Articolo scritto dalla Dr.ssa Mariagiada Angiolelli
Il presente articolo nasce dalla mia pratica diretta mediante colloqui di sostegno, in cui sempre più spesso mi ritrovo a dover aiutare i miei pazienti a raccogliere i frammenti delle loro vite durante e dopo l’esposizione prolungata ad un soggetto narcisista, borderline o antisociale, con il quale hanno intrattenuto più o meno lunghe relazioni sentimentali. Appunto per questo, negli ultimi anni è stato coniato il termine “Trauma bonding” o “Trauma da narcisismo”, ai quali si unisce un’ampia gamma di segni che riconducono al tema della violenza, in particolare a quel tipo di violenza silenziosa e subdola che è tipica della dimensione psicologica. Quello che osservo sovente è la perdita di identità e di interesse nei confronti della vita stessa, accompagnata da sensi di colpa, mancanza di ricordi sui propri gusti, passioni e risorse, e una catena di segni e sintomi che vanno dall’attacco di panico alla somatizzazione, dalla depressione al tentato suicidio.
1. Cosa si intende per violenza psicologica
Facciamo una premessa: la violenza psicologica, purtroppo, in Italia non viene ancora considerata come reato, per questo, lo scopo dell’articolo in oggetto vuol essere, non soltanto informativo verso chi subisce o vede subire questo atteggiamento, ma è anche da considerarsi un modo per promuovere una cultura e una maggiore attenzione a questo tema, da sempre esistito e che, negli ultimi tempi, è divenuto sempre più visibile grazie alla televisione che quotidianamente trasmette servizi di cronaca.
Una relazione in cui vi è la presenza di violenza, viene definita “tossica”, ciò implica che ci sia uno o due soggetti tossici, o meglio con caratteristiche di dipendenza da sostanze nocive, anche in assenza di sostanza. Il riferimento alle personalità del cluster b appare dunque indispensabile, in quanto ciò che si riscontra è che i tratti e le ferite narcisistiche sono in prima linea ad evidenziare questo fenomeno.
Sul narcisismo la letteratura è abbastanza ampia, ma lo è meno sulla differenza tra i vari tipi di narcisismo, ovvero: narcisismo overt e covert. Il termine è entrato così tanto a far parte del linguaggio comune che a chiunque si chieda quali caratteristiche abbia un narcisista, le risposte che arrivano, riguardano sempre la tipologia overt, come se questi sia più facilmente riconosciuto. La verità è che un trauma da narcisismo e la violenza psicologica sono più verificabili in quelle relazioni in cui uno dei due individui abbia caratteristiche covert.
Da quelle poche ma scientifiche ricerche, è possibile definire un profilo del narcisista covert : vulnerabile, tendente alla frammentazione di sè, fortemente sensibile alle reazioni degli altri, inibito, schivo o persino portato ad eclissarsi e ad evitare di essere al centro dell’attenzione, timido, con un senso di inferiorità, di vergogna, che ricerca costantemente l’approvazione e l’attenzione e iper-sensibile alle critiche, che spesso si identifica in quello che fa o nelle esperienze difficili vissute per ostentare il suo vittimismo. Apparire così vulnerabili e bisognosi di attenzioni, risveglia spesso in un partner empatico l’istinto di protezione e di cura che diventa quindi terreno fertile per predatori incalliti, dunque come risultato si ricava che abbassando la guardia diventa più facile cadere preda di quello che è un vero e proprio inganno.
