Articolo scritto dalla Dr.ssa Anna Marchesi
1. Cos’è la solitudine
Solitudine: Esclusione da ogni rapporto di presenza o vicinanza altrui (vivere in s.), desiderato o ricercato come motivo di pace o di raccolta intimità (cercare la s.), oppure sofferto in conseguenza di una totale mancanza d’affetti, di sostegno e di conforto (sentire il peso della s.).
Cosa significhi essere soli e cosa faccia sì che alcune persone riescano a vivere serenamente i momenti di solitudine, mentre altre la trovino insopportabile, è una tematica che da sempre accompagna gli esseri umani e nel corso dei secoli è stata affrontata in diversi ambiti culturali, dalla letteratura alla poesia, alla musica e all’arte.
Il sentimento di solitudine, sentirsi soli, non si lega necessariamente all’essere isolati, non avere nessuno intorno, ma può essere sperimentato anche in luoghi molto affollati sotto forma di alienazione, diversità o mancanza di contatto, che generano ansia e vergogna, senso di inadeguatezza agli occhi degli altri, ma soprattutto di se stessi.
Spesso non è facile parlare con gli altri di questo argomento, che pare incutere timore e mettere sulla difensiva. Nella nostra società, infatti, la solitudine viene stigmatizzata e patologizzata, ce ne si difende in tutti i modi, dalla ricerca forzata di una compagnia all’anestetizzazione fornita dalla televisione, dalle serie tv su Netflix o dai videogiochi, al mondo virtuale dei social network, alle più svariate dipendenze. Un’illusione di interconnessioni che prende il posto dei veri legami. A fronte di tutto questo, gli individui appaiono esteriormente sempre più connessi, ma le persone si sentono sempre più sole.
Da un altro punto di vista, quello della solitudine degli individui all’interno della società viene ritenuto un problema sempre più attuale in quanto è evidente una mancanza di solitudine, intesa come uno spazio e un tempo in cui evadere dalle continue sollecitazioni che ci circondano, recuperare le energie e prendersi cura di se stessi.
2. La solitudine nella società
La solitudine degli individui nella nostra societàè un tema di fondamentale importanza, che in letteratura viene analizzato da due punti di vista, in un certo senso opposti e complementari.
Da un lato, si parla di questo problema facendo riferimento al crescente senso di solitudine, intesa come isolamento e fonte di sofferenza, sperimentato dagli individui. In Italia, secondo una ricerca realizzata dall’Istituto Europeo di Statistica, un italiano su otto si sente solo perché non ha nessuno a cui chiedere aiuto, o perché non ha nessuno con cui sente di poter parlare dei suoi problemi.
Le interazioni costanti e forzate, ma superficiali, accentuano la sofferenza del senso di solitudine. Le relazioni virtuali rassicurano dando l’illusione di un contatto, ma non lasciano spazio per relazioni reali. Paradossalmente, grazie agli acquisti online, le consegne a domicilio, le serie tv in streaming e i social network, un cittadino di una grande metropoli può non avere la necessità di uscire di casa e incontrare altre persone anche per lunghi periodi di tempo.
Dall’altro lato, si fa riferimento alla mancanza di solitudine, intesa come la difficoltà di ritagliarsi spazi e momenti in cui godere dello stare soli con se stessi ed esplorare la propria interiorità, come la difficoltà a prendere le distanze dal falso senso di pienezza, che deriva dall’essere costantemente immersi negli aspetti materiali, nelle attività frenetiche e nelle preoccupazioni della vita quotidiana contemporanea.
L’individuo può sentire allora il bisogno di solitudine e di silenzio come fuga, alla ricerca di una vita assorta e interiore, un tempo per sé, per concentrarsi sulla propria dimensione personale.
Il problema può essere letto quindi sia come un eccesso di solitudine, sia come una mancanza della stessa. Ciò è possibile in quanto dipende dal significato che viene attribuito a questo termine, che può contenere una grande pluralità di sfumature.
3. Cosa differenzia la solitudine vissuta negativamente, come isolamento, dalla solitudine positiva e creativa?
Lo psichiatra Eugenio Borgna, nel suo testo “La solitudine dell’anima”, chiarisce la differenza tra isolamento e solitudine, tra la paura e la ricerca dell’essere soli. Egli sostiene che si debba distinguere tra una solitudine interiore, creatrice, e la solitudine negativa, vissuta come isolamento, che oggi tende a dilagare. Egli la descrive come una solitudine svuotata di interiorità e inaridita, a causa dei valori dominanti della società di oggi come individualismo, separatezza e mancanza di una comunicazione autentica.
Poiché nella nostra cultura predomina una visione per la maggior parte negativa della solitudine, di cui vengono evidenziati gli aspetti pericolosi e di ombra, è fondamentale riuscire a cogliere e coltivare uno sguardo positivo su di essa, che ne colga l’importanza evolutiva e la necessità individuale.
