Articolo scritto dalla Dr.ssa Barbara Ostorero
L’inconscio rappresenta da sempre un argomento di approfondimento interessante per gli studiosi di qualsiasi epoca, forse proprio per quel mistero dell’uomo che reca in sé, tanto che ancora ai giorni nostri esso è oggetto di studio. Ma andiamo con ordine.
- C.G. Jung: l’inconscio collettivo
- I sogni
- L’inconscio cognitivo
- La neuropsicoanalisi
- Conclusioni
1. Carl Gustav Jung
Fu uno degli allievi più brillanti di S. Freud e, ben presto, si discostò dal maestro per apportare alcune innovazioni alla teoria psicoanalitica. Il suo grande merito in proposito all’inconscio, è quello di avere introdotto una nuova istanza: l’inconscio collettivo. Mentre, per quanto riguarda l’inconscio personale, Jung rimase sostanzialmente legato alla concezione freudiana, ritenendolo un deposito di contenuti rimossi o ignorati dalla coscienza, che a volte si possono amalgamare in una costellazione autonoma capace di influire sui comportamenti dell’individuo. Con l’introduzione del concetto di inconscio collettivo, egli si discostò, ed aprì la via a nuove possibilità esplorative della mente umana.
2. L’inconscio collettivo
È un concetto a cui Jung approda dopo diversi anni di studio e molteplici riflessioni sia sul proprio materiale onirico, sia su quello dei suoi pazienti. Scrive Jung che l’inconscio è la poderosa massa ereditaria spirituale dello sviluppo umano, che rinasce in ogni struttura cerebrale individuale (C.G.Jung 1936). Ma vediamo di capire un po’ meglio cosa egli intenda. Tu che mi stai leggendo hai una parte conscia, di cui sei consapevole e poi hai una parte inconscia che si è andata strutturando via, via, nel corso della tua vita, ma secondo Jung hai anche un’altra parte inconscia, che non ha origine nelle tue esperienze, ma nelle esperienze fondamentali di tutta l’umanità, condivise pressoché da tutti gli esseri umani, ma che, in qualche modo, ci condizionano ugualmente nella quotidianità.
Detto ciò, credo sia fondamentale, a questo punto, occuparci brevemente dei sogni, perché essi sono una porta privilegiata di accesso all’inconscio, sia esso personale o collettivo.
3. I sogni
Sono qualcosa che sembra appartenere ad un altro mondo, scisso dalla vita reale e apparentemente incomprensibile o astruso, ma non dobbiamo dimenticare che essi non inventano niente, poiché attingono il loro materiale dalla vita reale di tutti i giorni.
La difficoltà che incontriamo nel rendere i sogni intelligibili risiede proprio in quelli che sono i processi del lavoro onirico, che rendono il contenuto originario irriconoscibile affinché esso possa essere realizzato, appunto in sogno.
Noi possiamo però, attraverso il lavoro interpretativo sui sogni, andare a rintracciare gli stimoli, i pensieri, le pulsioni, le paure, i desideri, le dinamiche inconsce soggiacenti che hanno originato i nostri sogni.
Mi scuso per la sintesi, ma non mi è possibile dilungarmi ulteriormente in proposito ai sogni in questo mio scritto, perchè l’argomento è così vasto e stimolante da meritare un contributo apposito. Se però vuoi approfondire il discorso, ti invito a contattarmi accedendo dal mio profilo
Riprendendo il discorso sull’inconscio, dobbiamo pensare che gli studiosi della nostra mente siano andati avanti nella ricerca e che lo abbiano fatto sfruttando anche le conoscenze acquisite da altre scienze e dalle tecnologie via, via sviluppatesi. Un contributo importante è quello apportato dagli autori cognitivisti in proposito all’inconscio cognitivo.
