“Special” e “Atypical”: Parlare di Esseri Umani, Diritti e Privilegi

_Special_ e _Atypical__ parlare di esseri umani, diritti e privilegi

Articolo scritto dalla Dr.ssa Sara Zannoni

“Special” e “Atypical”, due serie su Netflix (lo scrivo così spero che andiate a vederle al più presto) molto interessanti, fatte bene, acute e spiritose, che parlano di due ragazzi che hanno una disabilità.  Le due serie ovviamente, proprio perché fatte bene, non si focalizzano solo su questa loro caratteristica, ma fanno conoscere agli spettatori molti aspetti della vita di questi ragazzi, riuscendo a far riflettere su numerosi argomenti. 

Questa loro caratteristica permette però a me adesso di intavolare un articolo che parla delle differenze e delle categorizzazioni in cui la società spesso ci inserisce anche senza il nostro volere. Proverò a parlare di questo argomento molto difficile e ampio, non volendo mettermi al posto di chi conosce molto meglio di me tale argomento, ma con l’intenzione di aprire un dialogo sul tema delle categorizzazioni e infine, dei privilegi che molte persone non sanno di possedere.

Spero di non dire cose troppo sbagliate, né di usare termini offensivi o bigotti, ma neanche di incappare troppo nel politically correct e il mio intento è prima di tutto di vedere questi temi attraverso lo sguardo della terapia della Gestalt, ovvero della terapia con cui lavoro, e secondo, ma non meno importante, di aprire uno spazio di dialogo dentro di me e dentro di voi, per parlare di cose a volte scomode, a volte frustranti, a volte poco conosciute, ma assolutamente necessarie.

1. Special

Special parla di un ragazzo di nome Ryan di 28 anni, omosessuale, che è affetto da una lieve paralisi cerebrale dalla nascita. Ryan ha un rapporto molto stretto con la madre che lo ha cresciuto da sola e i due sono dipendenti l’uno dall’altra. Il percorso di crescita e autonomia di Ryan e il desiderio di intraprendere nuove relazioni amicali ed amorose senza la presenza costante della madre, lo spinge a buttarsi nel mondo del lavoro, ad affittare una casa da solo e ad iniziare ad avere rapporti sessuali con ragazzi. È una serie tv ottima: è spiritosa, emozionante, sincera e innovativa, e tratta argomenti che ci riguardano tutti ma raccontati dal punto di vista di un ragazzo disabile e omosessuale, che deve destreggiarsi in un mondo che lo categorizza e lo incasella non in una ma in ben due categorie da sempre viste dalla massa in modo giudicante e spesso disprezzante. 

2. Categorizzazione

È una serie intelligente e fatta molto bene, una di quelle che quando la vedi, ti apre domande sul mondo, sulla vita, su te stesso. Ognuno di noi viene messo in qualche categoria, e non solo dagli altri e dalla società, ma spesso anche da noi stessi. Ci definiamo in qualsiasi modo, positivamente e negativamente. Facciamo gruppo, ci distinguiamo dalla folla per metterci in un altro gruppo più piccolo, più sicuro, più “accettante”, per sentirsi parte di qualcos’altro, per far parte di qualcosa più grande di noi, per non essere più da soli. Oppure categorizziamo gli altri, per sentirci superiori, per distinguere un noi da un loro, per paura, per ignoranza, per sentirsi più sicuri. Questi meccanismi sono naturali ed umani: la categorizzazione infatti è proprio un meccanismo cognitivo del nostro cervello, usato per convenienza adattiva di risparmio energetico e per l’immagazzinamento delle informazioni. Se non avessimo tale capacità analitica, non riusciremmo a scindere tra le informazioni realmente importanti da dover ricordare e quelle da cestinare, e ci perderemmo nell’oceano di informazioni da cui siamo bombardati. Il cervello, seppur una potenza assoluta, è pur sempre limitato ed è programmato per funzionare al meglio possibile dato l’hardware che si ritrova.

Tornando alla serie, questa tratta temi poco conosciuti alla maggioranza delle persone, almeno che tu non appartenga a una di quelle categorie o che tu non ne abbia una conoscenza diretta. Vengono trattati temi quali la vergogna di una propria caratteristica, la difficoltà di essere accettati nel mondo lavorativo e sociale, le piccole discriminazioni onnipresenti in ogni ambito della vita quotidiana e le difficoltà continue nel farsi vedere come una persona, unica sì nel suo genere, ma non per una sua difficoltà o caratteristica, ma perchè unica e irripetibile, come qualunque altra, e non per forza definibile all’interno di una categoria: del disabile, dell’omosessuale, della grassa, della malata mentale. La vita di Ryan, semplice, normale, non quella di un eroe, fatta di lavoro, amicizie, famiglia, litigi, palestra e aperitivi, diventa la vita di ognuno di noi, una vita che conosciamo bene, che ci è molto affine, eppure, di sottofondo, come una musica molto lieve che non se ne va mai, si percepiscono come macigni, come pesanti spade di Damocle, le difficoltà a cui Ryan deve far fronte ogni giorno della sua vita.