Dal momento che il predatore ha lungamente cercato e finalmente agganciato la sua preda, che spesso ha caratteristiche di empatia, disponibilità e speranza, incomincia a mettere in atto un rituale relazionale, o meglio un copione, che seguirà principalmente 3 fasi:
- LOVE BOMBING
- SVALUTAZIONE
- SCARTO
Ci riferiamo al “Love Bombing” come ad un vero e proprio bombardamento di amore e attenzioni, in cui l’abusante “bracca in un abbraccio” la sua preda. Questa fase viene anche definita “luna di miele” che ritroviamo anche nella tossicodipendenza, in cui il soggetto narcisista esibirà le sue qualità migliori per apparire appetibile a quella che definiremmo “l’anima gemella”, usando la strategia del “mirroring” e rispecchiando il suo partner in tutte le sue qualità positive e nella sua necessità di sentirsi di valere e che il loro legame è solido, profondo e speciale.
Questa esagerazione di sentimenti che può spesso dare luogo a gesti plateali, proposte precoci e massimo entusiasmo, costringe il narcisista ad uno sforzo sovrumano, che può allentarsi e rilassarsi solo durante la seconda fase. Arrivato alla fase della svalutazione infatti, l’abusante, ormai rilassato per aver ottenuto la stabilità e il potere sull’altro, comincia a presentarsi per quello che realmente è: svalutante, scorretto, incoerente, incostante, verbalmente violento, passivo-aggressivo, giudicante, bugiardo, non empatico e controllante. Non vi è assunzione di responsabilità e quando il suo partner cerca di rievocare la persona meravigliosa che aveva poco prima conosciuto, si ritrova sotto una valanga di insulti, false promesse e accuse. A questo punto l’esperimento di rendere insicuro il compagno ha iniziato il suo tragitto, in quanto l’intermittenza con cui avanza questa fase, tra promesse e incoerenza, tra dichiarazioni d’amore e svalutazioni, destabilizza non poco.
In brevissimo tempo apparirà la terza fase ( ma non ultima in quanto altra caratteristica di queste è il fenomeno del “tira e molla” ) quella dello “scarto” in cui senza preavviso e delicatezza, il narcisista abbandonerà il suo partner nel più completo stordimento.
Nella pratica clinica è inoltre spesso riscontrabile una compresenza di tossicodipendenza o altre forme di dipendenza quali alcolismo, gioco d’azzardo o disturbi dell’alimentazione, che devono servire come campanello d’allarme per il partner, per allontanarsi o richiedere un aiuto di personale esperto.
Tutto ciò è un massacro psicologico che prende il nome di violenza psicologica.
La violenza psicologica si manifesta principalmente nella coppia mediante controllo e dominio, assieme all’intrusione di terzi elementi come familiari e amici e nell’intromissione con critiche e pretese nelle attività del partner, oltre che con l’appropriazione economica e sessuale. Provocare l’isolamento, il terrore mediante minacce e intimidazioni, colpevolizzare, ricattare e svalutare sono tutti fenomeni riconducibili alla violenza, poichè vi è un’intromissione violenta nella sfera fisica ed emotiva dell’altro, che nonostante non sia palese con lividi e sangue, provocano ferite interiori molto profonde e difficili da guarire.
Tra le strategie manipolatorie che possiamo aggiungere alla lista delle azioni violente, si sono coniati anche nuovi termini, tra cui oltre a quello della triangolazione, troviamo il gaslighting, caratterizzato da sarcasmo e silenzio punitivo, usato sia per schernire e deridere il partner sia per fargli arrivare il messaggio di non valore, delle sue opinioni e della sua persona, farlo dubitare sulle sue percezioni sensoriali e sulla sua memoria.
2. Conseguenze del Trauma da narcisismo e della Violenza psicologica nella relazione abusante
Viene spontaneo chiedersi quali siano le caratteristiche di chi instaura una relazione con questo tipo di partner abusante, definita anche “vittima”, come se parlando di vittima si pensi ad un individuo destinato fin dalla nascita ad avere relazioni tossiche, ma ciò che si evince è che in realtà non tutte le vittime sono destinate a questo triste fato e non tutte queste persone sono effettivamente vittime, questo perché a chiunque può capitare di avere la sfortuna di cadere in una relazione tossica e di imbattersi in soggetti dai forti tratti narcisistici, per questo si può procedere ad una distinzione tra tre tipologie di “vittima”:
- – individui a loro volta narcisisti che rappresentano una proiezione idealizzata del “proprio livello” e con i quali spesso vi può essere un epilogo simile ad un vero e proprio massacro a due.
