Articolo scritto dal Dr. Stefano Bordone
Come si definisce la violenza sessuale? Secondo l’ordinamento italiano la violenza sessuale è un delitto commesso da chi usa in modo illecito la propria forza, la propria autorità o un mezzo di sopraffazione costringendo con atti, prevaricazione o minaccia (esplicita o implicita) a compiere o a subire atti sessuali contro la propria volontà.
La violenza sessuale non è quindi un delitto contro la morale pubblica e il buon costume come in passato (le modifiche sono state apportate nel 1966 con la legge 66/96) quanto piuttosto come un delitto verso la persona e, più specificatamente, contro la libertà personale.
Nel considerare il tema della violenza sessuale lo Statuto di Roma (statuto della Corte penale internazionale) utilizza un concetto, quello di invasione, in maniera ampia e tale da essere neutrale rispetto al sesso:
L’autore della violenza invade il corpo di una persona con condotta risultante nella penetrazione, anche di ridotta entità, di ogni parte del corpo della vittima o dell’autore con un organo sessuale, o dell’apertura anale o genitale della vittima con ogni oggetto o ogni altra parte del corpo. L’invasione è eseguita con la forza, o con la minaccia della forza o della coercizione, come quella causata dalla paura della violenza, della costrizione, della prigionia, dell’oppressione psicologica o dell’abuso di potere, contro le persone stesse o altre, o prendendo vantaggio di un ambiente coercitivo o contro persone incapaci di dare un genuino consenso.
1. Quali gli effetti sulle vittime?
Le conseguenze derivanti dal subire una violenza sessuale possono essere di tipo fisico, psicologico e comportamentale. In quella che è stata descritta come sindrome da trauma di stupro (dall’inglese Rape Trauma Sindrome) vengono infatti ricostruiti e approfonditi gli effetti e le reazioni che le ricercatrici Ann Burgess e Lynda Holmstrom (1974) hanno potuto osservare nelle vittime di stupro.
Queste reazioni (corporee, comportamentali e psicologiche) avvengono in due fasi:
- fase di disorganizzazione;
- fase di riorganizzazione;
La fase di disorganizzazione può durare qualche settimana, mentre la fase di riorganizzazione può richiedere anche anni.
Le reazioni più frequenti sono di paura, incredulità, shock e vergogna, ma anche senso di colpa, intensi vissuti di rabbia, isolamento e sentimenti di umiliazione. Molto forte è la sensazione di perdita di controllo e la presenza di emozioni connesse al lutto. Per quanto riguarda il corpo delle vittime, le reazioni somatiche più comuni riguardano le aree muscolari e scheletriche, con tensione e dolore, ma anche disturbi delle aree genitali e delle vie gastro-intestinali.
Il verificarsi di più violenze subite nel corso del tempo può portare a gravi forme di depressione, uso e abuso di droghe, alcol e altre sostanze, difficoltà relazionali e disturbi sessuali oltre a pensieri negativi, con ideazione suicidaria e comportamenti autolesivi.
1.1 La dimensione psicologica
A seguito di una violenza di questo tipo le reazioni delle vittime possono variare da individuo a individuo. Non esiste un’unica forma di risposta. Alcune vittime reagiscono immediatamente, per altre può passare anche molto tempo. Le reazioni fisiologiche più immediate a seguito di una violenza sono:
- stati d’ansia;
- confusione;
- schock;
- intorpidimento;
- apatia (incapacità di partecipazione o interesse emotivo/affettivo e intellettuale)
- abulia (mancanza di volontà)
Possono emergere insonnia e altri disturbi del sonno, stati depressivi e ansiosi duraturi e intensi, forte rabbia e anche mal di testa frequenti. Altre conseguenze della violenza possono essere lo sviluppo di fobie come agorafobia e claustrofobia, il terrore del rimanere soli e l’evitamento di tutto ciò che riguarda il tema della sessualità e tutto ciò che ricorda la violenza subita (situazioni, immagini, odori, eventi, ecc).
In alcuni casi possono verificarsi anche episodi dissociativi, come il sentirsi distaccati o estranei al proprio corpo o percepire come irreale il mondo esterno.
Purtroppo molto spesso le strategie utilizzate dalle vittime per gestire le emozioni più dolorose si rivelano efficaci nell’immediato ma controproducenti e fonte di ulteriore sofferenza e disagio sul lungo periodo. Esempi di queste strategie sono la rimozione dell’evento o la minimizzazione di quanto è accaduto.
Senza un adeguato sostegno psicologico i sintomi possono peggiorare fino a sfociare in attacchi di panico, somatizzazioni, disturbi alimentari e del sonno e disturbi della sfera sessuale.
2. La scelta del silenzio. Vergogna e senso di colpa
L’impatto emotivo causato da una violenza sessuale subita è così forte che può far mettere in discussione l’adattamento tra il senso di Sé della vittima e il suo ambiente. Vergogna, imbarazzo, senso di colpa ed umiliazione possono portarla a decidere di non denunciare la violenza.
Il senso di responsabilità rispetto a quanto accaduto porta le vittime ad incolpare se stesse per essersi messe nella condizione di poter subire violenza. Questo senso di colpa aumenterebbe in caso di condizioni particolari come l’aver consumato alcol prima dell’evento o se i propri comportamenti vengono ritenuti oggetto di possibile giudizio negativo da parte degli altri.
La decisione di non denunciare la violenza, oltre alla presenza di emozioni come vergogna e senso di colpa, verrebbe influenzata anche dalla presenza di 3 aspetti molto importanti:
- L’aspettativa sociale (“cosa decido di fare è influenzato da ciò che gli altri ritengono sia giusto o meno come azione”);
- Caratteristiche demografiche della vittima (etnia, età, stato civile, ecc..)e credenze personali rispetto alla violenza sessuale;
- Caratteristiche dello stupro, come la presenza o meno di armi o l’intensià della violenza, poiché influiscono sulla valutazione di credibilità o meno che la vittima attribuisce alla denuncia;
Alla luce di questi aspetti, dagli studi sul campo è emerso che le probabilità di denuncia aumentano quando:
- La violenza è avvenuta in un luogo pubblico o perpetrata da aggressore che si introduce in casa della vittima con la forza e senza il suo consenso;
- La vittima non conosce l’aggressore;
- La vittima viene minacciata o la forza usata contro di lei è di grado molto elevato;
- La vittima riporta ferite gravi che richiedono attenzione medica immediata;
- La resistenza opposta dalla vittima è sia di tipo fisico che verbale;
3. Differenze di genere?
Esiste una marcata differenza tra i sessi rispetto ai fattori che influenzano la decisione di denunciare una violenza sessuale.
Gli uomini generalmente decidono di non denunciare una violenza sessuale subita in tutte quelle situazioni in cui sentono che condividere l’episodio potrebbe mettere in pericolo l’immagine della propria virilità, mentre le donne si trovano più restie e in difficoltà a denunciare la violenza quando questa non ricalca lo stereotipo dello stupro.
Nel caso di violenza sessuale maschile le probabilità di denuncia aumentano se sono presenti gravi lesioni fisiche che necessitano di attenzioni mediche.
Altro fattore molto importante, nel caso degli uomini, è rappresentato dalla possibilità, o meno, di dimostrare oggettivo impedimento a difendersi a causa di fattori esterni e la supremazia in termini di forza fisica dell’aggressore rispetto alla vittima.
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