Articolo scritto dalla Dr.ssa Pardo Francesca
Il dramma della guerra e della conseguente migrazione forzata dal proprio paese d’origine, associato al senso di smarrimento e di insicurezza verso la vita, rappresenta un elemento traumatico molto potente.
In questi contesti drammatici può accadere che bambini ed adolescenti, come risposta difensiva, cadano in un sonno profondo dal quale sembra impossibile svegliarsi.
Si parla, in questi casi, di “sindrome della rassegnazione”: è un vero e proprio stato dissociativo, che necessita di molto tempo per risolversi.
1. Sindrome della rassegnazione: che cos’è
La sindrome della rassegnazione (chiamata anche sindrome da ritiro traumatico, o addirittura sindrome della bella addormentata), è una condizione psicologica che porta a uno stato di riduzione della coscienza.
E’ stata descritta per la prima volta in Svezia negli anni ‘90, quando molti figli dei richiedenti asilo provenienti dai paesi dell’ex Unione Sovietica, dalla Jugoslavia e dalla Siria, in seguito al rifiuto della richiesta di asilo, cadevano in un sonno profondo.
Solo nel 2014 questa sindrome è stata inserita nella versione svedese dell’ICD-10 come correlata ad un disturbo da Stress Post-Traumatico e/o depressivo.
Attualmente questa sindrome risulta essere ancora poco conosciuta, ma per approfondirla maggiormente è possibile informarsi tramite il documentario Netflix “Sopraffatti dalla vita”.
2. Sindrome della rassegnazione: come riconoscerla
La sindrome da rassegnazione è una condizione progressiva.
Inizia con la comparsa di irritabilità e con l’allontanamento dal mondo: chi ne soffre inizia a chiudersi in sé stesso.
Si manifesta un disinteresse per le attività abituali come la scuola e il gioco, e si diventa apatici. Successivamente c’è una regressione delle funzioni primarie: si smette di camminare, parlare, mangiare, e di conseguenza, si diventa deboli, si manifestano enuresi ed encopresi fino ad arrivare alla condizione di profondo torpore e incoscienza.
Generalmente questa condizione insorge tra gli 8 a 15 anni.
Secondo Cohen, la sindrome della rassegnazione è sempre correlata a un pregresso disturbo post traumatico da stress (soprattutto nei maschi) e/o a depressione (soprattutto nelle femmine).
La sindrome si manifesta all’inizio con i sintomi tipici di una depressione:
- apatia, letargia;
- isolamento;
- mancanza di interesse per qualsiasi cosa.
Successivamente si manifesta un’evoluzione che può condurre a 2 tipologie di sintomi:
- Sintomatologia di 1° grado: i bambini mostrano qualche risposta quando si parla loro, camminano con supporto, rispondono ai comandi e si nutrono con un cucchiaio;
- Sintomatologia di 2° grado: i bambini non hanno alcuna reazione al tatto, al suono, al dolore o al calore. Possono essere presenti anche tachicardia, temperatura elevata, sudorazione ed iperventilazione.
Quando si manifesta la sintomatologia di 2° grado, il bambino viene ricoverato in ospedale perché le sue condizioni mediche rappresentano un pericolo per la sua sopravvivenza: non riuscendo a bere o a mangiare è necessario introdurre l’alimentazione con il sondino.
Questa sintomatologia può durare per mesi o anche anni, a seconda delle persone, e ad un certo punto regredisce fino a scomparire senza lasciare alcuna conseguenza né fisica né psicologica.
La sindrome della rassegnazione è una condizione reattiva, ossia è una reazione a un fattore esterno. Infatti, non si tratta di una malattia che esiste di per sé, ma è una risposta innescata in seguito ad eventi traumatici.
3. Sindrome della rassegnazione: le cause
I bambini colpiti dalla sindrome della rassegnazione sono sempre vittime di traumi fisici e psichici per lo stato continuo di pressione, allerta e paura in cui vivono e per la perdita di speranza verso il futuro.
Come abbiamo detto, questa condizione è maggiormente diffusa tra i figli dei richiedenti asilo: al trauma della guerra e della conseguente fuga, segue un altro trauma: il rifiuto della richiesta di asilo nel nuovo paese, che permetterebbe loro di ritrovare la serenità.
Questa paura estrema ed inaffrontabile viene trasferita sul corpo.