- – individui co-dipendenti, con i quali il narcisista crea un mix perfetto, ovvero un incastro, dato che le mancanze di uno vengono compensate dall’altro, dunque da un lato si vedrà un soggetto dai tratti narcisistici e dall’altro un individuo con al contrario, tratti di compiacenza, empatia, masochismo, sacrificio, bassa autostima e una componente competitiva nei confronti degli eventuali terzi elementi immessi nella relazione dal soggetto narcisista.
- – persone che malauguratamente incappano in questi soggetti, o perché stanno attraversando una fase difficile di vita come lutti e perdite (i narcisisti sono bravissimi ad intercettare la vulnerabilità) o che coltivando speranza e apertura alla vita e all’amore, non riescono momentaneamente a cogliere i segnali a causa anche della perfetta recitazione dei loro compagni.
All’interno di queste mancanze e/o distrazioni personali, si va insinuando la relazione narcisistica che si trasformerà ben presto in abuso emotivo e in vera e propria violenza psicologica.
Con tali premesse è impossibile una divisione del 50% di responsabilità per partner, ma è evidente che vi sia uno sbilanciamento che rimanda all’80% di responsabilità al partner abusante e solo un 20% al partner abusato.
Il Dott. Brunelli, avendo basato i suoi studi principalmente sulle “vittime” delle personalità affette da narcisismo, ha individuato un disturbo chiamato “trauma da narcisismo”, in quanto il manipolatore relazionale, non è altro che un essere predatore che, come un “vampiro”, va a caccia di sangue sano e lo ottiene approfittandosi delle tenebre, ovvero della ferita narcisistica e della cecità delle prede, dovuta anche ad uno stato di innamoramento indotto in modo seduttivo e manipolatorio.
Durante la relazione è possibile notare un graduale accrescimento della rabbia in mancanza di una chiara motivazione, e continui attacchi invidiosi al partner, che viene sottoposto a sadiche umiliazioni con l’obiettivo di distruggerlo moralmente, il tutto in maniera velata per non destare sospetti in familiari e amici, che per una questione di apparenza, non possono essere testimoni dell’altro lato della luna, potendo così perpetuare il gaslighting per convincere la loro vittima di essere mentalmente instabile.
Trattandosi di un vero e proprio “Disturbo post traumatico da stress”, si può dedurre che la violenza psicologica non solo si protrae nel tempo, impedendo alla vittima di riprendersi dal trauma e intaccando anche la sua routine, la quale si ritrova ad avere difficoltà a svolgere persino le normali azioni quotidiane, ma anche ad essere soggetta ai più invalidanti sintomi psichici e fisici.
La psicoterapeuta americana Kim Saeed ha definito diversi sintomi e segni riscontrabili nella NAS (Sindrome da Abuso Narcisistico), tra cui, giusto per citarne alcuni, troviamo: depressione, attacchi di panico, ansia, autolesionismo, orrore di aver amato un mostro, pensieri omicidi/suicidi, sensi di colpa, disturbi del sonno, disturbi alimentari, calo dell’autostima, difficoltà di concentrazione, rimuginazione, somatizzazioni, incapacità a ricordare talenti, risorse e ciò che rendeva piacevole la propria vita prima di incontrare l’abusante, paura a fidarsi ancora e paura di trovare un altro soggetto abusante (poiché si riscontra che spesso queste vittime fanno esperienze con entrambe le tipologie di narcisista, overt e covert, in un breve lasso di tempo, passando cioè “dalla padella alla brace” in mancanza di elaborazione del trauma) e molti altri. È un fenomeno, la cui gravità non può lasciare indifferenti.