3. Atypical

L’altra serie tv assolutamente da vedere è Atypical, che parla di Sam, un 18enne con autismo, che decide di iniziare il suo viaggio per diventare indipendente, ovvero il percorso di autonomia che lo porterà al suo futuro, fatto di separazione dalle relazioni solo familiari, ricerca di nuovi interessi e scoperta dell’amore. La storia segue anche tutti gli altri personaggi della famiglia di Sam e dei suoi amici e tantissimi sono i rami narrativi che partono da ogni bellissimo personaggio, ma per questa mia trattazione voglio soffermarmi, come per Special, sulla capacità e sulla bravura degli sceneggiatori di questa serie nel farci affacciare alle tematiche della diversità e della ricchezza umana con una leggerezza e nello stesso tempo con una profondità che ancora non avevo trovato. 

Ma perché gli do così tanta importanza direte voi? Beh perchè c’è bisogno di parlarne. C’è bisogno di parlarne e soprattutto di ascoltare chi ne sa di più di noi. C’è un assoluto bisogno di rimanere lì davanti ad uno schermo a vedere quelle serie tv o a leggere alcune interessantissime pagine di instagram di persone che vivono in prima persona la loro diversità e farsi spiegare da loro che cosa significhi avere quella caratteristica, oppure cosa significhi essere discriminati per qualcosa che si è, essere sempre visti in un solo modo e non apprezzati e osservati come un soggetto intero, unico, come una persona integra, senza focalizzarsi solo su una delle loro parti. 

4. Persone Uniche e Irripetibili

Perchè nella realtà dei fatti è invece questo di cui stiamo parlando, di persone. Per la Gestalt ogni persona è unica e irripetibile, è un insieme più grande, più complesso, più interessante della sola somma delle sue parti. Non è una categoria, un bambolotto con un’etichetta, uno slogan per differenziarsi da qualcun altro. Ogni persona è quel che è, è un intero con le proprie caratteristiche, non è mancante in qualche abilità o priva di pezzi, è quel che è nel qui e ora, e solo per questo motivo, ovvero essere tale essere umano, è degna di amore, semplicemente per il fatto di esistere. Il mondo e la società in cui viviamo, come abbiamo già spiegato precedentemente, si basano sulla categorizzazione e sulla differenziazione per semplici motivi biologici di risparmio energetico. Nella psicologia fisiologica e sociale vengono studiati i meccanismi che il nostro cervello mette in atto per attuare ragionamenti e memorizzazioni più semplici e veloci possibili, perchè tutto ciò serve per l’economia del nostro corpo e per un semplice risparmio energetico. Quindi categorizzare e semplificare sono meccanismi estremamente utili e ottimi per il nostro cervello, ma sono gli stessi meccanismi che stanno alla base delle discriminazioni, dei pregiudizi, delle categorizzazioni negative. 

5. E i privilegi?

Per non parlare dei privilegi: durante la visione di queste serie tv, il mio stomaco ha sussultato più volte, annodandosi, contraendosi, cercando di comunicarmi vari sintomi di disagio ai quali non riuscivo bene a dare nome. C’è una scena dove Ryan porta il suo ragazzo alla “Festa dei crips“ organizzata da un gruppo di suoi amici con varie disabilità. Durante la festa il ragazzo di Ryan, “normodotato” o “abile” rispetto ai partecipanti alla festa, lo mette più volte in imbarazzo e i due si trovano spesso a disagio l’uno con l’altro come se non si capissero, come se ci fossero tantissimi non detti nelle loro conversazioni che non permettevano loro di capirsi, facendosi male a vicenda e causando molta sofferenza. Questa è solo una delle scene degne di nota, ma ce ne sono molte altre che mi hanno fatto riflettere: spesso mi trovavo a empatizzare con Ryan rispetto alle sue difficoltà e alla sofferenza per come le persone si rapportavano con lui, ma poi ho iniziato a sentire anche empatia con il suo ragazzo che non capiva le sue difficoltà, che non avendone esperienza in prima persona, non capiva quanto sbagliasse e cercava di fare quello che poteva per entrare nel gruppo dei suoi amici ma non riuscendoci, arrivava a dire sempre la cosa sbagliata, proprio perché non sapeva, non sapeva che cosa era o non era offensivo da dire, cosa era o non era opportuno, cosa facesse o no soffrire Ryan o qualcuno dei suoi amici. 

Perché una cosa è certa: se siamo tutte persone uniche e autentiche, questo comporta la nostra diversità fondante che ci separa le une dalla altre e che ognuno soffre e se la prende per cose e parole differenti. Non è affatto semplice essere sempre controllati, ragionevoli e capaci di dire la cosa giusta, quella che non ferirà l’altro oppure che non lo farà sentire offeso, ma bisognerebbe imparare prima a domandare, prima di ogni altra cosa, domandare e chiedere e ascoltare se non si sa come muoversi nel mondo. 