4. L’inconscio cognitivo
È una parte di noi che non possiamo ricordare e nemmeno dimenticare, ma che è comunque fondamentale nella nostra vita (Migone 2007), questa non è mai stata rimossa, ma non è nemmeno mai stata conosciuta e, conseguentemente, non potremo mai ricordarla. Per comprendere meglio, pensiamo per un attimo a quante cose facciamo, senza necessariamente concentrarci su di esse. Camminare, per esempio. Cammino per andare al supermercato, cammino in casa per fare le pulizie, per recarmi da una stanza all’altra a riporre i panni stirati, cammino mentre vado a gettare la spazzatura, cammino mentre preparo il tavolo e magari parlo anche al telefono con un’amica, cammino per andare nell’ufficio di un collega per discutere di alcune questioni lavorative, cammino, cammino molto e non ci faccio praticamente caso, però cammino e generalmente, anche se non vi pongo molta attenzione, perché sto pensando ad altro, continuo a camminare.
Come è possibile? Perché esiste l’inconscio cognitivo, cioè questa specie di “memoria procedurale” che ci permette di fare più cose contemporaneamente, perché essa organizza continuamente i nostri movimenti automatici senza che noi ce ne rendiamo conto (Migone 2007).
Recentemente, è stato dimostrato che nell’inconscio cognitivo vengono relegati, non solo gli atti motori, ma anche alcuni schemi relazionali e comportamenti affettivo-relazionali acquisiti durante l’infanzia o comunque durante l’arco della nostra vita.
La nostra mente è, però, qualcosa di estremamente complesso e, seppure la psicologia, attraverso i suoi multipli aspetti teorici e procedurali, abbia fatto grandi passi in avanti nel processo di comprensione di essa, ci si è ormai resi conto che una sola disciplina non può spiegare tutto. Ed è probabilmente, partendo da questa riflessione che Mark Solms (neurologo e psicanalista), riprendendo anche l’idea di Freud secondo cui esiste un substrato neurologico ai concetti psicodinamici, ha iniziato a studiare l’inconscio, dando origine a quella che oggi si chiama neuropsicoanalisi.
5. La neuropsicoanalisi
Parte dall’idea che le nuove scoperte neuroscientifiche e le nuove tecniche di indagine, come ad esempio la diagnostica per immagini, integrate al metodo di indagine classico della psicoanalisi, possano fornire utili e nuove indicazioni sul funzionamento stesso della nostra mente. La neurospicoanalisi si pone come ponte di collegamento per superare lo storico dualismo tra somatico e psichico.
Secondo Solms, psicoanalisti e neuroscienziati studiano la medesima cosa: la mente umana, ma lo fanno, i primi privilegiando l’esperienza interna, i secondi invece guardano alla mente come un organo osservabile dall’esterno (Solms-Turnbull 2000).
Dal punto di vista pratico, la neuropsicoanalisi cerca di collegare l’attività neuronale del cervello con specifici meccanismi psicodinamici, cerca cioè di individuare le specifiche regioni cerebrali correlati ad altrettanti specifici meccanismi mentali, inconscio compreso.
Naturalmente, vi è ancora poco di certo, ma i presupposti sono incoraggianti, e io penso che, ben presto, ne sapremo un pochino di più sulla nostra mente e sull’affascinante e misterioso inconscio, che tanta parte della nostra vita condiziona.
6. L’inconscio esiste
Quello che vi ho presentato è un piccolo e rapido sguardo su un argomento tanto affascinante, quanto complesso, che riguarda la vita di ognuno di noi, proprio perché l’inconscio è parte fondamentale della nostra mente, anche se noi non ce ne rendiamo conto. Sono davvero numerosi gli studiosi che se ne sono occupati (che io non ho nemmeno menzionato per motivi di sintesi).
Ciò che mi preme trasmettere a chi si è apprestato a leggere questo contributo è che l’inconscio, nonostante esso ci sia sconosciuto, è davvero parte preponderante della nostra vita, in quanto, attraverso meccanismi conosciuti e altri ancora da scoprire, ci guida in ogni momento, sia nelle piccole, che nelle grandi “cose” della nostra vita. Quindi non scordiamoci della sua esistenza, perché l’inconscio esiste.
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