Articolo scritto dal Dr. Andrea Galleschi
Il disturbo ossessivo compulsivo (DOC) è una condizione clinica molto frequente che se non viene trattata in maniera adeguata tende ad aggravarsi e a cronicizzare. La psicoterapia è molto efficace nel gestire e trattare il DOC, soprattutto la combinazione tra la terapia comportamentale e quella cognitiva. Il metodo in quattro fasi di Schwartz, ideato e sviluppato proprio a partire dai fondamenti teorici della terapia comportamentale, è stato pensato per aiutare chi soffre di DOC ad autogestire efficacemente la sua sofferenza. Vediamo come, passo per passo.
1. Il cervello “bloccato”
Quando si presenta, un’ossessione assume sempre un significato di eccessiva importanza o urgenza che può facilmente portare a sperimentare delle intense emozioni di ansia, vergogna, disgusto o disagio. La comparsa di queste idee o pensieri (ossessioni), in associazione a emozioni “sgradevoli”, sono sempre accompagnate dal tentativo di resistervi attraverso la messa in atto di azioni o rituali (compulsioni). Secondo Schwartz il disturbo ossessivo compulsivo sarebbe correlato a un problema di tipo biochimico capace di creare una vera e propria disfunzione cerebrale in cui il cervello invia lo stesso messaggio a piccoli intervalli di tempo. La persona che ne soffre rimarrebbe quindi “bloccata” in un loop di messaggi e di azioni ripetitive. Il metodo in quattro fasi è stato ideato da Jeffrey Schwartz docente alla UCLA (University of California), proprio per interrompere questo circolo e permettere al cervello di sbloccarsi. Si tratta di una terapia auto gestita basata sulla tecnica comportamentale dell’esposizione con prevenzione della risposta che, secondo Schwartz è in grado di modificare le disfunzioni chimiche del cervello curandone il disturbo.
2. L’esposizione e la prevenzione della risposta
La tecnica comportamentale più usata per il trattamento del disturbo ossessivo compulsivo è l’esposizione e prevenzione della risposta. Questa tecnica è risultata molto efficace per la cura del DOC. L’esposizione graduale allo stimolo ansiogeno, grazie al principio di abituazione (fisiologica attenuazione dell’ansia al passare del tempo) e all’interruzione delle strategie di evitamento, favorisce la diminuzione dell’ansia fino alla sua completa estinzione. La tecnica della prevenzione della risposta, invece, consiste nell’imparare a rimandare, fino a sospendere definitivamente, i soliti comportamenti compulsivi messi in atto in risposta alle ossessioni e a sostituirli con comportamenti nuovi e più funzionali.
3. Le quattro fasi
Questo metodo auto terapeutico è costituito di quattro fasi e permette sia di comprendere la natura del disturbo ossessivo compulsivo sia di iniziare a contrastarlo. L’obiettivo è quello di applicarsi quotidianamente e con impegno in ognuna delle seguenti fasi:
- Ridefinire
- Riattribuire
- Rimettere a fuoco
- Riconsiderare
3.1 Ridefinire
Questa fase risponde alla domanda: “che cosa sono questi pensieri che mi assillano?” e ha come obiettivo quello di prestare attenzione e di imparare a riconoscere le ossessioni e le compulsioni. Un pensiero è solo un pensiero e un comportamento è solo un comportamento. È necessario prestare molta attenzione a cosa ci passa per la mente e a quali soluzioni siamo spinti a mettere in atto, cercando di ridefinirle come ossessioni o come compulsioni. Ad esempio: “Non credo davvero di aver lasciato il gas aperto, ma ho solo l’ossessione di averlo fatto”; “Non sento davvero di aver bisogno di controllare di aver chiuso il gas”. È importante impegnarsi in questa fase in maniera costante, ricordando che i pensieri ossessivi sono solo falsi allarmi e i comportamenti false soluzioni.
3.2 Riattribuire
La seconda fase risponde alla domanda: “perché le ossessioni e le compulsioni non spariscono?” e lo scopo è quello di ricordarsi che ossessioni e compulsioni sono causate da un disturbo vero e proprio.
Come suggerisce Schwartz: “Non sono io… è il mio DOC”. Ricordare costantemente che le ossessioni e le compulsioni sono solo manifestazioni del disturbo ossessivo compulsivo permetterà più facilmente di prendere consapevolezza del fatto che solo perché il nostro cervello ci manda un messaggio non significa che questo sia vero. Questo aiuterà anche a non mettere in atto comportamenti disfunzionali nel vano tentativo di rispondere a un falso pericolo.
3.3 Rimettere a fuoco
La terza fase risponde alla domanda: “come faccio a reprimere l’impulso a fare le compulsioni?” e ha lo scopo di eseguire un vero e proprio “cambio di marcia”. In questa fase è richiesto un impegno molto consistente. Rimettere a fuoco significa scegliere attivamente di non eseguire la compulsione e di sostituirla invece con un’azione più funzionale e più piacevole. Ad esempio, invece di mettere in atto un rituale di lavaggio è possibile scegliere attivamente di leggere un libro o ascoltare musica o uscire a fare una passeggiata. Quanto più si fa pratica, tanto più facile diventa.
3.4 Riconsiderare
La quarta fase è l’acquisizione della consapevolezza che un pensiero ossessivo di per sé non ha alcun significato e che quindi non ha alcun senso preoccuparsi o sentirsi in colpa per questo. La quarta fase è la risultante del lavoro fatto con le tre precedenti e il risultato finale sarà quello di riuscire a ignorare sia i pensieri ossessivi, sia gli impulsi a mettere in atto le compulsioni.
Conclusioni
Questo metodo, pensato come una serie di strategie di auto aiuto, è in grado di apportare notevoli miglioramenti per la gestione della sintomatologia del disturbo ossessivo compulsivo, ma è doveroso sottolineare come la guida di un terapeuta esperto, al fine di trattare in maniera definitiva il DOC, sia sempre la scelta più consigliabile.
Se ti ritrovi nelle caratteristiche di questo disturbo e non sai come affrontarle, parlarne con un professionista è importante.