Articolo scritto dalla Dott.ssa Anna Marchesi
A tutti può accadere nell’arco della propria vita di attraversare momenti di cambiamento che comportano una trasformazione non soltanto a livello del nostro mondo esterno, nelle nostre abitudini di vita, ma anche nel nostro mondo interno, nella nostra identità e nella percezione che abbiamo di noi stessi. Questi possono essere momenti molto delicati, in cui possiamo essere attraversati da molte emozioni, anche contrastanti: la gioia per un nuovo inizio, ma anche la nostalgia per ciò che ci stiamo lasciando alle spalle. Ogni cambiamento, infatti, racchiude in sé sia un elemento di novità che una perdita, qualcosa che è necessario sacrificare, forse perché ormai è arrivato il suo tempo.
Queste transizioni di vita e i sentimenti legati ad esse sono comuni a tutti gli esseri umani, per questo motivo spesso è possibile trovarne il racconto e la descrizione nelle fiabe e nei miti che sono stati creati nel corso della storia dell’umanità. In particolare, i miti rivestono una grande importanza per la conoscenza della psiche, in quanto possiamo interpretare il mito come uno schema all’interno del quale rientra la vita degli individui.
In questo articolo andremo quindi a spiegare cosa sono le transizioni di vita e cosa fare se si avverte un blocco, prendendo in considerazione gli esempi che possiamo trarre dalla mitologia e analizzandoli dal punto di vista psicologico.
1. Transizioni di vita: cosa sono
Le transizioni di vita sono momenti di importante cambiamento che determinano il passaggio ad una nuova condizione. Esse possono dipendere da eventi come, ad esempio, la laurea, l’ingresso nel mondo del lavoro, la convivenza o il matrimonio, una separazione, la perdita di una persona cara, la nascita di un figlio, un trasferimento o la pensione. Può trattarsi di eventi che non hanno in sé una connotazione positiva o negativa, ma che determinano un cambiamento al quale è necessario adattarsi. Tale adattamento, come abbiamo detto, richiede una trasformazione interiore, che diviene possibile se sappiamo attingere alle risorse che si trovano nel profondo di noi e comprendere che ogni esperienza, anche se dolorosa, permette un arricchimento della nostra personalità.
Joseph Campbell, autore del saggio “L’eroe dai mille volti”, si occupò di studiare diversi miti, tra cui il mito dell’eroe. Egli descrive tre fasi universali del mito eroico:
- Separazione
- Iniziazione
- Ritorno
2. Separazione
In questa prima fase l’eroe è costretto ad abbandonare la propria realtà quotidiana, quindi scompare dal mondo esterno, per poi farvi ritorno trasformato. Rappresenta quindi la fase della partenza per il viaggio, in cui il protagonista avverte una chiamata, ossia si rende conto che non è possibile rimanere ancora a lungo nella condizione in cui si trova. Può simboleggiare il momento in cui un giovane adulto decide di uscire di casa, o di sposarsi o di interrompere una relazione, oppure il momento in cui si decide di cambiare lavoro, o di trasferirsi in una nuova città, o, ancora, di iniziare a prendersi cura di sé mettendosi a dieta, facendo attività fisica o smettendo di fumare.
Non si tratta di scelte facili, e anche nei miti spesso l’eroe, inizialmente, è tentato di non rispondere alla chiamata. Possiamo citare l’esempio di Ulisse, chiamato per andare in guerra, che si finge pazzo per non partire. A questo punto l’eroe è aiutato da forze soprannaturali, per esempio divinità, o figure magiche o animali guida, che rappresentano per noi risorse che possediamo al nostro interno, ma non fanno ancora parte della nostra coscienza. L’eroe giunge così a varcare la soglia verso un altro mondo, nel quale sarà costretto a superare delle prove.
3. Iniziazione
Superare la soglia significa ritrovarsi in un altro mondo, o, nel caso di Pinocchio, nel ventre della balena: rappresenta il viaggio nella terra di Ade, nel regno dei morti, quindi un passaggio di profonda crisi e grande difficoltà, da cui non si sa come uscire. Nell’Ade Ulisse parla con Tiresia, l’indovino cieco che gli svela il futuro, ma anche con la madre e i compagni defunti. Per l’eroe indica, quindi, un momento di ritorno alle proprie origini sia personali che sociali, per recuperare il filo della propria storia e poter proseguire. Tutto il viaggio simboleggia un percorso di costruzione o ricostruzione della propria identità.
Per riuscire a superare le prove, per poter compiere il rito di passaggio e raggiungere un nuovo status, l’eroe deve riconoscere i limiti dentro di sé e le diverse parti della propria personalità, anche quelle meno adattate e meno gradevoli. Si tratta di sviluppare la capacità di un continuo confronto con l’alterità dentro di noi.