Ogni esperienza di solitudine, in quanto esperienza interiore, ha una sua peculiarità psicologica fatta di sensazioni, dinamiche psichiche e vissuti interni. Così come salute e patologia possono essere descritti come i due poli di un continuum, una linea retta, sulla quale essi si sfumano l’uno nell’altro senza un reale punto di demarcazione, è possibile rappresentare i concetti di solitudine e isolamento allo stesso modo. Ogni persona, nel tempo e in differenti momenti della propria vita, si può collocare in punti diversi di questo continuum, in base all’interazione tra elementi del mondo interno ed esterno.
3.1 Solitudine come isolamento
Nonostante sia circondata da un alone romantico, sempre più spesso la solitudine viene vissuta come qualcosa che spaventa, da cui fuggire: quasi sempre la solitudine e il silenzio sono percepiti solo come assenza e mancanza, come un vuoto che deve essere riempito in fretta e con qualsiasi cosa. Tale paura dipende dal fatto che, nella nostra tradizione occidentale, il vuoto viene identificato con il nulla della morte.
Parlare della solitudine significa infatti anche entrare in contatto con l’isolamento causato dal dolore, dal lutto, dalla malattia fisica o mentale, o anche con il senso di vuoto e mancanza generato dall’incomprensione, dal sentirsi diversi dagli altri, dal non riuscire a comunicare, così come con l’inquietudine e il male di vivere.
Mentre nelle esperienze di solitudine interiore si continua a essere aperti a ciò che ci circonda ed è presente la nostalgia della relazione con l’altro, nell’isolamento questo aspetto viene meno e si è chiusi in se stessi, ci si allontana dal mondo e l’indifferenza e il rifiuto di ogni comunicazione prevalgono sulla speranza. La condizione di isolamento può essere causata da diversi fattori, come la perdita di relazioni sociali significative, conflitti interni individuali che portano a un volontario distacco dal mondo, malattia del corpo o della psiche, come nella depressione, nella psicosi o nell’autismo.
La sofferenza psichica è caratterizzata da depressione e angoscia e la solitudine può esserne causa o conseguenza. È importante cogliere in tempo i segnali di una solitudine negativa, perché essa può lentamente trasformarsi in isolamento attraverso una separazione sempre più grande dagli altri e da se stessi.
3.2 Solitudine creativa
La creatività, nel senso della capacità di coltivare un universo immaginativo interiore, deve essere considerata altrettanto importante delle relazioni interpersonali nel favorire la salute psichica e la ricerca di un senso individuale dell’esistenza. La possibilità di godere di spazi di solitudine può avere effetti positivi sullo sviluppo della creatività. L’immaginazione creativa, inoltre, può svolgere una funzione terapeutica: ripristinare un equilibrio o stabilirne uno nuovo nel proprio mondo interno, a seguito di un evento traumatico, corrisponde a un cambiamento della realtà esterna, e viceversa. Perché tale risposta creativa a un evento doloroso sia possibile, è necessario contattare le proprie risorse interiori e il potere immaginativo.
È necessario quindi recuperare degli spazi di solitudine interiore, considerata come rifugio e non come fonte di angoscia, assegnando a questa dimensione, che è parte dell’essere umano, un nuovo valore.
- G. Jung propone il processo di individuazione come via attraverso la quale il soggetto, inizialmente, prende volontariamente le distanze dal mondo che lo circonda attraversando momenti di crisi e di solitudine, ma infine fa ritorno alla collettività portando la propria ritrovata unicità. Jung infatti riteneva che l’esperienza della solitudine non derivasse dal non avere nessuno con cui parlare, ma dal non riuscire a comunicare agli altri i propri pensieri più intimi e i propri vissuti, il proprio nucleo più profondo e unico. “La solitudine non deriva dal fatto di non avere nessuno intorno, ma dalla incapacità di comunicare le cose che ci sembrano importanti”. La solitudine allora non viene intesa come isolamento, o come via di fuga dalla vita quotidiana, ma come fonte di ricchezza e di introspezione in vista di un ampliamento della personalità.
Un elemento di speranza per chi soffre a causa di una condizione di solitudine è, quindi, la visione di un possibile passaggio da una fase di sofferenza e isolamento, a una fase successiva di rinascita e creatività.
È importante saper riconoscere per tempo le condizioni di isolamento, inteso come chiusura e pericoloso allontanamento dal mondo, per poterle trasformare in esperienze di solitudine, intesa invece positivamente come dimensione in cui si continua ad essere aperti all’esterno e alla relazione con l’altro. La solitudine può rappresentare un bisogno, nel caso in cui sia scelta volontariamente e non subita, e sia transitoria: un bisogno di dedicarsi a sé, di introspezione e autocoscienza, o di elaborazione di vissuti dolorosi e traumatici, che permetta infine di stare meglio con se stessi e con gli altri.