Inoltre bisognerebbe provare a svuotarsi delle proprie credenze e delle proprie sicurezze, provare a essere una tela bianca dove poter annotare quello che ci piace e quello che no, non acriticamente come un acchiappacolori, ma pronti ad ascoltare tutto e solo dopo a scegliere di tenere quello che ci è sembrato buono per noi. 

6. Porsi le domande giuste

Inoltre è molto importante lavorare su noi stessi e porre a noi stessi le giuste domande. Ad esempio, dopo aver visto queste serie, ho iniziato a domandarmi cosa fosse l’abilismo, e quali sono i privilegi che io possiedo in questo mondo date le mie caratteristiche fisiche e sociali. Seguendo questa linea, ho trovato delle liste in questo fantastico sito https://projecthumanities.asu.edu/content/able-bodied-privilege-checklist del blogger RioIriri e in questa super pagina fb https://www.facebook.com/Staicalmaa, che mi hanno obbligato a mettermi in discussione, a pormi domande che non mi ero mai fatta, ad aprirmi a dubbi sempre nuovi, per capire chi sono e come mi muovo nel mondo, in che categoria mi metto io e dove mi mettono gli altri. Inoltre ho potuto immaginare almeno un po’ del dolore e della sofferenza di chi appartiene a una o più categorie e che non può godere dei numerosi privilegi che io, ad esempio, ora so di avere. Vi consiglio di leggere queste liste e di segnare quali privilegi possedete e a ragionare su cosa comporta avere tali privilegi e soprattutto a non averli, se così dovesse essere. 

Sapere chi siamo, i privilegi che abbiamo, le difficoltà che ci portiamo dietro, le risorse su cui possiamo contare per vivere in questo mondo complesso è l’obiettivo di ogni percorso terapeutico e di una conoscenza di noi stessi che ci permetta di amarci perché siamo proprio quella unica e irripetibile persona.

Una lista importante per questa mia trattazione è quella appunto sui privilegi delle persone abili che ho cercato di tradurre al meglio possibile, prese dai siti citati in precedenza.

Queste dinamiche sono alcuni esempi del privilegio che hanno le persone abili e che invece chi ha una disabilità non ha:

  1. Riesco facilmente a trovarmi in compagnia di persone con le mie capacità fisiche.
  2. Se ho bisogno di trasferirmi, posso essere certə di trovare una casa o una camera a cui posso accedere facilmente: l’accessibilità non è una cosa di cui mi devo preoccupare ed è una cosa che non ho bisogno di cercare in modo speciale.
  3. Posso essere certə che tutto il mio quartiere sarà accessibile a me.
  4. Posso presumere di poter fare shopping da solə e che i negozi avranno sempre luoghi e spazi adeguati per rendere questa esperienza comoda, non imbarazzante e senza intoppi.
  5. Posso accendere la televisione o aprire un giornale e vedere rappresentate persone con le mie capacità fisiche
  6. Quando ho studiato la storia a scuola, le persone con le mie capacità fisiche erano ben rappresentate.
  7. Mi è stato dato materiale curriculare, pubblicitario, informativo, che mostrava persone come me come un modello.
  8. Posso essere certə che le ipotesi sulle mie capacità mentali non verranno dedotte in base al mio stato fisico.
  9. Posso gridare, vestirmi in modo trasandato o anche essere di cattivo umore senza che le persone lo attribuiscano alla mia disabilità fisica.
  10. Riesco a fare bene molto spesso in situazioni difficili senza che mi venga detto di essere di ispirazione per le altre persone abili.
  11. Non mi è stato chiesto di parlare per tutte le persone abili (spesso invece si presuppone che una persona disabile possa parlare a nome di ogni altra persona disabile)
  12. Quasi sempre, quando chiedi di parlare con il responsabile, troverai qualcunə dello stesso stato fisico.
  13. Posso acquistare poster, cartoline, libri illustrati, biglietti di auguri, bambole, giocattoli, riviste per bambini con persone con il mio stesso stato fisico.
  14. Posso accettare un incarico da un datore di lavoro senza che qualcunə sospetti che ho ottenuto il mio lavoro a causa della mia disabilità.
  15. Se vengo licenziatə, non mi viene dato un aumento, e se non vengo assuntə, non devo chiedermi se ha qualcosa a che fare con il mio apparire fisicamente incompetente.
  16. Nessunə ha mai un atteggiamento pietistico e compassionevole con me.
  17. Non mi hanno mai detto che non dovrei avere figli
  18. Posso prendere tutti i mezzi pubblici che voglio senza problemi
  19. Nessuno si scandalizza o si stupisce quando scopre che ho una vita sessuale
  20. Posso scegliere se viaggiare senza spendere troppo e partire all’ultimo momento
  21. Al ristorante chiedono sempre a me cosa vorrei e non a chi mi accompagna
  22. Nessuno dà per scontato che io sia dolce o speciale senza conoscermi
  23. La mia condizione non è usata come ispirazione o incoraggiamento per altre persone

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