Articolo scritto dal Dr. Alberto Agnelli
1. Dieci minuti: il tempo per scoprirsi
Dieci minuti sono il tempo minimo che Chiara, protagonista e voce narrante, spende ogni giorno, per trenta giorni, per scoprire una Chiara – o tante “Chiare” – che non aveva ancora conosciuto prima. I dieci minuti sono un compito che la terapeuta della protagonista la invita a eseguire, senza ulteriori indicazioni se non quella di provare a fare qualcosa di mai fatto prima per dieci minuti al giorno per trenta giorni. E così inizia il racconto-diario di questi trenta giorni.
Il linguaggio è semplice e immediato, capace di trasportare il lettore in esperienze emotive diversificate: insieme a Chiara ci interessiamo, ci stupiamo, ridiamo e ci commuoviamo. Ricordo la prima volta che ho letto il libro, ero su un treno diretto in Liguria e mi sono sentito talmente rapito dalla lettura da non aver alzato lo sguardo per tutto il viaggio; le ultime pagine le ho lette sceso dal treno senza nemmeno lasciare la stazione di arrivo – avvertivo la necessità impellente di sapere come andava a finire.
Il compito, apparentemente banale, permette a Chiara di sperimentarsi in attività sconosciute, di giocare con i propri supposti limiti e le proprie rigidità, di fare esperienze nuove e scoprire, quindi, parti di sé che prima di quel momento sembravano anche solo impensabili. La storia di Chiara la si conosce con lo scorrere delle pagine: donna come tante, ma unica a modo suo, sente il mondo caderle addosso a seguito di alcuni avvenimenti, ritrovandosi così a dover ricostruire dove altro non vede se non macerie.
2. Riappacificare parti di sé con la Psicoterapia
La situazione di partenza potrebbe accomunare molte persone, ma quello che ritengo interessante è l’analisi circa il percorso che contraddistingue l’evoluzione emotiva di Chiara. In una sorta di dialogo paziente-terapeuta, assistiamo a un trovarsi e ri-trovarsi della protagonista, il cui dolore non scompare nel nulla ma lascia spazio ad altro – l’inatteso in primo luogo. In un certo senso è come se lo spazio interiore di Chiara, forse proprio grazie al compito assegnatole, aumentasse di dimensione permettendole così di esperire nuovamente altre emozioni oltre a quelle più squisitamente inerenti la sfera depressiva.
Credo sia proprio questo un concetto essenziale per la psicoterapia che il libro esprime in maniera così efficace: il dolore e la sofferenza non sono evitabili, ma come esseri umani, come persone siamo in grado di far fronte a quanto il mondo esterno ci pone innanzi. Abbandonare l’illusione di una realtà che esclude il negativo, lo sgradevole, il doloroso è un passo fondamentale in direzione di una mente equilibrata in grado di “tenere dentro” quanto di evoluzionisticamente ci è stato dato: le emozioni, in tutta la loro semplice complessità. Suppongo che questo concetto possa generare frustrazione – a chi non piacerebbe un mondo senza sofferenza? – ma lo ritengo fondamentale perché una psicoterapia, o un percorso di vita più in generale, possano essere esperiti in tutte le loro potenzialità
In ultima analisi, il messaggio che il libro regala al lettore è un messaggio di pace. La possibilità di riappacificarsi con parti di sé ritenute discordanti esiste e la storia di Chiara ne è un esempio efficacemente raccontato.
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