3. Cosa fare se ci si rivede in queste dinamiche ?
Rendersi conto di essere stati o essere vittime di violenza è già di per sé una constatazione traumatica, tali eventi violenti possono portare a una significativa riduzione del benessere psicologico e fisico, per questo è doveroso intervenire su tutti quegli aspetti profondi che concernono l’elaborazione emotiva e cognitiva che hanno portato la persona a “farsi vittima” e al mantenimento del legame tossico, è fondamentale procedere con nuove modalità di gestione dei sintomi scaturiti dalla relazione abusante, con comportamenti adattivi e con la ristrutturazione o strutturazione dell’autostima.
Questo è possibile mediante una psicoterapia individuale, poiché si interviene sui processi interni e motivazionali, anche affiancare una psicoterapia di gruppo o mutuo-aiuto, può essere molto utile per lavorare sulla dipendenza affettiva e sulla falsa convinzione di essere stati stolti nel “cadere” in queste dinamiche disfunzionali.
Non è possibile affrontare questo tema come una comune “crisi di coppia”, poiché non esiste una percentuale equamente distribuita di responsabilità, ciò che si evince è un aumento dello stato di solitudine delle “vittime” e la diminuzione della richiesta d’aiuto. La psicoterapia attiva la consapevolezza e l’assunzione di responsabilità sulle proprie emozioni, azioni e scelte, ma è anche fondamentale tentare di comprendere che la difficoltà sta proprio nell’aver creduto alle promesse di chi ci ha ingannato, non per ingenuità e ignoranza, ma perchè fa tutto parte di strategie di un quadro clinico particolarmente difficile da individuare immediatamente. La speranza e i buoni sentimenti che hanno accompagnato per tutta la relazione queste persone hanno solamente attirato la persona sbagliata al momento sbagliato e un lavoro profondo su se stessi è ciò che può impedire che questo possa avvenire nuovamente. L’aiuto che si offre è quello di fortificare la propria posizione, non solo all’interno della coppia, ma all’interno di tutte le proprie relazioni, imparando a riconoscere le proprie emozioni come campanelli d’allarme e come guide interiori, imparare a mettere dei confini sani e riconoscere che sono state ingannate da chi ha usato più astuzia e furbizia, e che tutto ciò non ha nulla a che fare con l’amore, con il loro valore e con la loro intelligenza ma con delle strutture di personalità ben radicate.
Lungo il percorso terapeutico si andranno ad affrontare argomenti e strategie che fino a quel momento sono risultate essere inadeguate, soprattutto nel mettere confini sani e nel riconoscere che esiste una differenza tra aggressività e violenza, poichè l’aggressività non ha accezione negativa, piuttosto è quella forza ed energia che permette di “andare verso”, ovvero di procedere nella vita in modo tale da conquistare e difendere i propri bisogni e il proprio spazio vitale, ha dunque un carattere imprescindibile ed evolutivo, che si differenzia dal concetto di violenza, la quale ha invece una prerogativa distruttiva della relazione e degli spazi altrui. Ciò a cui si punta in psicoterapia è la trasformazione, una trasformazione che porta alla cura di sé, una trasformazione che ricorda quella del bruco che dopo svariate mute durante la sua vita larvale, che riesce a rompere il bozzolo per diventare farfalla, abolendo il concetto di “vittima” e riprendendo quello di “essere padroni di se stessi”, riconoscendo in tutto ciò un’opportunità di uscire dalla propria immagine di “vittima” , “riacquisendo” quella di persona in grado di autodefinirsi e di compiere scelte per il proprio benessere.
Questo breve articolo vuole aiutare tutte le persone soggette a queste relazioni e incoraggiarle a prendere, in primis, consapevolezza di ciò che gli accade, per passare poi al chiedere aiuto per uscire dalla condizione di vittima, quindi di oggetto, e divenire soggetto capace di desiderare, volere, prendere e rifiutare.
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