4. Ritorno
L’altro mondo che l’eroe esplora è il proprio mondo interiore, se riesce a conoscerlo e integrarlo potrà fare ritorno più consapevole e più saggio. Nel mito, l’eroe integra il successo nell’ambito personale con un successo collettivo che non modifica solo sé stesso ma l’intera civiltà. Ulisse alla fine riesce a tornare a casa ma al suo ritorno è diverso, tanto che nessuno, tranne il suo cane, lo riconosce. Egli è stato trasformato dalle esperienze che ha vissuto. Il viaggio dell’eroe può essere interpretato come un cammino verso la propria completezza, verso quello che Jung definisce il Sé.
Ogni esperienza, quindi, contiene un doppio aspetto: da un lato può apparire negativa (Ulisse, per esempio, ritarda il rientro a casa), ma, al contempo, positiva in quanto ogni avventura è fonte di maggiore conoscenza e può essere funzionale alla costruzione di fasi di vita successive.
Alla fine del cammino l’eroe viene definito “signore dei due mondi”: egli ha sperimentato parti della propria identità, le ha integrate ed è diventato pienamente sé stesso, libero di proseguire la propria vita e compiere le proprie scelte in modo più consapevole. Perché ciò sia possibile, si deve essere disposti a cambiare e perdere ciò che si era prima.
5. Transizioni di vita: cosa fare se si avverte un blocco
Come abbiamo visto, i momenti di transizione possono essere difficili e dolorosi, soprattutto se si ha la sensazione di dover affrontare tutto questo da soli. Se non ci si sente pronti a fronteggiare un cambiamento e si ritiene che le proprie risorse non siano sufficienti, può sopravvenire una situazione di blocco. Spesso preferiamo rimanere in una condizione che non ci rende felici o non ci permette di evolvere, per paura di andare incontro a qualcosa di nuovo e sconosciuto.
Ce ne possiamo rendere conto quando il nostro lavoro inizia ad apparire noioso e ripetitivo, o quando una relazione non risulta più appagante e stimolante come prima, o quando una condizione abitativa inizia a starci stretta, o perdiamo entusiasmo nel fare le cose che prima ci piacevano. È importante saper cogliere questi segnali di insoddisfazione, in quanto prendere consapevolezza di non trovarsi più bene in una situazione rappresenta il primo passo per poterla modificare. Ciò comporta necessariamente modificare noi stessi e la percezione che avevamo di noi. Il nostro Io, la nostra coscienza, ha bisogno di stabilità e continuità per sentirsi a proprio agio, ma quando questa si trasforma in immobilità, il rischio è di perdere spirito ed energia vitale.
Per Jung, il cammino per la ricerca del Sé è una lotta continua contro il desiderio di permanenza nell’invariato, nella ripetizione che diviene mortifera. Quando, invece, ci alziamo e lottiamo contro il drago, creiamo conoscenza dentro di noi e creiamo vita.
Jung intuì che i miti sono elementi costitutivi dell’inconscio collettivo. Esso è costituito da archetipi, elementi comuni a tutta l’umanità, che si manifestano nei sogni, nei miti e nelle fiabe. Ogni individuo, nel corso della sua vita, quando avverte un blocco o un momento di difficoltà, può attingere alle immagini del passato per trarne indicazioni e conforto, sapendo che altri hanno affrontato situazioni simili prima di lui e hanno trovato la via per superarle.
È importante quindi non cedere alla tentazione di paragonare la propria vita a quella degli altri, magari basandosi sulle informazioni che possiamo trarre dai social, sentendoci da meno, o più indietro, o sbagliati, ma, anzi, considerare le nostre diversità una ricchezza e un punto di partenza per il nostro cammino di ricerca.
Viandante, sono le tue impronte
il cammino, e niente più,
viandante, non c’è cammino,
il cammino si fa andando.
Andando si fa il cammino,
e nel rivolger lo sguardo
ecco il sentiero che mai
si tornerà a rifare.
Viandante, non c’è cammino,
soltanto scie sul mare.
Antonio Machado
Conclusione
Così come ognuno di noi può attingere alla sapienza e alle immagini del passato, allo stesso tempo può anche contribuire a crearne di nuove. Quindi ognuno ha in sé un potere creativo, non esiste un percorso prestabilito in quanto ogni individuo è unico, affronta il cammino a modo suo e crea la propria strada, che a sua volta può servire ad esempio per gli altri che verranno.
La psicoterapia può aiutare a superare i momenti di blocco e di confusione: può fornire una prospettiva differente della situazione, contribuire a sviluppare la capacità di confronto e dialogo tra le diverse parti di sé e consolidare il senso di identità, rendendo ognuno maggiormente consapevole dei propri vissuti e delle proprie emozioni, e quindi più libero di compiere autonomamente le proprie scelte e proseguire il cammino.
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