Convivendo con sentimenti di disperazione ed impotenza di fronte ad uno stress inevitabile, il bambino dorme per sfuggire ad una realtà terribile e intollerabile.
In queste situazioni, i bambini sembrano arrendersi o rassegnarsi a una situazione opprimente per affrontarla con un profondo ritiro dalla realtà.
Questi bambini non evitano volontariamente lo stimolo: c’è un’assenza assoluta della capacità di rispondere a qualsiasi stimolo.
Negli ultimi anni sono stati molti i bambini che hanno sviluppato questa sindrome a causa del covid e del periodo di isolamento durante il lockdown: anche in Italia ci sono bambini in cura con questa diagnosi.
Ovviamente chi presenta la sindrome di rassegnazione ha sintomi molto più gravi di quelli post- covid, ma ci sono delle somiglianze: in comune c’è il rifiuto della sofferenza e il conseguente ritiro dal mondo.
Infatti molti bambini, a causa del covid, sono caduti in uno stato di torpore, con una totale incapacità di rispondere a qualsiasi stimolo, e nei casi più gravi, anche questi bambini devono essere nutriti con un sondino.
4. Terapia psicologica per la sindrome della rassegnazione
Parliamo infatti di una condizione medica che coinvolge diversi piani: neurologico, psichiatrico, psicologico e sociale.
Solo un approccio multidisciplinare permette di superare questa grave condizione.
Questi bambini ed adolescenti vengono innanzitutto sottoposti ad una valutazione completa per verificare il livello di sviluppo cognitivo ed emotivo, passando anche per analisi mediche volte ad escludere cause legate ad altri fattori.
Sulla base di questa valutazione si cerca di intervenire con approcci non farmacologici, ai quali si accede solo nei casi più gravi.
Il trattamento della sindrome della rassegnazione nella fase più grave si basa innanzitutto sul mantenimento in vita del soggetto in stato di torpore: si assicura un supporto nutrizionale mediante sondino nasogastrico, la reidratazione endovenosa ed il controllo delle funzioni corporee.
Sin dall’inizio, però, la cura è anche psicologica: si fornisce, infatti, un supporto individuale e familiare, che si estende anche alla sfera sociale e al reinserimento graduale nel mondo esterno.
A questi bambini e alle loro famiglie va offerta la possibilità, tramite la psicoterapia individuale e familiare, e tramite un percorso di parent-training con i genitori, di rielaborare le emozioni negative associate all’esperienza traumatica e di reinserirsi stabilmente all’interno del nuovo ambiente potendo disporre di adeguate opportunità sociali ed economiche.
Il supporto sociale è da fornire non solo al soggetto colpito dalla sindrome della rassegnazione, ma anche alla sua famiglia, soprattutto nella fase più grave.
Spesso, nei casi degli immigrati in attesa di asilo, la guarigione arriva dopo che le famiglie si sentono al sicuro con il permesso di soggiorno, anche se i miglioramenti si notano dopo alcuni mesi, quando i genitori comunicano attraverso il tatto e la voce a questi ragazzi la loro permanenza definitiva e pian piano alcuni di loro iniziano a rispondere nuovamente agli stimoli e ad uscire dallo stato di torpore riprendendo in mano la loro vita.
Conclusione
La sindrome della rassegnazione si basa su uno shock e una difficoltà ad accogliere un cambiamento radicale: colpisce per lo più bambini e adolescenti tra gli 8 e i 15 anni che in un momento improvviso della loro vita, in seguito ad un trauma, cadono in uno stato di torpore che, nei casi più gravi, li porta a non svegliarsi, a non rispondere agli stimoli esterni e a nutrirsi tramite un sondino.
I sintomi riportati possono includere torpore, malnutrizione, ritiro sociale ed emotivo e scarsa responsività agli stimoli esterni.
Bisognerebbe tenere sotto controllo alcuni sintomi importanti: il mutismo, l’isolamento e il rifiuto di uscire dalla propria camera, l’impassibilità di fronte a stimoli esterni come attività piacevoli o cibi graditi.
Inoltre è necessario fare attenzione a tutte le situazioni in cui il bambino mostra una regressione rispetto alle capacità di base precedentemente acquisite.
Un terapia individuale e familiare di approccio sistemico-relazionale, nonché un percorso di parent-training per i genitori può aiutare ad uscirne.
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