Articolo scritto dalla Dr.ssa Giulia Baldini
1. Il lutto: cos’è?
Il lutto è considerato un evento importante che può mandare in crisi il normale funzionamento psicologico di una persona e precedere l’esordio di disturbi mentali come depressione, disturbo post-traumatico da stress, ipocondria, panico. Il lutto, per quanto doloroso, è considerato una risposta istintiva e da non medicalizzare anche quando altera l’equilibrio emotivo di chi lo subisce. Le reazioni da lutto, soprattutto nella prima fase, possono essere accompagnate da sentimenti di profonda tristezza e nostalgia, di perdita irrimediabile, dall’emergere in modo automatico di ricordi della persona scomparsa e da un ripiegamento sul proprio dolore. L’intensità di questi sintomi è tanto maggiore quanto più intenso era il legame con il defunto.
2. Il disturbo da lutto persistente complicato
Solitamente, queste manifestazioni evolvono con il trascorrere del tempo, riducendosi in pervasività e intensità ma esiste una percentuale di popolazione che incontra difficoltà nell’elaborazione dell’evento sviluppando una condizione psichica patologica. Nonostante questa sovrapposizione, la depressione e il lutto complicato sono disturbi distinti: nel lutto complicato c’è un intenso desiderio e nostalgia per la persona perduta che non è invece tipico della depressione. Nel lutto la riconciliazione con la persona morta cancellerebbe la sofferenza mentre nella depressione maggiore non vi è soluzione e tale disturbo è maggiormente associato ad uno stato generale di rallentamento e inibizione psicomotoria. Questo disturbo è stato inserito nell’ultima edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5) con il nome di “disturbo da lutto persistente complicato”. Per poter fare tale diagnosi i sintomi devono essere presenti dopo 12 mesi dalla perdita.
3. Cosa rende un lutto complicato?
Il lutto è qualcosa per cui chi lo sperimenta attribuisce un significato personale che determina reazioni emotive e comportamentali; l’evento risulta grave nella misura in cui minaccia scopi personali.
Accettare la perdita significa:
- Rappresentarsi la perdita
- Rappresentarsi l’irrimediabilità della perdita
- Integrare la perdita nella propria rappresentazione del mondo
- Investire su nuovi scopi
Quando si subisce una perdita si sbloccano una serie di reazioni fisiologiche che costituiscono il processo di accettazione della perdita.
Bowlby e Parkes individuano 4 fasi del lutto:
- incredulità
- speranza/ protesta
- Disperazione/disorganizzazione
- Accettazione
In alcuni casi accade di subire un blocco di questo processo che non conduce ad un’accettazione, la mente non rinuncia al bene o all’obiettivo e assume che non ci sia speranza di recuperarli mantenendo lo scopo attivo del “perdere il meno possibile” ovvero non perdere del tutto ciò che già è perduto disinvestendo su tutto il resto.
Il Modello cognitivo di Bolen, Van den Hout sostiene che si sperimenta il lutto complicato quando:
- la persona non accetta pienamente che la morte della persona cara è un fatto irreversibile
- la perdita si associa a cognizioni negative su sé, sulla propria vita, sul futuro
- la persona mette in atto l’evitamento di tutti gli stimoli interni ed esterni che ricordano la realtà della perdita
- la persona evita o comunque non riprende le attività che faceva prima
4. Il trattamento del Lutto Complicato
Il lavoro terapeutico consiste prevalentemente nel promuovere il processo di elaborazione del lutto con l’obiettivo, in una fase finale, di arrivare all’accettazione dell’evento della perdita, prendendo atto di un qualcosa che non si può modificare. Infatti gli ostacoli al processo di accettazione si originano generalmente dal trattare la perdita come una questione ancora aperta, potenzialmente modificabile. L’obiettivo della psicoterapia sarà dunque quello di aiutare la persona a togliere alla perdita la connotazione di “evento modificabile”, accettando l’irrimediabilità dell’accaduto e promuovendo un lavoro di riorganizzazione di sé e dei propri scopi di vita.
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