Articolo scritto dal Dr. Paolo Mazzaferro
1. Una panoramica sulla situazione attuale
La Giornata mondiale delle bambine e delle ragazze è stata istituita dall’Onu e si celebra l’11 ottobre. Tale evento ci dà l’occasione di riflettere sull’attuale situazione divenuta pesante sia dal punto di vista delle pari opportunità, sia da quello umano.
Bambine e giovani ragazze in tutto il mondo hanno subito conseguenze negative dovute agli effetti sanitari e sociali della pandemia: si è purtroppo riscontrato un aumento dei casi di violenza domestica, abbandono scolastico e discriminazioni. Riguardo agli episodi di violenza domestica, possiamo dire che in Italia, nel 2020, le vittime minorenni di maltrattamenti contro familiari e conviventi sono aumentate del 13% rispetto al 2019: i minori vittime di violenze in famiglia che hanno richiesto l’intervento delle forze dell’ordine sono 2.377, di cui 1.260 bambine. Si sono registrati aumenti anche dei reati telematici (+13,9%) e della detenzione di materiale pedopornografico (+14%). Dai dati raccolti dal Servizio analisi criminale della direzione centrale della Polizia criminale, emerge che c’è una marcata differenza di genere: il 65% dei casi vede bambine e ragazze vittime di reati, con picchi dell’89% nei casi di violenza sessuale aggravata, dell’88% per violenza sessuale e del 53% dei casi di maltrattamento in famiglia.
Sembra quasi che nel “Mondo Occidentale” ci sia stata una regressione di una ventina d’anni rispetto alle grandi conquiste fatte nella lotta per ottenere equità sociale e pari opportunità. Un altro dato che evidenzia un peggioramento della condizione delle bambine è quello dell’abbandono scolastico: nel Mondo, il numero di giovani che non torneranno a scuola è stato stimato tra gli 11 ed i 20 milioni. Questo dato lascia presagire che ci saranno effetti catastrofici sia nel mondo del lavoro, sia sulla situazione economica futura. Si pensa infatti che, viste anche le grandi difficoltà economiche in cui versano molte famiglie, le ragazze vengano fatte rimanere in casa per badare ai propri fratelli e per svolgere le faccende domestiche in assenza dei genitori che devono lavorare. Se tutto questo è vero, diventa impossibile garantire alle bambine gli stessi diritti dei bambini che, contrariamente a loro, vanno regolarmente a scuola raggiungendo così un livello d’istruzione mediamente sempre più alto. Da questo fenomeno di dispersione scolastica deriva un altro dato: a causa della pandemia, è aumentato il numero di Neet, giovani tra i 20 ed i 34 anni d’età che non lavorano, non sono iscritti all’università e non sono impegnati in altri percorsi formativi. Questo è un fenomeno prevalentemente femminile: nel 2020 il 21,5% delle ragazze tra i 20 e i 34 anni faceva parte di questa categoria, contro il 13,8% dei maschi.
Non va meglio alle ragazze laureate ed inserite nel mondo del lavoro: la loro situazione lavorativa è peggiore rispetto a quella dei coetanei maschi, infatti sono meno occupate, hanno meno contratti a tempo indeterminato e guadagnano meno. Le ragazze rischiano di essere escluse dal mondo del lavoro nel lungo periodo, perché spesso le loro sono professioni che verranno automatizzate in futuro e perché accedono più difficilmente alle discipline Stem (acronimo inglese che sta per scienze, tecnologia, ingegneria, matematica).
Nonostante il quadro appena descritto, la situazione attuale in Occidente può definirsi ancora sotto controllo dal punto di vista dei diritti umani.
In Africa ed in Asia invece la situazione delle bambine è molto più complessa: la pandemia ha fatto riemergere ed accrescere di nuovo tutte quelle situazioni che con il tempo avevano registrato un calo esponenziale dei propri numeri, come ad esempio i matrimoni combinati subiti dalle bambine in giovanissima età e le gravidanze indesiderate. Il lock down ha portato anche allo stop dei programmi di contrasto delle mutilazioni genitali femminili. Si stima che nei prossimi 10 anni il numero di spose bambine aumenterà di 10 milioni e che ci sarà un aumento del 65% delle gravidanze indesiderate.
