati, vite parallele); nel secondo caso si può andare invece incontro a qualcosa di nuovo (rapporti creativi): nuovi pensieri, nuove soluzioni, crescita di nuovi aspetti di Sé. La tensione tra paura e creatività non può essere risolta una volta per sempre, ma è un lavoro che la coppia deve svolgere quotidianamente e può andare incontro a delle impasse, come evidenzia il discorso di Theodore.

4. L’amore è una forma di follia socialmente accettabile

La relazione tra Theodore e Samantha è, per certi aspetti, delirante: invece che investire su di un essere umano, Theodore si rifugia nella relazione con uno strumento tecnologico sviluppato per essere naturalmente compiacente verso il suo possessore umano. Samantha non ha un corpo, è un elegante software in grado di emulare e – alla fine – superare la coscienza umana. Theodore arriva a negare la natura artificiale di Samantha, e sembra sinceramente convinto che con lei possa costruire una relazione longeva, duratura, proiettando su di lei l’aspettativa salvifica di poter essere salvato, sanato dal naufragio matrimoniale. La relazione tra Theodore e Samantha esprime forse in forma estrema la questione che l’innamoramento è, per certi versi, una forma di follia. Come ha scritto Freud: “l’amore è quanto c’è di più prossimo alla psicosi”. 

In che senso? Che quando ci innamoriamo, ci innamoriamo dell’immagine che “proiettiamo” sull’Altro e non dell’Altro di per sé. Solo in un secondo momento, quando la fase dell’innamoramento scema per lasciare spazio ad un amore maturo, quello che abbiamo proiettato sull’Altro tende ad essere ridimensionato lasciando sempre più spazio all’Altro reale, che può anche essere molto differente da quello che avevamo immaginato. È un po’ come se inizialmente l’Altro ci apparisse come un quadro astratto che si presta perfettamente alle nostre fantasticherie… progressivamente, però, ci rendiamo conto che quelle forme hanno una loro logica ed un loro senso, e a volte non corrispondono al senso che gli avevamo attribuito noi. 

5.  L’Altro come contenitore

Cara Catherine, sono stato qui a pensare a tutte le cose per cui vorrei chiederti scusa, a tutto il dolore che ci siamo inflitti a vicenda. A tutte le cose di cui ti ho incolpato. A tutto ciò che volevo che fossi o dicessi. Mi dispiace per tutto questo. Ti amerò per sempre, perché insieme siamo cresciuti e mi hai aiutato a diventare ciò che sono oggi. Voglio solo che tu sappia che dei frammenti di te resteranno per sempre dentro di me e per questo ti sarò sempre riconoscente. Qualunque cosa tu sia diventata e ovunque tu sia nel mondo in questo momento, ti mando il mio amore. Sarai mia amica per sempre. Con amore, Theodore.

Nella coppia è importante l’equilibrio tra proiezione e realtà: l’Altro deve poter essere contenitore di alcuni nostri aspetti in modo poi da poterceli riprendere “digeriti”, “elaborati”, senza però che questi prendano il sopravvento su di lui. In questo caso, infatti, l’Altro sentirà sempre di più di stare o dover svolgere una parte, si sentirà irrigidito in un copione e – quando si ribellerà – allora la coppia entrerà in una crisi dalla quale non sempre riuscirà ad uscirne. Quando il sistema proiettivo di coppia si inceppa, i partner smettono di vedersi per quello che sono ma si vedono solamente per quello che si aspettano che siano perdendo la dimensione creativa e causandosi reciprocamente dolori ed incomprensioni. La relazione di coppia, come dice Dicks (1967), è una “relazione terapeutica naturale” che però ha bisogno di costante cura ed attenzione.

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