Articolo scritto dalla Dr.ssa Ledi Miotto
Era il 31 dicembre 2019 quando la Cina comunicava al mondo la diffusione di un nuovo virus “Sars-Cov-2” che avrebbe di lì a poco rivoluzionato completamente il nostro modo di vivere, pensare e lavorare. E proprio nel nostro modo di lavorare è entrato lo Smart Working. Lo Smart Working non è sicuramente un argomento recente, se ne parla da diversi anni ma le necessità derivate dalla pandemia che ci ha colpito lo ha reso immediato e reale, nella quasi totalità dei settori, con il lock-down.
1. Che cos’è realmente lo Smart Working?
lo smart working viene accostato al telelavoro, alla possibilità di lavorare da casa oppure alla necessità di rinnovare il proprio ufficio, creare spazi aperti e posti di lavoro flessibili. Tutto ciò è in parte corretto ma non rende giustizia al concetto, infatti è tutto questo e molto di più. Lo smart working nasce come una filosofia basata sul restituire autonomia alle persone sui luoghi, tempi e modalità di lavoro a fronte di una loro responsabilità sui risultati ed implica quindi una rivoluzione della mentalità del lavoro stesso.
Per comprendere meglio questi concetti facciamoci aiutare da tre aspetti: le cosiddette 3B, Behaviours, Bytes e Bricks.
Behaviours, i comportamenti. Nello Smart Working possiamo dire addio ai classici orari d’ufficio e affidarci agli obiettivi concreti da raggiungere. La regola è ottenere i risultati previsti nei tempi prefissati, al massimo della qualità. Di conseguenza, un lavoratore smart (smart worker) deve essere responsabilizzato ed educato alla gestione del tempo. L’elemento chiave è la fiducia, non il controllo.
Bytes, cioè la tecnologia. Oggi un’azienda può avvalersi di ambienti tecnologici formidabili che incentivano lo smart working. Si tratta quasi sempre di strumenti collaborativi, molti anche gratuiti, che consentono di essere sempre connessi. La tecnologia quindi al servizio del lavoro.
Bricks, ovvero gli spazi fisici, il layout dell’ufficio. La mentalità collaborativa si sposa meglio con gli open space che con le postazioni fisse. Non è importante dove lavori, ma quanto l’ambiente intorno a te è confortevole. Al parco, in un coworking, da casa … si lavora in base alle proprie esigenze e obiettivi.
2. È quello che abbiamo davvero vissuto durante il lockdown?
Direi proprio di no! Tutti noi, chiamati da esigenze impellenti, abbiamo dovuto cambiare il nostro modo di lavorare, adattandoci a situazioni e contesti non pronti a quanto accaduto. Abbiamo lavorato da casa, in ambienti improvvisati e spazi condivisi, sicuramente poco “smart”. Ci siamo ritrovati ad essere manager o professori nello stesso tavolo dove mangiamo o giochiamo, con vicino i nostri figli in DAD. Abbiamo sofferto l’inesperienza, le difficoltà tecnologiche, le difficoltà di connessione e pratiche di un futuro anticipato che non avevamo mai neppure immaginato. Quello che abbiamo passato e vissuto non si può definire smart working, le difficoltà sono state tante e, non ultimo, derivate da una situazione di paura e incertezza totali.
3. Analisi del fenomeno
Cosa si sa dello smart working? Uno studio sul fenomeno condotto prima della pandemia dal Centro Dondena su una grande azienda Milanese ha dimostrano che la flessibilità aumenta la produttività dei lavoratori, riducendo i giorni di congedo richiesti e accrescendo il rispetto delle scadenze e la concentrazione, migliora quindi il benessere e l’equilibrio tra lavoro e vita personale, incrementando il sonno e aumentando la soddisfazione del lavoratore. Qualcosa ovviamente si perde soprattutto nelle interazioni con i colleghi: si pensi per esempio alle pause caffè di fronte alle macchinette. E’ chiaro quindi che le potenzialità potrebbero essere notevoli se colte e gestite in maniera ottimale con un ripensamento al concetto di lavoro stesso e con manager in grado di traghettare i lavoratori verso questo futuro prossimo.
4. Il futuro
Diciamo che la strada è aperta, la pandemia ha dato un’accelerata ad un processo già in corso ma, chiaramente, non tutto può essere fatto in smart working. Bisognerà innanzitutto capire quali attività possano essere svolte in smart working, inoltre bisognerà individuare l’equilibrio migliore tra giorni di lavoro a casa e quelli in sede. Inoltre bisognerà prestare attenzione all’aspetto della socializzazione, ai lavoratori più fragili. Insomma le sfide sono ancora tante così come le opportunità.
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