2. Il mondo come motore di possibilità?
Ci chiediamo: chi sono i veri protagonisti della scena? Chi potrebbe mettere le bambine nelle condizioni ideali per poter compiere questo “salto” verso nuove possibilità di esistere e di raccontarsi? È chiaro che un ruolo fondamentale oggi lo giochino le Istituzioni, avendo esse la possibilità di creare sempre maggiori momenti di confronto sui temi cruciali sopra citati. Quali sono oggi le competenze necessarie per proporre un cambio di passo tangibile circa le questioni legate alla violenza domestica, l’abbandono scolastico e le discriminazioni di genere? Sono quelle legate al ruolo di cittadino, ovvero colui che esercita attivamente competenze di cittadinanza su tre livelli:
- Il “sapere” e “saper pensare”, che permette di sviluppare una cittadinanza riflessiva attraverso libertà, uguaglianza, tolleranza e solidarietà. Stella polare circa questo primo punto è la conoscenza delle Istituzioni pubbliche e delle regole di libertà e di azione;
- “Saper essere”, cioè vivere la cittadinanza mettendo a sistema in modo sempre più efficace le regole democratiche e la sensibilità verso i valori ed i diritti umani;
- “Saper fare”, cioè prendere decisioni a livello sociale in modo attivo, assumendosi impegno e responsabilità.
Come queste competenze agiscono sul problema relativo alle bambine e giovani ragazze? Conoscere il mondo vuol dire anche avere la possibilità di inferire su di esso in modo attivo ed efficace e direzionando i propri sforzi verso un obiettivo.
Constatare che nel nostro Paese possano ancora esistere casi di violenza domestica rende necessario osservare e, successivamente, analizzare la situazione attuale, per poi comprendere quale sia l’esigenza che oggi dovrebbe muovere i nostri intenti. Oltre alla protezione delle persone che non hanno alternative tali da permettere loro di vivere in altri contesti, dovremmo soffermarci sul come intendiamo oggi la figura della bambina ed in generale della donna. Probabilmente ci siamo persi, nel corso del tempo, un passaggio fondamentale che oggi ricade sul sociale, con conseguenze devastanti: sappiamo cosa sia “giusto” ma non sappiamo COME fare le cose “giuste”. Abbiamo ipersemplificato la realtà soffermandoci solo ed esclusivamente sulla prima competenza da cittadini, ovvero il “sapere”, non riuscendo poi ad arrivare al “saper fare”. Sappiamo che è giusto non maltrattare le bambine, sappiamo come sia indispensabile permettere loro di frequentare la scuola, ma non abbiamo competenze su come possiamo creare queste possibilità all’atto pratico.
3. Dal “sapere” al “saper fare”
La sempre più veloce trasformazione del nostro contesto culturale ci ha permesso di inglobare via via nuovi modelli, nuovi riferimenti e visioni alternative alle nostre.
Inglobare, non costruire.
Come costruire quindi nuove possibilità di esistere ad una bambina che potenzialmente/praticamente potrebbe subire violenze domestiche? La risposta è: permettendo innanzitutto alla Società che la circonda di conoscere il contesto in cui abita, di fornire al singolo elementi su cui riflettere, con l’obiettivo di riuscire ad anticipare COME il movimento interattivo di ognuno di noi porti necessariamente conseguenze all’altro; in secondo luogo, direzionando questo movimento, diventando sempre più esperti del COME (anche in questo caso) l’altro si muove insieme a noi, e sentirsi quindi attivi nel processo di cambiamento a livello macro; in ultimo, prendendosi carico dell’altro come “parte necessaria per la costruzione del proprio ruolo di cittadino”, ovvero come colui che legittima il ruolo del singolo e permette di criteriare efficacemente ciò che ognuno di noi fa. Quest’ultimo passaggio è necessario per replicare movimenti virtuosi che si riflettano poi anche nella legittimazione del ruolo di bambina della nostra società.
In mancanza di questi passaggi, ci ritroveremmo (come ora) in un paradosso, come nell’esempio di un’espressione matematica di cui sappiamo che il risultato è esatto ma non abbiamo la minima idea di come ci siamo arrivati. È replicabile il movimento? È possibile criteriarlo? Possiamo dire di aver acquisito competenze circa il “sapere” e “saper fare”?
Queste sono le nuove sfide che ci aspettano e che permetteranno anche alle bambine e, più in generale, alla figura femminile di trovare spazio in modo paritario nel mondo, spazio che non sarà “dato perché giusto” ma co-costruito all’interno delle nuove conoscenze e possibilità che, come cittadini, metteremo tutti a disposizione.
Se questo articolo ti ricorda qualcosa della tua storia, chiedere aiuto ad un professionista può essere necessario nel definire e co-costruire una nuova identità.
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